Riunione del 1 agosto 2001
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Narrativa a cura di  Luisa Gabbiani Flynn.
 
   La riunione del 1  agosto ha riportato a Italiano per piacere Benedict T. Viviano, OP, Ph.D., sacerdote domenicano e professore di studi biblici all'Università di Friebourg, Svizzera, il quale ogni anno trascorre parte delle sue vacanze estive nella sua nativa St. Louis dove viene a visitare la sorella Patty.  Il suo interessante discorso ci ha trasportati nella Sicilia della prima metà del 1200, quando regnava Federico II, imperatore del Sacro Romano Impero, un personaggio quasi leggendario nella storia italiana, glorificato da alcuni e vilificato da altri. Per trovare il testo completo del suo discorso, riportato interamente con qualche modificazione, cliccare qui.

  Durante la serata, dopo aver dato il benvenuto agli ospiti, Franco Giannotti ha letto la lettera inviata dal Console Generale d’Italia Enrico Granara in ringraziamento della generosa ospitalità data dalla comunità italiana a lui e al suo ospite, Walter Woolf, durante la sua visita a St. Louis per le festività del 2 giugno. 
   Il Console ha inoltre complimentato le associazioni aderenti alla iniziativa informativa di questo portale (www.ItalyStl.com) ormai diventato un punto di riferimento per tutti gli Italiani del Midwest, e oltre. 
   Di particolare rilievo è la collaborazione editoriale che porta in rete “La Rondine” dell’Italian Club of St. Louis ed i siti recentemente creati per il simpatico Walter Wolff e per gli avvenimenti del G8 a Genova.


Dopo un’ottima cena preparata con cura come sempre dai coniugi Gandolfo, la serata si è conclusa con la poesia La farfalla presentata dal suo autore, il nostro poeta locale, Dion.  Potete leggere la sua poesia qui a lato. 



 
Per gli appassionati di trivia, anche se completamente irrilevante, l'editore nota che il luogo di nascita di Federico II di Svevia, vedi articolo che segue, e` Aquisgrana, lo stesso del nostro ospite d'onore della riunione scorsa, Walter Wolff.

LA FARFALLA 
  Si agita e si posa
una bellissima farfalla
sotto un bicchiere
che inganna, avvilisce,
offende i suoi colori.
   La Verità è un dono,
uno spazio mentale,
e quel cupo bicchiere
ognuno muove in cerca
di luce o d'un riflesso 
che crei un'illusione.
   Un falso movimento
e la farfalla vola via,
mostrando tra l'unanime
stupore tutta la bellezza
dei suoi colori veri.
   La farfalla s'allontana
e ognuno già giudica
quei colori nel suo gergo,
nel senso del suo tempo
o del proprio tornaconto.
   Di tanta rara bellezza
quale miglior prova
dell'unanime stupore,
ma ognuno rincorre
la farfalla per farla
del suo dire testimone.
   La farfalla superiore
la verità porta 
con sè alta nel cielo,
e ognuno lì per terra
ancora a cercarla
tra grette abitudini
e cocciute convinzioni.
Dion
Federico II di Svevia, stupor mundi, genio premoderno

Nel 1956, all’età di 16 anni, quando ho visitato per la prima volta la cattedrale di Palermo insieme ai miei genitori, sono rimasto molto colpito dalle tombe dei quattro re normanni ma soprattutto dalla tomba di Federico II Hohenstaufen, re di Svevia.  Sulla tomba, imponente nella sua severa magnificenza, c’era una ghirlanda di fiori freschi con una inscrizione in tedesco.  Questo era il mio primo incontro con l’imperatore e fu un’esperienza indimenticabile.

Chi era quest’uomo eccezionale che aveva suscitato tanta ammirazione tra i suoi contemporanei?  Nato il 26 dicembre 1194 a Iesi, nelle Marche, Federico era il figlio di Enrico VI (figlio di Federico Barbarossa) e di Costanza d’Altavilla, l’ultima erede dei re Normanni.  All’età di quattro anni, dopo la morte di entrambi i genitori, fu incoronato a Palermo re di Sicilia sotto la reggenza del Papa Innocenzo III.  A 14 anni fu dichiarato maggiorenne e un anno dopo sposava Costanza d’Aragona, vedova del re d’Ungheria e di circa dieci anni più anziana di lui, che gli darà il primogenito Enrico (Enrico VII, re dei Romani).  Nel 1215 fu incoronato re di Germania ad Aquisgrana (ora Aachen), seguendo l’esempio di Carlo Magno, e nel 1220 fu incoronato imperatore del Sacro Romano Impero a Roma dal Papa Onorio III.

La conquista dei titoli era finita, ora restava la conquista del potere reale che cominciò con la sottomissione dei baroni ribelli in Sicilia.  Questo atto gli procurò la fama di essere al tempo stesso un amministratore efficace e un tiranno brutale e autocratico.  Queste due opinioni opposte resteranno con lui fino alla morte e lo seguiranno fino ad oggi. 
Dopo la Sicilia era it turno di Napoli, dove nel 1224 Federico, con la guida di Michele Scoto, astrologo, matematico, filosofo e diffusore delle teorie arabo-aristoteliche di Averroè, fondò la prima università laica di stato per educare i futuri giuristi dell’impero.  Tommaso d’Aquino ne sarà uno degli studenti più illustri.
Costanza morì nel 1222 e nel 1225 Federico sposò Isabella-Iolanda di Brienne, figlia del re di Gerusalemme, che gli portò in dote la corona di Gerusalemme.  La regina morì nel 1228 dando alla luce il figlio Corrado.  La sua terza moglie fu Isabella, sorella di Enrico III re d’Inghilterra, che gli darà un figlio anche lui chiamato Enrico.

In Germania la sua politica fu molto diversa.  Consapevole di non poter governare a distanza e preferendo vivere in Italia, elargì privilegi e una certa libertà ai principi, incoraggiando il nuovo ordine militare dei cavalieri teutonici e causando la debolezza del governo centrale che continuerà fino a Bismark.

Gli stati dell’Italia del nord, e soprattutto la Lombardia, ponevano un problema difficile a Federico:  erano importanti per proteggere le linee di comunicazione con la Germania ma erano gelosi della propria indipendenza; inoltre erano incoraggiati dalla chiesa a lottare contro il governo imperiale quando i Papi si accorsero che Federico II non rispettava più l’immunità degli stati pontifici.  In seguito dunque l’imperatore assediò le città di Vicenza, Cremona, Brescia, Ravenna, Faenza e Parma e invase lo stato pontificio.  L’invasione fu uno dei motivi per cui fu scomunicato parecchie volte.  Una lunga serie di campagne militari causò il suo indebolimento fisico e la sua morte prematura all’età di 55 anni il 13 dicembre 1250, a Castel Fiorentino, in Puglia.
Ancora non abbiamo discusso le molte imprese di Federico II, una delle quali è la crociata.  Il Papa aveva incoronato Federico a condizione che il nuovo imperatore reconquistasse la Terrasanta, ma Federico procrastinò a lungo e alla fine ruscì a riaprire i pellegrinaggi in Palestina non con la guerra ma per mezzo di trattative diplomatiche. 
Un altro successo fu la Costituzione di Melfi, codificazione dei diritti imperiali di grande importanza fatta con l’aiuto del grande giurista Pier delle Vigne.  Con la riduzione dell’ascendenza dei nobili feudali, la strada era preparata a un sistema di governo centralizzato e a un potere monarchico quasi assoluto.

Federico era di spirito pratico ma aveva molto interesse per la natura, gli animali, (soprattutto gli uccelli) e gli esperimenti biologici.  Il suo trattato De arte venandi cum avibus è uno studio di alto valore scientifico basato sulla sua osservazione.
Alla sua corte nacque, secondo Dante, la poesia vernacolare.  Là Pier delle Vigne scrisse il primo sonetto e Federico stesso scrisse delle liriche che ci sono pervenute.  In generale la corte di Palermo era un grande centro di cultura in ogni campo, dove fiorivano arte, filosofia, lo scambio di idee con i paesi arabi e dove ebbe luogo la traduzione di molti testi in lingua orientale.  Ne risultò una certa tolleranza anche religiosa fra latini, greci, ebrei e mussulmani che però era in conflitto con il carattere autocratico di Federico.
Il rapporto di Federico con la religione cristiana era molto difficile:  da un lato partecipò con devozione alla canonizzazione della cugina Elisabetta di Turingia, senza dubbio la più popolare di tutti i santi tedeschi, e condivise le idee di San Francesco d’Assisi per un ritorno alla povertà evangelica della chiesa.  Ma Federico voleva la povertà della chiesa per arricchire l’impero, cioé se stesso e di conseguenza questi suoi atteggiamenti lo portarono ad un conflitto amaro, anzi mortale, con la Santa Sede.  Dopo averlo scomunicato ben due volte, i Papi vollero distruggere definitivamente la dinastia sveva degli Hohenstaufen e sostituirla con un’altra.  Per alcuni decenni ci fu una guerra aperta tra il papato e l’impero, l’ultimo capitolo del lungo conflitto per le investiture.  Le due potenze usaro la propaganda, l’una denunciando Federico e l’altra denunciando il Papa come l’Anticristo.  Questa grave accusa fu usata nello stesso modo nei secoli seguenti; infatti, dopo la scomunica, Lutero la usò contro il Papa e ancor oggi viene usata negli ambienti fondamentalisti, con effetto dannoso ai rapporti amichevoli tra le chiese.

Uno degli aspetti più delicati di questo conflitto tra Federico e la chiesa riguarda il controllo dell’insegnamento della fede e la punizione degli eretici.  Federico voleva controllare il pensiero, l’insegnamento e la teologia e il Papa non poteva accettare una tale intromissione negli affari della chiesa.  Federico voleva che l’eresia fosse identificata con il tradimento, rendendola perciò punibile dallo stato.  Inoltre introdusse la pena capitale, cioè l’usanza tedesca di mettere al rogo gli eretici.  La chiesa non poteva accettare questa intromissione e insisteva nel diritto di controllare il processo degli eretici, dopo il quale avrebbe trasferito il condannato allo stato per la somministrazione della pena. 

E’ da qui che ha origine l’Inquisizione.  Oggi deploriamo questo triste capitolo nei rapporti tra la Chiesa e l’Impero, sopprattutto l’uso del segreto durante il processo, l’uso della tortura, la severità delle pene, il rogo, la confisca dei beni.  Tutto questo è lontano dallo spirito del Vangelo, ma posto nel contesto dell’epoca è più comprensibile anche se non scusabile.
Il lato crudele di Federico II viene rivelato nella sorte della sua famiglia.  Il primogenito, Enrico VII, re dei Romani, tentò una ribellione contro il padre, fu imprigionato e preferì il suicidio.  Il secondogenito, Corrado, morì di febbre all’età di 26 anni.  L’altro figlio Enrico fu assassinato a 15 anni.  Manfredi, figlio illegittimo e prediletto, morì nella battaglia di Benevento pochi anni dopo la morte del padre.  Dante ne parla nel terzo canto del Purgatorio:  “Biondo era e bello, e di gentil aspetto”  (v. 108) 
Dice Manfredi: 
“Orribil furon li peccati miei; 
ma la bontà infinita ha si gran braccia,
che prende ciò che si rivolge a lei.”  (vv. 121-123)
“Per lor maledizion sì non si perde
che non possa tornar l’etterno amore,
mentre che la speranza ha fior del verde.”  (vv. 133-135)

L’ultima speranza della dinastia e del partito ghibellino era il figlio di Corrado, il bel Corradino di Svevia.  Sconfitto nella battaglia di Tagliacozzo e preso prigioniero da Carlo d’Angiò, fu decapitato nel mercatodi Napoli. 
La Santa Sede intanto stava preparando altre tre dinastie per sostituire gli Hohenstaufen:  nell’Italia meridionale gli Angiovini, che dopo i Vespri Siciliani saranno rimpiazzati dagli Aragonesi;  e in Germania gli Asburghi, che continueranno a governare fino alla prima guerra mondiale.

Conclusione.
Nel ventesimo secolo la figura complessa e ambigua di Federico II è stata sfruttata dal biografo e politologo Ernst Hartwig Kantorowicz (1895-1963).  Membro del circolo poetico di Stephen George, la scuola letteraria dominante durante la Repubblica di Weimar (1918 – 1932), nel 1927 Kantorowicz pubblicò un’estesa biografia di Federico in due volumi che fu subito tradotta in inglese, italiano e francese.  In Germania ebbe grande successo e divenne il libro di storia più influente dell’epoca.  Il Federico di Kantorowicz è il padre del Rinascimento, il rivale di Alessandro Magno, colui che riportò alla luce i classici e contribuì immensamente allo spirito umano.  Secondo questa versione, Federico era di una forza primordiale, possedeva un’intelligenza superiore, era paragonabile a Cesare e Napoleone ed era tedesco fino al midollo.  Benché morto, continuava a vivere aspettando di redimere il popolo tedesco che non aveva capito la sua vera grandezza quasi divina.  Kantorowicz fece più che raccontare leggende medioevali:  il suo linguaggio, le sue iperboli, la sua imprecisione, la sua approvazione estatica comunicano un punto di vista molto tendenzioso, direi erotico, verso il suo personaggio e suggeriscono che egli credeva in queste leggende e le considerava verità profonde applicabili alla Germania sofferente della sua epoca.  La sua è storia come poesia politica dal “linguaggio ampolloso e isterico” (Peter Gay, Weimar Culture. NY:  Harper, 1968, pp.49-56).
La glorificazione di Federico in questa biografia come eroe amorale, forte e autocratico preparava l’intellighenzia tedesca ad accettare un simile leader e creerà la debolezza della la repubblica di Weimer con i risultati catastrofici che ben conosciamo.  Chi tocca Federico non scappa senza macchia.
Questo spiega l’interesse su Federico che continua nei nostri tempi e la ghirlanda fresca sulla sua tomba con l’iscrizione scritta in tedesco che ho visto durante la mia gioventù.

Benedict Thomas Viviano, O.P.
Università di Friebourg, Svizzera

Bibliografia breve:
Kantorowicz, E.H., New York: Ungar, 1957 reprint.  Frederick the Second, 1194 – 1250.
Van Cleve, T.C., The Emperor Frederick II of Hohnestaufen, Immutator Mundi.  Oxford: Clarendon, 1972.
Viviano, B.T., The Kingdom of God in History.  Collegeville, MN: Liturgical Press, 1988.