Giovedì 31 Maggio 2007 - Anno XII - Numero 23 - Direttore Isabella Liberatori

 

Questo notiziario viene inviato a tutti gli utenti indicati dalla DGIEPM del Ministero degli Esteri,

quale servizio informativo offerto ai media in lingua italiana operanti all’estero.

 

 

Speciale 2 Giugno

 

2 giugno 2007: buon compleanno, Italia!

 

(9colonne Atg) ROMA - La Festa della Repubblica è la festa nazionale italiana, che si celebra ogni anno il 2 giugno. La data è stata scelta perché il 2 e 3 giugno 1946 si svolse il referendum istituzionale indetto a suffragio universale, con il quale gli italiani venivano chiamati alle urne per esprimersi su quale forma di governo, monarchia o repubblica, dare al Paese, in seguito alla caduta del fascismo. Dopo 85 anni di regno, con 12.717.923 voti contro 10.719.284 l'Italia diventava repubblica e i monarchi di casa Savoia venivano esiliati. Il 2 giugno è l'unica festa nazionale d’Italia. A differenza del 25 aprile (Festa della liberazione) e 1° maggio (Festa dei lavoratori), il 2 giugno celebra la nascita della nazione, in maniera simile al 14 luglio francese (anniversario della Presa della Bastiglia) e al 4 luglio statunitense (giorno in cui nel 1776 venne firmata la dichiarazione d'indipendenza). In tutto il mondo le ambasciate italiane tengono una cerimonia, più o meno solenne, cui sono invitati i capi del Paese ospitante. Da tutto il mondo arrivano al nostro presidente della Repubblica gli auguri degli altri capi di Stato. Speciali cerimonie ufficiali si tengono in Italia. Prima della fondazione della Repubblica, la festa nazionale italiana era la prima domenica di giugno, anniversario della fondazione dello Statuto Albertino. Nel giugno del 1948 per la prima volta via dei Fori Imperiali a Roma ospitò la parata militare in onore della Repubblica. L'anno seguente, con l'ingresso dell'Italia nella Nato, se ne svolsero dieci in contemporanea in tutto il Paese, mentre nel 1950 la parata fu inserita per la prima volta nel protocollo delle celebrazioni ufficiali.

Attualmente il cerimoniale prevede la deposizione di una corona d'alloro al Milite Ignoto presso l'Altare della Patria a Roma e una parata militare alla presenza delle più alte cariche dello Stato.

Alla parata militare e durante la deposizione della corona d'alloro presso il Milite Ignoto, prendono parte tutte le Forze Armate, tutte le Forze di Polizia della Repubblica ed il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Nel 2005, l’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ordinò che defilassero anche il corpo di polizia municipale di Roma ed il personale civile della Protezione Civile. Prendono inoltre parte alla parata militare alcune delegazioni militari della Nato e dell'Unione Europea. Dalla sua istituzione sino alla sua temporanea abolizione, la parata militare poteva contare sulla sfilata di maggiore personale. Dopo la re-introduzione l'organico defilante fu ridotto notevolmente. La cerimonia prosegue nel pomeriggio con l'apertura al pubblico dei giardini del palazzo del Quirinale, con esecuzioni musicali da parte dei complessi bandistici dell'Esercito Italiano, della marina militare, dell'aeronautica militare, dell'arma dei carabinieri, della polizia di Stato, della guardia di finanza, del corpo di polizia penitenziaria e del corpo forestale dello Stato.

 

 

Il referendum: la Repubblica si impone 54,3% a 45,7%

 

(9colonne Atg) ROMA - Il 2 giugno 1946 in Italia si svolse il primo referendum istituzionale, con gli italiani che furono chiamati a scegliere tra repubblica e monarchia. Il voto fu per la prima volta in Italia a suffragio universale e l'affluenza fu del 89,1% degli aventi diritto.

La campagna referendaria fu alquanto accesa. Tutti i partiti di sinistra (Pci, Psi, Pri), si espressero apertamente a favore del sistema repubblicano, il Pli appoggiò la Monarchia, mentre la Democrazia Cristiana lasciò libertà di voto, anche se fece proprio il sistema repubblicano. La scelta della DC fu dovuta dalla necessità di non far spostare le masse contadine meridionali, a larghissima maggioranza monarchiche, verso i partiti monarchici o qualunquisti e poter, così, assicurarsi un ampio consenso nelle contestuali elezioni parlamentari.

La scelta della Dc risultò vincente. L'Italia, infatti, si divise in due non politicamente, ma geograficamente. Basti pensare a regioni “bianche”, dove cioè prevaleva il voto cattolico a favore della Dc, come il Veneto, il Trentino, la Calabria e la Basilicata. Nelle prime due, si affermò la Dc alle elezioni parlamentari e la Repubblica nel referendum, nelle ultime due, invece, prevalsero Dc e Monarchia.

 

 

                                                               TOTALI                PERCENTUALE

Iscritti alle liste                    28 005 449  

Votanti                                  24 947     187          89,10 (su n. elettori)

Voti validi                                             23 437     143          93,95 (su n. votanti)

Voti nulli o schede bianche               1 509 735               6,05 (su n. votanti)

Astenuti                                               3 058 262               10,90 (su n. iscritti)

 

 

                                               Voti                        %

MONARCHIA     10 718 502             45,70%

REPUBBLICA      12 718 641             54,30%

bianche/nulle                       1 509 735 

Totale voti validi                 23 437 143             100%

 

Ancora oggi, a distanza oltre sessanta anni dall'esito del voto referendario, vengono comunque mosse critiche e accuse di illegittimità del risultato da parte dei movimenti monarchici. Tali attacchi alla legittimità del voto a favore della Repubblica riguardano i presunti brogli elettorali che si sarebbero verificati, secondo i sostenitori di questa tesi, modificando i risultati nelle circoscrizioni dove il voto repubblicano era già comunque vincente. Sul piano giuridico, invece, i sostenitori della causa monarchica sostengono che la proclamazione della Repubblica avvenne in modo anticipato rispetto alla ratifica.

 

 

Lo scorso anno la “prima volta” di Napolitano

 

(9colonne Atg) ROMA - Nel suo discorso il neo-eletto capo dello Stato pose l’accento sul sessantennale cammino della Repubblica, facendo appello alla collaborazione politica:

“Com'è da tempo tradizione, desidero rivolgere a tutti voi, italiane e italiani, il più cordiale augurio in occasione della Festa del 2 giugno.

La nostra Repubblica compie oggi sessant'anni. Personalmente, vissi a Napoli quel lontano 2 giugno del 1946, e lo ricordo con rispetto anche per quanti espressero nel referendum il loro attaccamento all'istituto monarchico.

Ebbe allora inizio un periodo nuovo nella vita dello Stato nazionale unitario, che era nato meno di un secolo prima e che seppe quindi aprirsi al ruolo delle autonomie regionali e locali.

Alla scelta della Repubblica si accompagnò l'elezione, per la prima volta col voto delle donne, dell'Assemblea Costituente, e seguì infine l'approvazione, a larghissima maggioranza, della Carta costituzionale, autentica Tavola dei valori e dei principi in cui riconoscersi, dei diritti e dei doveri da rispettare.

Il cammino percorso a partire da quel giorno è stato lungo e travagliato, ma fecondo.

L'opera di ricostruzione materiale e morale del paese sconvolto dalla guerra fu dura ma ricca di frutti. Le tensioni e le prove che insorsero poi sul piano sociale e sul piano politico vennero superate nel quadro delle istituzioni repubblicane.

E' bene che le nuove generazioni conoscano questa storia. Perché se ne può trarre motivo di consapevolezza e di fiducia.

Anche per affrontare con prospettive di successo i problemi dell'oggi e del domani è importante valorizzare quell'esperienza che in sessant'anni ha dato all'Italia una più forte personalità internazionale, facendone un protagonista dell'Europa unita, e agli italiani una più chiara e matura identità nazionale.

Celebrare dunque ricorrenze come il 2 giugno, festeggiare insieme il compleanno della Repubblica, onorare i simboli della Nazione, esprimere un sentimento di più intensa appartenenza e comunanza patriottica, non significa fare vuota retorica, ma rafforzare le basi e le motivazioni del nostro agire individuale e collettivo.

Un particolare omaggio rivolgiamo alle nostre Forze Armate, il cui ruolo è segnato nella Costituzione come presidio e garanzia di pace. Siamo vicini a tutte le missioni fuori d'Italia in cui esse sono impegnate. Onoriamo la memoria di tutti i caduti.

E guardiamo al futuro. Tocca alle istituzioni della Repubblica mettere a frutto le energie e i talenti dei giovani, uomini e donne, per superare le prove, per superare le incertezze e le difficoltà che preoccupano i cittadini.

Nulla è più necessario, ora, che un clima di operosità e di responsabile collaborazione, nel libero confronto delle idee e delle posizioni politiche. Corrispondere a questa necessità sarà l'impegno della mia Presidenza”.

 

 

Frecce Tricolori, la “firma” del 2 giugno nel cielo di Roma

 

(9colonne Atg) ROMA - Le Frecce Tricolori, la formazione acrobatica più numerosa al mondo (ben 10 MB339), eseguono un programma di volo frutto di una forte tradizione di acrobazia aerea. I velivoli rimangono sempre visibili al pubblico in tutte le fasi della esibizione; in questo modo ogni spettatore, anche il neofita, riesce a percepire la spettacolarità e l’armonia delle manovre di questo reparto dell‘Aeronautica Militare Italiana, con inoltre l’opportunità di apprezzare la professionalità e la tecnica impiegate in ogni fase del volo. Le emozioni suscitate dalle esibizioni della P.A.N. si manifestano nell’amicizia e nell’affetto degli appassionati organizzati in oltre 90 Club Frecce Tricolori sparsi in tutto il mondo e nella partecipazione di un pubblico sempre numeroso. Amicizia e affetto che le Frecce Tricolori ricambiano, mantenendo uno stretto rapporto con il pubblico e con le autorità; e che sono i medesimi sentimenti che le legano alle altre pattuglie acrobatiche andando al di là di una sterile competizione. Queste sono le Frecce Tricolori sia adesso che nel passato che nel futuro. “Il sorriso entusiasta di un bambino o gli occhi commossi di un nostro connazionale all'estero potrebbero da soli giustificare l'esistenza delle Frecce Tricolori, ma le finalità che perseguiamo non sono solo legate alle spettacolarità delle manovre acrobatiche o al sentimento, seppur altissimo e nobile, dell'amore per la nostra Patria”. Così si presentano le Frecce Tricolori sul sito web dell’Aeronautica militare.

Il 313° Gruppo è un Reparto Operativo dell'Aeronautica Militare, che assolvendo ai propri compiti di rappresentanza può fornire l'esempio dei valori umani, culturali, organizzativi e tecnologici di un'Italia che può “volare” meglio e più in alto di chiunque altro.

“Tutto il nostro impegno è profuso in questo senso e vogliamo ringraziare gli amici, gli appassionati, tutti coloro che con affetto ci sostengono, ci danno la forza per raggiungere e superare tutti i traguardi che ci vengono posti quotidianamente. Speriamo, con le nostre esibizioni, di rendere Voi tutti orgogliosi come lo siamo noi della nostra Pattuglia Acrobatica Nazionale e del nostro Paese”.

Il 313° Gruppo Addestramento Acrobatico è dislocato sull' aeroporto di Rivolto (Udine) e fornisce gli uomini ed i mezzi per la Pattuglia Acrobatica Nazionale. Il Gruppo è dotato di velivoli MB-339 A/PAN che possono svolgere, oltre alla normale attività acrobatica, anche missioni operative.

Il 313° Gruppo A.A. “Frecce Tricolori” non ha solo il compito di rappresentare l'Aeronautica Militare e l'Italia nelle manifestazioni aeree, ma anche quello, meno noto ma altrettanto importante di mantenere la prontezza operativa per azioni di supporto aereo alle forze terrestri.

 

 

Il tricolore, la bandiera degli italiani

 

(9colonne Atg) ROMA - Il tricolore italiano quale bandiera nazionale nasce a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797, quando il Parlamento della Repubblica Cispadana, su proposta del deputato Giuseppe Compagnoni, decreta "che si renda universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di Tre Colori Verde, Bianco, e Rosso, e che questi tre Colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti". Ma perché proprio questi tre colori? Nell'Italia del 1796, attraversata dalle vittoriose armate napoleoniche, le numerose repubbliche di ispirazione giacobina che avevano soppiantato gli antichi Stati assoluti adottarono quasi tutte, con varianti di colore, bandiere caratterizzate da tre fasce di uguali dimensioni, chiaramente ispirate al modello francese del 1790.

E anche i reparti militari "italiani", costituiti all'epoca per affiancare l'esercito di Bonaparte, ebbero stendardi che riproponevano la medesima foggia. In particolare, i vessilli reggimentali della Legione Lombarda presentavano, appunto, i colori bianco, rosso e verde, fortemente radicati nel patrimonio collettivo di quella regione:: il bianco e il rosso, infatti, comparivano nell'antichissimo stemma comunale di Milano (croce rossa su campo bianco), mentre verdi erano, fin dal 1782, le uniformi della Guardia civica milanese. Gli stessi colori, poi, furono adottati anche negli stendardi della Legione Italiana, che raccoglieva i soldati delle terre dell'Emilia e della Romagna, e fu probabilmente questo il motivo che spinse la Repubblica Cispadana a confermarli nella propria bandiera. Al centro della fascia bianca, lo stemma della Repubblica, un turcasso contenente quattro frecce, circondato da un serto di alloro e ornato da un trofeo di armi.

L'epoca napoleonica - La prima campagna d'Italia, che Napoleone conduce tra il 1796 e il 1799, sgretola l'antico sistema di Stati in cui era divisa la penisola. Al loro posto sorgono numerose repubbliche giacobine, di chiara impronta democratica: la Repubblica Ligure, la Repubblica Romana, la Repubblica Partenopea, la Repubblica Anconitana.
L
a maggior parte non sopravvisse alla controffensiva austro-russa del 1799, altre confluirono, dopo la seconda campagna d'Italia, nel Regno Italico, che sarebbe durato fino al 1814. Tuttavia, esse rappresentano la prima espressione di quegli ideali di indipendenza che alimentarono il nostro Risorgimento. E fu proprio in quegli anni che la bandiera venne avvertita non più come segno dinastico o militare, ma come simbolo del popolo, delle libertà conquistate e, dunque, della nazione stessa.

Il Risorgimento - Nei tre decenni che seguirono il Congresso di Vienna, il vessillo tricolore fu soffocato dalla Restaurazione, ma continuò ad essere innalzato, quale emblema di libertà, nei moti del 1831, nelle rivolte mazziniane, nella disperata impresa dei fratelli Bandiera, nelle sollevazioni negli Stati della Chiesa. Dovunque in Italia, il bianco, il rosso e il verde esprimono una comune speranza, che accende gli entusiasmi e ispira i poeti: "Raccolgaci un'unica bandiera, una speme", scrive, nel 1847, Goffredo Mameli nel suo Canto degli Italiani. E quando si dischiuse la stagione del '48 e della concessione delle Costituzioni, quella bandiera divenne il simbolo di una riscossa ormai nazionale, da Milano a Venezia, da Roma a Palermo. Il 23 marzo 1848 Carlo Alberto rivolge alle popolazioni del Lombardo Veneto il famoso proclama che annuncia la prima guerra d'indipendenza e che termina con queste parole:"(.) per viemmeglio dimostrare con segni esteriori il sentimento dell'unione italiana vogliamo che le Nostre Truppe(.) portino lo Scudo di Savoia sovrapposto alla Bandiera tricolore italiana." Allo stemma dinastico fu aggiunta una bordatura di azzurro, per evitare che la croce e il campo dello scudo si confondessero con il bianco e il rosso delle bande del vessillo.

Dall'unità ai nostri giorni - Il 14 marzo 1861 venne proclamato il Regno d'Italia e la sua bandiera continuò ad essere, per consuetudine, quella della prima guerra d'indipendenza. Ma la mancanza di una apposita legge al riguardo - emanata soltanto per gli stendardi militari - portò alla realizzazione di vessilli di foggia diversa dall'originaria, spesso addirittura arbitrarie. Soltanto nel 1925 si definirono, per legge, i modelli della bandiera nazionale e della bandiera di Stato. Quest'ultima (da usarsi nelle residenze dei sovrani, nelle sedi parlamentari, negli uffici e nelle rappresentanze diplomatiche) avrebbe aggiunto allo stemma la corona reale. Dopo la nascita della Repubblica, un decreto legislativo presidenziale del 19 giugno 1946 stabilì la foggia provvisoria della nuova bandiera, confermata dall'Assemblea Costituente nella seduta del 24 marzo 1947 e inserita all'articolo 12 della nostra Carta Costituzionale. E perfino dall'arido linguaggio del verbale possiamo cogliere tutta l'emozione di quel momento. PRESIDENTE [Ruini] - Pongo ai voti la nuova formula proposta dalla Commissione: "La bandiera della repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a bande verticali e di eguali dimensioni". (E' approvata. L'Assemblea e il pubblico delle tribune si levano in piedi. Vivissimi, generali, prolungati applausi.)

 

 

L’emblema, un simbolo per la Repubblica

 

(9colonne Atg) ROMA - Il 5 maggio 1948 l'Italia repubblicana ha il suo emblema, al termine di un percorso creativo durato ventiquattro mesi, due pubblici concorsi e un totale di 800 bozzetti, presentati da circa 500 cittadini, fra artisti e dilettanti. La vicenda ha inizio nell'ottobre del 1946, quando il Governo di De Gasperi istituì una apposita Commissione, presieduta da Ivanoe Bonomi, la quale percepì il futuro stemma come il frutto di un impegno corale, il più ampio possibile. Per questo, si decise di bandire un concorso nazionale aperto a tutti, basato su poche tracce: esclusione rigorosa dei simboli di partito, inserimento della stella d'Italia, "ispirazione dal senso della terra e dei comuni". Ai primi cinque classificati sarebbe andato un premio di 10.000 lire (circa mezzo milione di oggi). Il primo concorso - Al concorso rispondono 341 candidati, con 637 disegni in bianco e nero. I cinque vincitori vengono invitati a preparare nuovi bozzetti, questa volta con un tema ben preciso, imposto dalla Commissione: "una cinta turrita che abbia forma di corona", circondata da una ghirlanda di fronde della flora italiana. In basso, la rappresentazione del mare, in alto, la stella d'Italia d'oro; infine, le parole UNITÀ e LIBERTÀ. La scelta cadde sul bozzetto di Paolo Paschetto, al quale andarono ulteriori 50.000 lire e l'incarico di preparare il disegno definitivo, che la Commissione trasmise al Governo per l'approvazione, esponendolo insieme con gli altri finalisti in una mostra in Via Margutta. È il febbraio 1947: l'emblema sembrava cosa fatta, ma il traguardo era ancora lontano. Il secondo concorso - L'emblema, però, non piacque - qualcuno lo definì, addirittura, "tinozza" - e fu perciò nominata una nuova Commissione che bandì, attraverso la radio, un secondo concorso, di cui, purtroppo, non rimane alcuna traccia negli archivi. L'esame di alcune lettere, però, farebbe pensare che l'orientamento fosse quello di privilegiare un simbolo legato all'idea del lavoro. Anche questa volta, risultò vincitore Paolo Paschetto, il cui elaborato fu sottoposto a ulteriori ritocchi da parte dei membri della Commissione. Finalmente, la proposta approdò all'Assemblea Costituente dove, con non pochi contrasti, fu approvata nella seduta del 31 gennaio 1948. Ultimati altri adempimenti e stabiliti i colori definitivi, si arriva al 5 maggio: il Presidente della Repubblica Enrico De Nicola firma il decreto legislativo n. 535, che consegna all'Italia il suo simbolo. La lettura dell'emblema - L'emblema della Repubblica Italiana è caratterizzato da tre elementi: la stella, la ruota dentata, i rami di ulivo e di quercia. La stella è uno degli oggetti più antichi del nostro patrimonio iconografico ed è sempre stata associata alla personificazione dell'Italia, sul cui capo essa splende raggiante. Così fu rappresentata nell'iconografia del Risorgimento e così comparve, fino al 1890, nel grande stemma del Regno unitario (il famoso stellone); la stella caratterizzò, poi, la prima onorificenza repubblicana della ricostruzione, la Stella della Solidarietà Italiana e ancora oggi indica l'appartenenza alle Forze Armate del nostro Paese. La ruota dentata d'acciaio, simbolo dell'attività lavorativa, traduce il primo articolo della Carta Costituzionale: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro". Il ramo di ulivo simboleggia la volontà di pace della nazione, sia nel senso della concordia interna che della fratellanza internazionale; la quercia incarna la forza e la dignità del popolo italiano. Entrambi, poi, sono espressione delle specie più tipiche del nostro patrimonio arboreo. L'autore dell'emblema - Paolo Paschetto, di famiglia valdese, nacque il 12 febbraio 1885 a Torre Pellice, in provincia di Torino, dove è morto il 9 marzo 1963. Professore di ornato all'Istituto di Belle Arti di Roma dal 1914 al 1948, fu artista polivalente, passando dalla xilografia alla grafica, dall'olio all'affresco, dalla pittura religiosa al paesaggio. Fu autore, tra l'altro, di numerosi francobolli, compresa "la rondine" della prima emissione italiana di posta aerea.

 

 

Lo stendardo: il simbolo inconfondibile del presidente

 

(9colonne Atg) ROMA - Lo stendardo presidenziale costituisce, nel nostro ordinamento militare e cerimoniale, il segno distintivo della presenza del Capo dello Stato e segue perciò il Presidente della Repubblica in tutti i suoi spostamenti. Viene innalzato sulle automobili, sulle navi e sugli aeroplani che hanno a bordo il Presidente; all'esterno delle Prefetture, quando il Capo dello Stato visita una città; all'interno delle sale dove egli interviene ufficialmente. Il nuovo stendardo presidenziale, che si ispira alla bandiera della Repubblica Italiana del 1802-1805, vuole legare maggiormente l'insegna del Capo dello Stato al tricolore, sia come preciso richiamo storico del nostro Risorgimento, sia come simbolo dell'unità nazionale. La sua forma quadrata e la bordatura d'azzurro simboleggiano le Forze Armate, di cui il Presidente della Repubblica è Capo. L'esemplare originale dello stendardo, qui riprodotto, è conservato nell'ufficio del Comandante del Reggimento Corazzieri. La storia - Dopo la proclamazione della Repubblica, venne provvisoriamente adottata, quale insegna del Capo dello Stato, la bandiera nazionale. Soltanto nel 1965, su impulso del Ministero della Difesa, fu predisposto un progetto per l'adozione di uno specifico vessillo destinato al Capo dello Stato. Motivi di opportunità sconsigliarono la soluzione più naturale, il tricolore con l'emblema della Repubblica al centro: in quella foggia, infatti, lo stendardo poteva confondersi con l'insegna del presidente degli Stati Uniti Messicani, che era anche la bandiera nazionale di quel Paese. Fra le varie ipotesi, l'allora Presidente Saragat scelse quella che prevedeva il drappo d'azzurro, caricato dell'emblema della Repubblica in oro. Entrambi i colori appartengono alla più autentica tradizione militare italiana, simboleggiando, rispettivamente, il comando e il valore. Questo modello sarebbe durato sino al 1990, quando il presidente Cossiga adottò un nuovo stendardo, costituito dalla bandiera nazionale bordata d'azzurro, introducendo anche un regolamento d'uso che ne moltiplicava l'utilizzazione e l'esposizione nelle cerimonie e negli edifici pubblici. Il modello 1990 durò solo due anni. All'inizio del suo mandato, infatti, il Presidente Scalfaro volle ripristinare lo stendardo del 1965, riducendo, però, le dimensioni dell'emblema della Repubblica. Questa foggia sarebbe rimasta in uso fino al 4 novembre 2000.

 

 

I corazzieri, gli angeli custodi del presidente

 

(9colonne Atg) ROMA - Le origini - Le prime tracce di un corpo di Arcieri e Scudieri addetto alla sicurezza della residenza e degli esponenti della Casa Savoia risalgono al XIV secolo, ma fu soltanto sotto il ducato di Emanuele Filiberto Testa di Ferro (1553-1580) che si costituì una "Guardia d'Onore del Principe", una cinquantina di uomini comandati da un capitano che conobbero il battesimo del fuoco nella vittoriosa battaglia di San Quintino, il 10 agosto 1557. Costantemente aumentato nell'organico e nelle specialità , il reparto contava, intorno al 1630, almeno quattrocento uomini divisi in quattro compagnie, fra le quali una "Compagnia Corazze di Sua Altezza" che iniziò a portare sul petto delle corazze il monogramma dell'autorità statuale. Una tradizione che è giunta fino ai nostri giorni, pur nel mutare delle forme istituzionali.

Da Vittorio Amedeo II a Vittorio Emanuele I - Sotto la lunga sovranità di Vittorio Amedeo II (1675-1730), le varie componenti dei servizi di sicurezza e rappresentanza furono riunite in un'unica struttura, le "Guardie del Corpo", suddivisa in quattro Compagnie Guardie del Corpo, una Compagnia Guardie della Porta e una Compagnia di Svizzeri. Da allora e per circa un secolo, pochi furono i mutamenti nelle uniformi e nella composizione del reparto, impegnato nel normale compito istituzionale e nelle frequenti campagne di guerra, dove ebbe modo di distinguersi.

Le due campagne d'Italia, condotte da Napoleone nel 1796 e nel 1800, sconvolsero l'equilibrio degli antichi Stati: in seguito all'occupazione del Piemonte, il Re Carlo Emanuele IV, insieme a poche Guardie, riparò in Sardegna, dove il 4 giugno 1802 abdicò in favore del fratello Vittorio Emanuele I. La maggior parte del corpo passò, invece, alle dipendenze del governo francese, formando lo Squadrone Carabinieri Piemontesi.1814: nascono i Carabinieri - Vittorio Emanuele I, esule per più di un decennio, poté riprendere possesso dei suoi territori soltanto il 20 maggio 1814, ristabilendo gli antichi istituti: anche le Guardie del Corpo furono ripristinate, nel medesimo organico settecentesco. Il 13 luglio di quell'anno venne creato il Corpo dei Carabinieri Reali, ai quali le regie patenti istitutive attribuivano anche occasionali compiti di "accompagnamento alle Persone Reali". Cessò, da quel momento, l'esclusività delle tradizionali prerogative delle Guardie del Corpo, che le riforme avviate da Carlo Alberto (1834-1849) ridimensionarono negli organici e nelle competenze, parallelamente alla crescente rilevanza attribuita ai Carabinieri. Furono questi ultimi, infatti, a formare uno squadrone d'onore a cavallo che accompagnò, nel 1842, le nozze dell'erede al trono Vittorio Emanuele con Maria Adelaide. La prima guerra d'indipendenza vide, per l'ultima volta, la presenza delle Guardie del Corpo, affiancate nella protezione del sovrano dai Carabinieri, protagonisti a Pastrengo, il 30 aprile 1848, della valorosa carica che scrisse la prima eroica pagina corale della storia della Benemerita. La soppressione formale di ciò che rimaneva delle antiche Guardie del Corpo risale al 1867, ma già da vent'anni una sola compagnia superstite continuava a svolgere attività di sicurezza, limitata, però, al Palazzo Reale di Torino. Compiti e prerogative vennero assorbiti dai Carabinieri, divenuti Arma il 24 gennaio 1861.

Le nozze reali di Firenze - Il 7 febbraio 1868, il Principe ereditario Umberto sposava Margherita di Savoia, figlia del Duca di Genova. Per l'occasione, 80 carabinieri a cavallo tra i più prestanti furono prelevati dalle Legioni di Firenze, Milano e Bologna per formare uno squadrone di rappresentanza e di scorta d'onore. Indossavano la stessa uniforme delle nozze del 1842, ma questa volta il reparto non venne sciolto: ad esso furono affidati compiti di sorveglianza degli appartamenti reali e di protezione dei sovrani. Nascono, così, i moderni Corazzieri, con un organico che prevedeva, in origine, un capitano comandante, 4 ufficiali, 9 sottufficiali (presto elevati a 12) e 69 carabinieri (poi 88). Numerose furono, nei primi anni di vita, le denominazioni del Reparto: "Guardie d'Onore di Sua Maestà", "Carabinieri Reali Guardie del Corpo di Sua Maestà", "Drappello Guardie di Sua Maestà" e, fino al 1946, "Squadrone Carabinieri del Re". Ma si andava già consolidando nella gente il più familiare appellativo di "Corazzieri", il termine che, al termine di un lungo cammino, oggi designa il Reggimento al servizio del Presidente della Repubblica.

Le guerre mondiali  - I Corazzieri continuarono a svolgere il loro servizio durante gli eventi bellici, seguendo il Re nelle zone di operazioni e distinguendosi individualmente: il brigadiere Mocellin e il carabiniere guardia Urbinati, piloti d'aeroplano, furono decorati di medaglie d'argento al valor militare per le loro imprese. Molti corazzieri aderirono alla resistenza dopo l'8 settembre 1943. Il Mausoleo Ardeatino custodisce le spoglie del carabiniere guardia Calcedonio Giordano, medaglia d'oro al valor militare, arrestato a Roma nel 1944, torturato e ucciso alle Fosse Ardeatine.

L'epoca repubblicana - Il 13 giugno 1946, nel cortile d'onore del Quirinale, Umberto II sciolse i Corazzieri dal giuramento alla Monarchia: le Guardie del Re furono trasformate nel "3° Squadrone Carabinieri a Cavallo" e dismisero la loro tradizionale uniforme, fino a quando il Presidente Luigi Einaudi (1948-1955) ripristinò lo "Squadrone Carabinieri Guardie" e le divise del 1876. Il reparto divenne, nel 1965, "Comando Carabinieri Guardie del Presidente della Repubblica" e, nel 1990, "Reggimento Carabinieri Guardie della Repubblica".

Finalmente, il 24 dicembre 1992, il vecchio e mai abbandonato appellativo divenne ufficiale, restituendo ai maestosi custodi del Capo dello Stato il nome di "Reggimento Corazzieri".

 

 

Tutti i presidenti della storia repubblicana

 

(9colonne Atg) ROMA – Di seguito le biografie in breve dei capi di Stato italiani dal 1948 al 2006.

Enrico De Nicola (1948) - E' nato il 9 novembre 1877 a Napoli. Il suo primo impegno è stato nel settore giornalistico: nel 1895 è redattore per la rubrica quotidiana di vita giudiziaria del "Don Marzio". Laureato in giurisprudenza, si è dedicato alla professione forense diventando nel corso degli anni uno dei maggiori avvocati penalisti italiani. E' stato eletto deputato al Parlamento nel 1909, nel 1913, nel 1919, nel 1921 e nel 1924 (non ha prestato il giuramento richiesto per essere ammesso alle funzioni e, quindi, non ha mai partecipato all'attività parlamentare). E' stato nominato sottosegretario di Stato per le Colonie nel 1913-1914 (IV governo Giolitti) e sottosegretario di Stato per il Tesoro nel 1919 (governo Orlando). Ha ricoperto l'ufficio di Presidente della Giunta delle elezioni (1919-1920). E' stato eletto presidente della Camera dei deputati il 26 giugno 1920 e confermato nella legislatura successiva fino al 25 gennaio 1924. Durante il fascismo, si è ritirato dalla vita politica attiva e si è dedicato esclusivamente all'esercizio della professione forense. Nominato senatore del Regno nel 1929, non ha mai partecipato ai lavori dell'Assemblea. Dopo la caduta del fascismo, è tornato ad occuparsi di politica ed è stato autore del compromesso con cui venne istituita la Luogotenenza. E' stato nominato componente della Consulta Nazionale. E' stato eletto capo provvisorio dello Stato il 28 giugno 1946 (al primo scrutinio con 396 voti su 501): ha prestato giuramento il 1° luglio successivo. Dimessosi dalla carica, è stato rieletto capo provvisorio dello Stato il 26 giugno 1947 (al primo scrutinio con 405 voti su 523). A norma della prima disposizione transitoria della Costituzione, dal 1° gennaio 1948 ha assunto il titolo di Presidente della Repubblica. E’ divenuto senatore a vita quale ex presidente della Repubblica. E' stato eletto presidente del Senato della Repubblica il 28 aprile 1951: si è dimesso dalla carica il 24 giugno 1952. E’ stato nominato giudice della Corte Costituzionale dal Presidente della Repubblica il 3 dicembre 1955 e ha prestato giuramento il 15 dicembre 1955. Nella prima riunione del Collegio il 23 gennaio 1956 è stato eletto Presidente della Corte Costituzionale: si è dimesso dalla carica il 26 marzo 1957. E’ deceduto il 1° ottobre 1959.

Luigi Einaudi (1948-1955) - E' nato a Carrù (Cuneo) il 24 marzo 1874. Coniugato con Ida Pellegrini dalla quale ha avuto 3 figli. Laureato in giurisprudenza a 21 anni. E' stato redattore de "La Stampa" di Torino e del "Corriere della Sera" di Milano fino al 1926. E' stato corrispondente finanziario ed economico del settimanale "The Economist". Ha diretto la rivista "La Riforma Sociale" dal 1900 al 1935. Ha diretto la "Rivista di Storia Economica" dal 1936 al 1943. Ha occupato la cattedra di Scienza delle finanze all'Università di Torino con l'incarico di Legislazione industriale ed economica politica di quel Politecnico, e di Scienza della finanze all'Università Bocconi di Milano. I suoi altissimi meriti scientifici hanno avuto ampi riconoscimenti, tra i quali si ricordano: socio e vicepresidente dell’Accademia dei Lincei; socio della Accademia delle Scienze di Torino; socio dell'Institut International de Statistique de L'Aja; socio dell'Econometric Society di Chicago; socio onorario dell'American Academy of Arts and Sciences di Boston; socio dell'American Academy of Political and Social Science di Filadelfia; socio onorario della American Economic Associciation; socio onorario della Economic History Association di New York; presidente onorario della International Economic Association; socio corrispondente della Societè d'Economie Politique di Parigi; vicepresidente della Economic History Society di Cambridge; socio corrispondente del Coben Club di Londra; socio corrispondente della Oesterreichische Akademie der Wissenschaften di Vienna. Gli sono state conferite le lauree “honoris causa” dalle Università di Parigi e di Algeri. Si è dedicato personalmente alla conduzione della sua azienda agricola presso Dogliani, applicandovi i più moderni sistemi colturali. E' stato nominato senatore del Regno nel 1919. Lasciata l'attività giornalistica dopo l'avvento del fascismo, dopo il 25 luglio 1943 ha collaborato a "Il Corriere della Sera". Dopo l'8 settembre si è rifugiato in Svizzera ed è rientrato in Italia nel 1945; ha redatto una serie di articoli economici e politici per "Il Risorgimento Liberale". E' stato nominato governatore della Banca d'Italia (5 gennaio 1945 11 maggio1948). E' stato nominato componente della Consulta Nazionale (1945-1946). E' stato eletto deputato all'Assemblea Costituente nel 1946 (Unione Democratica Nazionale) ove ha dato un autorevole contributo ai lavori. E' stato senatore di diritto del Senato della Repubblica ai sensi della terza disposizione transitoria della Costituzione (1948). E' stato nominato vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro delle Finanze e del Tesoro (1947), del Bilancio (conservando l'incarico di vicepresidente del Consiglio) (1947-1948, nel IV governo De Gasperi). E' eletto presidente della Repubblica l'11 maggio 1948 (al quarto scrutinio con 518 voti su 872): ha prestato giuramento il giorno successivo. E' divenuto senatore a vita quale ex Presidente della Repubblica. Tra le opere pubblicate dopo la fine del mandato presidenziale si ricorda in particolare: "Lo Scrittoio del Presidente". E' deceduto il 30 ottobre 1961.

Giovanni Gronchi (1955-1962) - E’ nato a Pontedera (Pisa) il 10 settembre 1887. Coniugato con Carla Bissatini, dalla quale ha avuto due figli. Ha fatto parte del Movimento cristiano sorto nel 1902 intorno al sacerdote Romolo Murri. Tra il 1911 e il 1915 ha insegnato lettere e filosofia a Parma, Massa, Bergamo e Monza. Nel 1919 è stato tra i fondatori del Partito Popolare Italiano. Eletto deputato, è stato chiamato a dirigere la Confederazione dei Lavoratori Cristiani. E' stato nominato sottosegretario all'Industria e Commercio nel 1922 (I governo Mussolini) fino al Congresso di Torino del Partito Popolare (aprile 1923), dove è stata decisa la non collaborazione e il ritiro dal governo dei rappresentanti del Ppi Passato all'opposizione, è stato tra gli esponenti della scissione denominata “dell'Aventino” ed è stato dichiarato decaduto dal mandato parlamentare nel novembre 1926. Ritiratosi a vita privata, ha rinunziato al suo posto nella scuola ed è stato prima rappresentante di commercio e poi si è dedicato allo svolgimento di attività industriale. E' stato nominato ministro dell'Industria e Commercio nel 1944 (II e III governo Bonomi), nel 1945 (governo Parri e I governo De Gasperi). E' stato eletto deputato all'Assemblea Costituente nel 1946 (Democrazia Cristiana) e presidente del Gruppo parlamentare del suo partito. E' stato eletto deputato al Parlamento nel 1948 e nel 1953. L'8 maggio 1948 è stato eletto presidente della Camera dei deputati. Il 25 giugno 1953 è stato rieletto presidente della Camera dei deputati. Il 29 aprile 1955 è stato eletto presidente della Repubblica (al quarto scrutinio con 658 voti su 833): ha prestato giuramento l'11 maggio 1955. E' divenuto senatore a vita quale ex presidente della Repubblica. E' deceduto il 17 ottobre 1978.

Antonio Segni (1962-1964) - E' nato a Sassari il 2 febbraio 1891. Coniugato con Laura Carta Caprino, dalla quale ha avuto quattro figli. Laureato in giurisprudenza nel 1913. Iscritto al Partito popolare sin dalla sua fondazione, ne è stato consigliere nazionale dal 1923 al 1924. Con l'avvento del fascismo ha abbandonato completamente l'attività politica. Nel 1920 ha vinto il concorso per la cattedra di diritto processuale civile presso l'Università di Perugia, ove ha insegnato fino al 1925. Successivamente ha insegnato nelle Università di Cagliari, Pavia, Sassari (della quale è stato Rettore Magnifico dal 1946 al 1951) e Roma. Ha ottenuto la laurea di dottore “Honoris causa” in scienze agrarie dall'Università Georgetown di Washington. E' stato autore di numerose pubblicazioni in materia di diritto processuale civile, diritto commerciale e fallimentare, nonché in materia agraria. Socio dell'Accademia dei Lincei, ha ricevuto il Premio "Carlo Magno" nella città di Aquisgrana per gli alti meriti acquisiti nell'azione svolta in favore dell'unità europea. Nel 1942 è stato tra gli organizzatori della Democrazia Cristiana. Ha fatto parte della prima Consulta regionale.

E' stato eletto deputato all'Assemblea Costituente nel 1946 (Democrazia Cristiana). E' stato nominato sottosegretario per l'Agricoltura e Foreste 1944 (III governo Bonomi) e nel 1945 (governo Parri e I governo De Gasperi). E' stato nominato ministro dell'Agricoltura e Foreste nel 1946 II governo De Gasperi), nel 1947 (III e IV governo De Gasperi), nel 1948 (V governo De Gasperi), nel 1950 (VI governo De Gasperi). E' stato nominato ministro della Pubblica Istruzione nel 1951 (VII governo De Gasperi) e nel 1953 (governo Pella). E' stato presidente del Consiglio dei ministri dal 6 luglio 1955 al 18 maggio 1957. E' stato nominato vicepresidente del Consiglio e ministro della Difesa nel 1958 (II governo Fanfani). E' stato presidente del Consiglio dei ministri e ministro dell'Interno dal 15 febbraio 1959 al 25 marzo 1960. E' stato nominato ministro degli Esteri nel 1960 (governo Tambroni e III governo Fanfani). E' stato nominato ministro degli Esteri nel 1962 (IV governo Fanfani). E' stato eletto presidente della Repubblica il 6 maggio 1962 (al nono scrutino con 443 voti su 854). Ha prestato giuramento il giorno 11 maggio 1962. E' stato colpito da malattia il 7 agosto 1964; accertata la condizione di impedimento temporaneo, dal successivo giorno 10 è stata istituita la supplenza del presidente del Senato Cesare Merzagora (fino al 28 dicembre 1964). Ha rassegnato le dimissioni in data 6 dicembre 1964. E' divenuto senatore a vita quale ex presidente della Repubblica. E' deceduto il 1° dicembre 1972.

Giuseppe Saragat (1964-1971) - E' nato a Torino il 19 settembre 1898. Vedovo di Giuseppina Bollani dalla quale ha avuto due figli. Laureato in Scienze economiche e commerciali. Si è iscritto al Partito socialista unitario nel 1922 ed è entrato nella direzione del partito nel 1925. Nel 1926, con il consolidarsi del regime fascista, è espatriato in Austria e poi in Francia, ove ha svolto lavori vari. Rientrato in Italia nel 1943, è stato arrestato e consegnato alle autorità tedesche. Riuscito ad evadere, ha ripreso l'attività clandestina nel Partito socialista italiano di unità proletaria a Milano. E' stato nominato ministro senza portafoglio nel 1944 (II governo Bonomi). E' stato nominato ambasciatore d'Italia a Parigi nel 1945. Deputato alla Costituente (Partito Socialista italiano di unità proletaria) è stato eletto presidente dell’Assemblea il 25 giugno 1946. Ha rassegnato le dimissioni nel gennaio 1947. Nel gennaio 1947 ha fondato il Partito socialista dei lavoratori italiani (successivamente Partito Socialista democratico italiano) del quale è stato segretario politico. Ha rassegnato le dimissioni da presidente dell'Assemblea Costituente e ha assunto la segreteria politica del nuovo partito. E' stato nominato vicepresidente del Consiglio dei ministri nel 1947 (IV governo De Gasperi). E stato eletto deputato nel 1948, 1953, 1958, 1962. E' stato nominato vicepresidente del Consiglio e ministro della Marina Mercantile nel 1948 (V Governo De Gasperi). Ha rassegnato le dimissioni nel novembre 1949. Eletto segretario del partito dal 1949 al 1954. E' stato nominato vicepresidente del Consiglio dei ministri nel 1954 (Governo Scelba), nel 1955 (I Governo Segni). E' stato eletto segretario del Partito dal 1957 al 1964. E' stato nominato ministro degli Esteri nel 1963 (I governo Moro) e nel 1964 (II governo Moro). E' stato eletto presidente della Repubblica il 28 dicembre 1964 (al ventunesimo scrutinio con 646 voti su 963). Ha prestato giuramento il giorno successivo. E' divenuto senatore a vita quale ex presidente della Repubblica. Nel 1975 ha assunto la presidenza del Partito Socialista Democratico Italiano. E' deceduto l'11 giugno 1988.

Giovanni Leone (1971-1978) - E' nato a Napoli il 3 novembre 1908. Coniugato con Vittoria Michitto, da cui ha avuto padre di tre figli. Laureato in giurisprudenza nel 1929 e in scienze politiche sociali nel 1930. Libero docente in "Diritto e procedura penale", nel 1933 è stato incaricato dell'insegnamento di questa materia all'Università di Camerino. Nel 1935, classificatosi primo nella graduatoria del concorso per la cattedra di Diritto e Procedura Penale, ha insegnato nelle Università di Messina, Bari, Napoli e Roma. E' stato presidente del Gruppo Italiano della "Association Internationale de Droit Penale" e componente del Comitato Direttivo Internazionale dell'Associazione. Ha partecipato alla seconda guerra mondiale, meritandosi un encomio solenne. Medaglia d'oro al merito della cultura. Avvocato penalista tra i più grandi d'Italia. E' stato autore di numerosissime pubblicazioni giuridiche, tradotte in lingue straniere. Nel 1944 si è iscritto alla Democrazia Cristiana e nel 1945 è stato eletto Segretario politico del Comitato napoletano del Partito. E' stato eletto all'Assemblea Costituente 1946 (Democrazia Cristiana): ha partecipato attivamente alla elaborazione della Costituzione, in particolare come relatore del titolo concernente la magistratura. E' stato eletto deputato al Parlamento nel 1948, 1953, 1958, 1963. E' stato eletto vicepresidente della Camera dei Deputati nel 1950 e nel 1953. E' stato eletto presidente della Camera dei deputati nel 1955, 1958, 1963.

E' stato presidente del Consiglio dei ministri dal 21 giugno al 3 dicembre 1963 e dal 24 giugno all'11 dicembre 1968. E' stato nominato senatore a vita il 27 agosto 1967 "per aver illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo scientifico e sociale". E' stato eletto presidente della Repubblica il 24 dicembre 1971 (al ventitreesimo scrutinio con 518 voti su 1.008). Ha prestato giuramento il 29 dicembre successivo. Si è dimesso il 15 giugno 1978, inviando un messaggio al popolo italiano. E' deceduto il 9 novembre 2001.

Sandro Pertini (1978-1985)  - Alessandro Pertini è nato a Stella (Savona) il 25 settembre 1896. Laureato in giurisprudenza e in scienze politiche e sociali. Coniugato con Carla Voltolina. Ha partecipato alla prima guerra mondiale; ha intrapreso la professione forense e, dopo la prima condanna a otto mesi di carcere per la sua attività politica, nel 1926 è condannato a cinque anni di confino. Sottrattosi alla cattura, si è rifugiato a Milano e successivamente in Francia, dove ha chiesto e ottenuto asilo politico, lavorando a Parigi. Anche in Francia ha subito due processi per la sua attività politica. Tornato in Italia nel 1929, è stato arrestato e nuovamente processato dal tribunale speciale per la difesa dello Stato e condannato a 11 anni di reclusione. Scontati i primi sette, è stato assegnato per otto anni al confino: ha rifiutato di impetrare la grazia anche quando la domanda è stata firmata da sua madre. Tornato libero nell'agosto 1943, è entrato a far parte del primo esecutivo del Partito socialista. Catturato dalla SS, è stato condannato a morte. La sentenza non ha luogo. Nel 1944 è evaso dal carcere assieme a Giuseppe Saragat, ed ha raggiunto Milano per assumere la carica di segretario del Partito Socialista nei territori occupati dal tedeschi e poi dirigere la lotta partigiana: è stato insignito della Medaglia d'Oro. Conclusa la lotta armata, si è dedicato alla vita politica e al giornalismo. E' stato eletto segretario del Partito Socialista Italiano di unità proletaria nel 1945. E' stato eletto deputato all'Assemblea Costituente. E' stato eletto senatore della Repubblica nel 1948 e presidente del relativo gruppo parlamentare. Direttore dell'"Avanti" dal 1945 al 1946 e dal 1950 al 1952, nel 1947 ha assunto la direzione del quotidiano genovese "Il Lavoro". E' stato eletto deputato al Parlamento nel 1953, 1958, 1963, 1968, 1972, 1976. E' stato eletto vicepresidente della Camera dei deputati nel 1963. E 'stato eletto presidente della Camera dei deputati nel 1968 e nel 1972. Dopo il fallimento della riunificazione tra P.S.I. e P.S.D.I,. aveva rassegnato le dimissioni, respinte da tutti i gruppi parlamentari. E' stato eletto presidente della Repubblica l'8 luglio 1978 (al sedicesimo scrutinio con 832 voti su 995). Ha prestato giuramento il giorno successivo. Ha rassegnato le dimissioni il 29 giugno 1985: è divenuto senatore a vita quale ex presidente della Repubblica. E' deceduto il 24 febbraio 1990.

Francesco Cossiga (1985-1992) - E' nato il 26 luglio 1928 a Sassari. Laureato in Giurisprudenza. Ha due figli. Si è iscritto alla Democrazia Cristiana nel 1945. Ha insegnato diritto costituzionale e diritto costituzionale regionale nell'Università di Sassari. E' stato eletto deputato al Parlamento nel 1958, 1963, 1968, 1972, 1976 e 1979. E' stato eletto senatore della Repubblica nel 1983. E' stato nominato sottosegretario di Stato alla Difesa nel 1966 (III governo Moro), nel 1968 (II governo Leone e I governo Rumor), nel 1969 (II governo Rumor). E' stato nominato ministro senza portafoglio nel 1974 (IV governo Moro). E' stato nominato ministro dell'Interno nel 1976 (V governo Moro e III governo Andreotti) e nel 1978 (IV Governo Andreotti). Ha rassegnato le dimissioni dopo l'uccisione dell’onorevole Moro (9 maggio 1978). Presidente del Consiglio dei ministri dal 4 agosto 1979 al 3 aprile 1980 e dal 4 aprile 1980 al 17 ottobre 1980. E' stato eletto presidente del Senato della Repubblica il 12 luglio 1983. E' stato eletto presidente della Repubblica il 24 giugno 1985 (al primo scrutinio con 752 voti su 977). In seguito alle dimissioni del presidente della Repubblica Sandro Pertini, ha esercitato la supplenza dal 29 giugno al 3 luglio 1985. Ha prestato giuramento il 3 luglio 1985. Ha rassegnato le dimissioni il 28 aprile 1992. E' divenuto senatore a vita quale presidente emerito della Repubblica.

Oscar Luigi Scalfaro (1992-1999) - E' nato il 9 settembre 1918 a Novara. Laureato in Giurisprudenza nel 1941. Vedovo di Maria Inzitari dalla quale ha avuto una figlia. Ha vinto il concorso per entrare in magistratura nel 1942. Eletto all'Assemblea Costituente. Eletto deputato al Parlamento nel 1948, 1953, 1958, 1963, 1968, 1972, 1976, 1979, 1983, 1987, 1992. E' stato nominato sottosegretario al ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale nel 1954 (I Governo Fanfani). E' stato nominato sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed allo spettacolo nel 1954 (Governo Scelba). E' stato nominato sottosegretario al ministero di Grazia e Giustizia nel 1955 (I governo Segni); nel 1957 (governo Zoli). E' stato nominato sottosegretario di Stato al ministero dell'Interno nel 1959 (II governo Segni); 1960 (governo Tambroni); 1960 (3° governo Fanfani). Vicesegretario Politico della Democrazia Cristiana dal 1965 al 1966. E' stato nominato ministro dei Trasporti e dell'Aviazione Civile nel 1966 (III governo Moro); nel 1968 (II governo Leone); nel 1972 (1° governo Andreotti). E' stato nominato ministro della Pubblica Istruzione nel 1972 (II governo Andreotti). E' stato eletto vicepresidente della Camera dei Deputati nel 1975, 1976, 1979. E' stato nominato ministro dell'Interno nel 1983 (I governo Craxi); nel 1986 (II governo Craxi); nel 1987 (VI governo Fanfani). Dopo le dimissioni del presidente Craxi, il presidente della Repubblica Cossiga gli ha conferito l'incarico di formare il governo il 10 aprile 1987: constatata l'impossibilità di costituire un gabinetto di coalizione, ha rinunciato all'incarico il 14 aprile successivo. Ha presieduto la commissione parlamentare di inchiesta sugli interventi per la ricostruzione dei territori della Basilicata e Campania colpiti dai terremoti del 1980-81. E' stato eletto presidente della Camera dei Deputati il 24 aprile 1992. E' stato eletto presidente della Repubblica il 25 maggio 1992 (al sedicesimo scrutinio con 672 voti su 1.002). Ha prestato giuramento il 28 maggio 1992. Ha rassegnato le dimissioni il 15 maggio 1999. E' divenuto senatore a vita quale ex presidente della Repubblica.

Carlo Azeglio Ciampi (1999-2006) - Banchiere centrale e uomo politico, nato a Livorno il 9 dicembre 1920. Ha conseguito la laurea in Lettere e il diploma della Scuola Normale di Pisa nel 1941, e la laurea in Giurisprudenza presso l'Università di Pisa nel 1946. In questo ultimo anno è stato assunto alla Banca d'Italia, dove ha inizialmente prestato servizio presso alcune filiali, svolgendo attività amministrativa e di ispezione ad aziende di credito. Nel 1960 è stato chiamato all'amministrazione centrale della Banca d'Italia, presso il servizio studi, di cui ha assunto la direzione nel luglio 1970. Segretario generale della Banca d'Italia nel 1973, vice direttore generale nel 1976, direttore generale nel 1978, nell'ottobre 1979 è stato nominato governatore della Banca d'Italia e presidente dell'Ufficio Italiano Cambi, funzioni che ha assolto fino al 28 aprile 1993. Dall'aprile 1993 al maggio 1994 è stato presidente del Consiglio, presiedendo un governo chiamato a svolgere un compito di transizione. Durante la XIII legislatura è stato ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, nel governo Prodi (dall'aprile 1996 all'ottobre 1998) e nel governo D'Alema (dall'ottobre 1998 al maggio 1999). Dal 1993 governatore onorario della Banca d'Italia e dal 1996 membro del consiglio di amministrazione dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Ha ricoperto numerosi incarichi di rilevanza internazionale, tra cui quelli di: presidente del Comitato dei governatori della Comunità europea e del Fondo europeo di cooperazione monetaria (nel 1982 e nel 1987); vice presidente della Banca dei regolamenti internazionali (dal 1994 al 1996); presidente del Gruppo Consultivo per la competitività in seno alla Commissione europea (dal 1995 al 1996); Presidente del comitato interinale del Fondo Monetario Internazionale (dall'ottobre 1998 al maggio 1999). Dall'aprile 1993 al maggio 1994, Ciampi ha governato durante una fase di difficile transizione istituzionale ed economica. Il referendum elettorale e la congiuntura sfavorevole caratterizzata da un rallentamento della crescita economica richiedevano immediate risposte. Il governo Ciampi ha garantito l'applicazione della nuova legge elettorale approvata dal Parlamento, attraverso il complesso lavoro per la determinazione dei collegi e delle circoscrizioni elettorali, e il passaggio da un Parlamento profondamente rinnovatosi tra la XI e la XII legislatura. Sul piano economico gli interventi più significativi sono stati rivolti a costituire il quadro istituzionale per la lotta all'inflazione, attraverso l'accordo governo-parti sociali del luglio del 1993, che segnatamente ha posto fine ad ogni meccanismo di indicizzazione ed ha individuato nel tasso di inflazione programmata il parametro di riferimento per i rinnovi contrattuali. Inoltre il governo Ciampi ha dato avvio alla privatizzazione di numerose imprese pubbliche, ampliando e puntualizzando il quadro di riferimento normativo e realizzando le prime operazioni di dismissione (tra cui quelle, nel settore bancario, del Credito italiano, della Banca commerciale italiana, dell'Imi). Come ministro del Tesoro e del Bilancio del governo Prodi e del governo D'Alema, Ciampi ha dato un contributo determinante al raggiungimento dei parametri previsti dal Trattato di Maastricht, permettendo così la partecipazione dell'Italia alla moneta unica europea, sin dalla sua creazione. Il 13 maggio del 1999 è stato eletto, in prima votazione, decimo presidente della Repubblica Italiana. E' divenuto senatore a vita quale ex presidente della Repubblica.

 

 

Giorgio Napolitano: chi è l’attuale inquilino del Quirinale

 

(9colonne Atg) ROMA – Giorgio Napolitano è nato a Napoli il 29 giugno 1925. Si è laureato in giurisprudenza nel dicembre 1947 presso l'Università di Napoli con una tesi di economia politica su “Il mancato sviluppo industriale del Mezzogiorno dopo l'unità e la legge speciale per Napoli del 1904”. Nel 1945-46 è stato attivo nel movimento per i Consigli studenteschi di Facoltà e delegato al 1° Congresso nazionale universitario. Fin dal 1942, a Napoli, iscrittosi all’Università, ha fatto parte di un gruppo di giovani antifascisti e ha aderito, nel 1945, al Partito comunista italiano, di cui è stato militante e poi dirigente fino alla costituzione del partito democratico della sinistra. Dall'autunno del 1946 alla primavera del 1948 ha fatto parte della segreteria del Centro Economico Italiano per il Mezzogiorno presieduto dal senatore Paratore. Ha inoltre partecipato attivamente al Movimento per la Rinascita del Mezzogiorno fin dalla sua nascita (dicembre 1947) e per oltre 10 anni. E’ stato eletto alla Camera dei deputati per la prima volta nel 1953 e ne ha fatto parte – tranne che nella IV legislatura - fino al 1996, riconfermato sempre nella circoscrizione di Napoli. La sua attività parlamentare si è svolta nella fase iniziale in seno alla Commissione Bilancio e Partecipazioni Statali, concentrandosi - anche nei dibattiti in assemblea - sui problemi dello sviluppo del Mezzogiorno e sui temi della politica economica nazionale. Nella VIII (dal 1981) e nella IX Legislatura (fino al 1986) è stato Presidente del Gruppo dei deputati comunisti. Negli anni '80 si è impegnato in particolare sui problemi della politica internazionale ed europea, sia nella Commissione Affari Esteri della Camera dei deputati, sia come membro (1984-92 e 1994-96) della delegazione italiana all'Assemblea dell'Atlantico del Nord, sia attraverso molteplici iniziative di carattere politico e culturale. Già a partire dagli anni '70, ha svolto una vasta attività di conferenze all'estero: negli istituti di politica internazionale in Gran Bretagna e in Germania, presso numerose Università degli Stati Uniti (Harvard, Princeton, Yale, Chicago, Berkeley, SAIS e CSIS di Washington). Dal 1989 al 1992 è stato membro del Parlamento europeo. Nell'XI legislatura, il 3 giugno 1992, è stato eletto presidente della Camera dei deputati, restando in carica fino alla conclusione della legislatura nell'aprile del 1994. Nella XII legislatura ha fatto parte della commissione Affari esteri ed è stato presidente della Commissione speciale per il riordino del settore radiotelevisivo. Nella XIII legislatura è stato ministro dell'interno e per il coordinamento della protezione civile nel governo Prodi, dal maggio 1996 all'ottobre 1998. Dal 1995 è stato presidente del Consiglio italiano del Movimento europeo.

Dal giugno 1999 al giugno 2004 è stato presidente della Commissione per gli Affari costituzionali del Parlamento europeo. Nella XIV legislatura, è stato nominato presidente della Fondazione della Camera dei deputati dal presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, mantenendo l’incarico fino alla conclusione della legislatura. Il 23 settembre 2005 è stato nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Il 10 maggio 2006 è stato eletto presidente della Repubblica con 543 voti. Ha prestato giuramento il 15 maggio 2006. La sua dedizione alla causa della democrazia parlamentare e il suo contributo al riavvicinamento tra la sinistra italiana e il socialismo europeo gli sono valsi il conferimento – nel 1997 ad Hannover – del premio internazionale Leibniz-Ring per l’impegno “di tutta una vita”. Nel 2004, gli è stata conferita dall’Università degli Studi di Bari la laurea honoris causa in Scienze politiche. Ha collaborato in particolare alla rivista "Società" e (dal 1954 al 1960) alla rivista "Cronache meridionali" con saggi sul dibattito meridionalista dopo la Liberazione e sul pensiero di Guido Dorso, sulle politiche di riforma agraria e sulle tesi di Manlio Rossi-Doria, sull'industrializzazione del Mezzogiorno. Nel 1962 ha pubblicato il suo primo libro "Movimento operaio e industria di Stato", con particolare riferimento alle elaborazioni di Pasquale Saraceno. Nel 1975 ha pubblicato il libro "Intervista sul Pci" con Eric Hobsbawm, tradotto in oltre 10 Paesi. Del 1979 è il libro "In mezzo al guado" riferito al periodo della solidarietà democratica (1976-79), durante il quale fu portavoce del Pci e tenne i rapporti con il governo Andreotti sui temi dell'economia e del sindacato. Il libro "Oltre i vecchi confini" del 1988 ha affrontato le problematiche emerse negli anni del disgelo tra Est e Ovest, con la presidenza Reagan negli Usa e la leadership di Gorbaciov nell'Urss. Nel libro "Al di là del guado: la scelta riformista" sono raccolti gli interventi dal 1986 al 1990. Nel libro "Europa e America dopo l'89", del 1992, sono raccolte le conferenze tenute negli Stati Uniti dopo la caduta del muro di Berlino e dei regimi comunisti in Europa centrale e orientale. Nel 1994 ha pubblicato il libro, in parte sotto forma di diario, "Dove va la Repubblica - Una transizione incompiuta" dedicato agli anni della XI legislatura, vissuta come presidente della Camera dei Deputati. Nel 2002, ha pubblicato il libro una "Europa politica", nel pieno del suo impegno come presidente della Commissione per gli Affari costituzionali del Parlamento europeo. Il suo ultimo libro "Dal Pci al socialismo europeo: un 'autobiografia politica" è uscito nel 2005.

 

 

L’inno di Mameli: “colonna sonora” dell’Italia dal 1947

 

(9colonne Atg) ROMA - Prima dell'Inno di Mameli, composto nel 1847, la musica che rappresentava il nostro Paese era la Marcia Reale d'ordinanza di Giuseppe Gabetti, un inno che rimase fino alla caduta della monarchia, nel 1946. Tra il 1946 ed il 1947 lo sostituirono “La Leggenda del Piave” e poi “Fratelli d'Italia”.

 

Fratelli d'Italia

L'Italia s'è desta,

Dell'elmo di Scipio

S'è cinta la testa.

Dov'è la Vittoria?

Le porga la chioma,

Ché schiava di Roma

Iddio la creò.             

 

Stringiamoci a coorte

Siam pronti alla

morte

L'Italia chiamò.

 

Noi siamo da secoli

Calpesti, derisi,

Perché non siam popolo,

Perché siam divisi.

Raccolgaci un'unica

Bandiera, una                

speme:                           

Di fonderci insieme        

Già l'ora suonò 

 

Stringiamoci a coorte

Siam pronti alla

morte

L'Italia chiamò.

 

Uniamoci, amiamoci,

l'Unione, e l'amore

Rivelano ai Popoli

Le vie del Signore;

Giuriamo far libero          

Il suolo natìo:                 

Uniti per Dio                  

Chi vincer ci può? 

 

Stringiamoci a coorte

Siam pronti alla

morte

L'Italia chiamò.

 

Dall'Alpe a Sicilia

Dovunque è Legnano,

Ogn'uom di Ferruccio

 

Ha il core, ha la mano,

I bimbi d'Italia                 

Si chiaman Balilla,           

Il suon d'ogni squilla       

I Vespri suonò.               

 

Stringiamoci a coorte

Siam pronti alla

morte

L'Italia chiamò.

 

Son giunchi che piegano

Le spade vendute:

Già l'Aquila d'Austria

Le penne ha perdute.

 

Il sangue d'Italia,           

Il sangue Polacco,          

Bevé, col cosacco,          

Ma il cor le bruciò.          

 

Stringiamoci a coorte

Siam pronti alla

morte

L'Italia chiamò.

 

 

2 giugno, una giornata particolare

 

(9colonne Atg) ROMA - Il 2 giugno è il 153° giorno del Calendario Gregoriano (il 154° negli anni bisestili). Mancano 212 giorni alla fine dell'anno. E’ successo anche questo, il 2 giugno del...

455 - I vandali entrano a Roma, e saccheggiano la città per due settimane. Ripartiranno con tesori incalcolabili, spoglie del tempio di Gerusalemme portate a Roma da Tito, e con l'imperatrice Licinia Eudossia e le figlie Eudocia e Placidia

575 - Benedetto I diventa Papa

657 - Sant'Eugenio I diventa Papa

1751 - Papa Benedetto XIV pubblica la Lettera Enciclica “Magno cum animi”, sul divieto di celebrare la Messa in luoghi non autorizzati dal vescovo e nelle case private

1800 - Prima vaccinazione contro il vaiolo nel Nord America, a Trinity (Terranova)

1865 - Con la resa delle forze del generale Edmund Kirby Smith a Galveston (Texas), finisce la guerra di secessione americana

1886 - Il presidente Grover Cleveland sposa Frances Folsom nella Casa Bianca

1895 - Italia: si svolgono le elezioni politiche generali per la 19° legislatura

1897 - Mark Twain, rispondendo alle voci sulla sua morte, viene citato dal New York Journal per aver detto, "La notizia della mia morte è un'esagerazione"

1912 - Carl Laemmle fonda gli Universal Studios

1924 - Il governo degli Stati Uniti conferisce la cittadinanza a tutti i nativi Americani nati all'interno dei confini della nazione

1935 - Usa: Babe Ruth annuncia il suo ritiro dal baseball

1953 - Incoronazione della regina Elisabetta II del Regno Unito, la prima trasmessa per televisione

1954 - Il senatore statunitense Joseph McCarthy accusa che i comunisti si sono infiltrati nella Central Intelligence Agency

1965 - Guerra del Vietnam: il primo contingente di soldati combattenti australiani arriva nel Vietnam del Sud

1967 - Le proteste a Berlino Ovest, contro l'arrivo dello Scià dell'Iran, si tramutano in scontri, durante i quali il giovane Benno Ohnesorg viene ucciso da un agente di polizia. La sua morte porterà alla fondazione del gruppo terroristico Movimento del 2 giugno

1979 - Papa Giovanni Paolo II visita la sua natia Polonia, diventando il primo Papa a visitare una nazione comunista

1985 - Il Santo Padre Giovanni Paolo II pubblica la Lettera Enciclica “Slavorum Apostoli”, ai vescovi, ai sacerdoti, alle famiglie religiose a tutti i fedeli cristiani nel ricordo dell'opera evangelizzatrice dei Santi Cirillo e Metodio dopo undici secoli

1997 - Timothy McVeigh viene condannato per 15 capi di omicidio e cospirazione per il suo ruolo nell'Attentato di Oklahoma City all'Alfred P. Murrah Federal Building, nel 1995.

 

Nati il 2 giugno:

1740 - Marchese de Sade, scrittore (morto nel 1814)

1743 - Cagliostro, avventuriere, alchimista (1795)

1835 - Papa Pio X (1914)

1836 - Mily Balakirev, compositore (1910)

1840 - Thomas Hardy, poeta, romanziere (1928)

1857 - Edward Elgar, compositore (1934)

1881 - Vincenzo Amato, matematico italiano (1963)

1904 - Johnny Weissmuller, medaglia d'oro Olimpica nel nuoto, attore (1984)

1923 - Marc Riboud, fotografo francese

1941 - Charlie Watts, musicista rock (The Rolling Stones)

1943 - Crescenzio Sepe, cardinale

1945 - Rita Borsellino, politica italiana

1962 - Clyde Drexler, cestista

1989 - Freddy Adu, calciatore

 

Morti il 2 giugno:

1882 - Giuseppe Garibaldi, patriota italiano (nato nel 1807)

1901 - George Leslie Mackay, missionario

1916 - Carlo Bertolazzi, scrittore e commediografo italiano (1870)

1941 - Lou Gehrig, stella del baseball (1903)

1956 - Jean Hersholt, attore e filantropo

1959 - Lyda Borelli, attrice italiana (1884)

1970 - Bruce McLaren, pilota, progettista, produttore di auto da corsa (1937)

1970 - Giuseppe Ungaretti, poeta italiano (1888)

1981 - Rino Gaetano, cantautore italiano (1950)

1989 - Guido Agosti, pianista italiano (1901)

1990 - Rex Harrison, attore inglese (1908)

 

I santi del 2 giugno:

Santa Blandinallll, martire di Lione

Sant'Erasmo di Formia, vescovo e martire

Sant'Eugenio I, Papa

Santi Marcellino e Pietro, martiri

San Niceforo (Chiesa ortodossa)

San Nicola il Pellegrino