Anna DiPalma Amelung |
L'ars
amatoria di Ovidio
Alla riunione dell’1 ottobre
Anna Di Palma Amelung ci ha intrattenuti parlandoci dell’Ars amatoria di
Ovidio, ovvero l’arte della seduzione secondo il poeta augusteo.
Con l’umorismo che le è caratteristico, Anna ha accentuato l’aspetto
che ai nostri contemporanei può sembrare comico ma che all’epoca
di Augusto era considerato piccante e scabroso al punto da poter avere
causato la rovina del poeta, come la storia della sua vita sembra indicare.
Publio Ovidio
Nasone fu forse il più famoso poeta erotico dell’antica Roma.
Nato a Sulmona, in Abruzzo, nel 43 a.C., ricevette un’ottima educazione
prima nella città natale e poi a Roma e ad Atene, dove viaggiò
per studiare retorica; apparteneva a una famiglia agiata di ceto equestre,
il che gli aprì presto le porte dei migliori salotti letterari romani
come quello di Messalla Corvino, famosissimo mecenate dell’epoca.
Come altri letterati dell’età di Augusto, Ovidio non entrò
mai seriamente nella carriera forense e si dedicò invece alla vita
letteraria delle persone benestanti, godendo di quello che gli antichi
romani chiamavano otium, cioè il tempo libero da trascorrere sia
con amici sia nello studio o nella creazione poetica. |
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All’epoca
di Augusto le libertà repubblicane (e quindi anche quella di espressione)
erano molto limitate, e perciò la carriera politica non attirava
più la gioventù romana come aveva fatto un secolo prima.
Ovidio preferì dunque la vita mondana e superficiale delle classi
abbienti e la compagnia dei poeti nei circoli letterari. Ben presto
divenne famoso per i suoi componimenti erotici quali gli Amores, le Heroides,
e soprattutto l’Ars amatoria, l’Arte d’amare, composta tra l’1 a.C. e l’1
d.C. Altri componimenti in vena più seria sono le Metamorfosi,
famosi racconti mitologici di trasformazione, e i Fasti, una sorta di calendario
che descrive le origini di alcune celebrazioni festive dell’antica Roma.
Ovidio era
dunque famoso, amato e adulato. All’improvviso venne la rovina quando
nell’8 d.C. l’imperatore Augusto gli ordinò di andare in esilio
a Tomi, sul Mar Nero, nell’odierna Romania, a quel tempo considerata terra
barbara abitata da gente rozza e incolta. Per Ovidio fu una punizione
crudele. A poco più di cinquant’anni, il poeta dovette infatti
abbandonare casa, famiglia e patria e trasferirsi in una terra così
lontana e soprattutto priva di tutte quelle raffinatezze a cui il poeta
era ormai tanto abituato. Non sapremo mai i veri motivi che spinsero
l’imperatore ad allontanare Ovidio da Roma. Il poeta parla
nei Tristia di un carmen (una poesia o componimento poetico non ben precisato,
ma probabilmente si tratta dell’Ars amatoria) e di un error, un errore,
uno sbaglio o fallo da lui commesso (anche questo però non specificato)
che spinsero Augusto a raggiungere una decisione così drastica.
Si può
ipotizzare che Ovidio fosse al corrente di alcune relazioni illecite di
Giulia, nipote dell’imperatore, donna bella e spregiudicata che fu a sua
volta inviata in esilio. Certo è che l’Ars amatoria dispiacque
molto all’imperatore, che aveva appena varato una nuova legislazione in
materia matrimoniale (la lex iulia de adulteriis coercendis e la lex Papia
Poppaea). È chiaro che per Augusto il libro costituiva uno
scandalo, essendo un manuale di seduzione e di amori adulteri esattamente
contrari della politica morigerata e puritana che lui voleva fare accettare
alla spensierata società romana. |
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Il poema venne
immediatamente bandito dalle biblioteche pubbliche. Forse Ovidio
fu il proverbiale capro espiatorio punito da Augusto come istigatore della
decadenza e del libertinaggio. Ovidio stesso si rese conto della
licenziosità del suo libretto e per calmare l’imperatore affermò
che si trattava di un poemetto da poco, leggero e scherzoso, da non prendere
sul serio; e soprattutto, aggiunse Ovidio, il libretto era destinato non
alle donne oneste, le brave matrone romane tutte casa, tempio, e famiglia,
ma a quelle più spregiudicate, alle donnine di facili costumi, alle
“libertine”.
Ma a nulla
valsero le scuse. Ovidio visse a Tomi una decina d’anni e morì
nel 17 o 18 d.C., mai richiamato a Roma dall’imperatore. In esilio
compose i Tristia, una sorte di autobiografia struggente e malinconica,
dedicata ad Augusto, in cui il poeta implora il principe di farlo tornare
dai suoi, richiesta che però rimase sempre ignorata.
Il tempo però
portò ad Ovidio la ben meritata rivincita. Il poeta di Sulmona
godette di una fortuna immensa soprattutto durante il medioevo, quando
i suoi componimenti erotici vennero presi come esempi d’amore dai poeti
europei. Infatti Ovidio influenzò moltissimo tutta la produzione
poetica del tempo, dai romanzi di Chretien de Troyes, al Romanzo della
rosa e agli scritti d’Abelardo; dal “dolce stil nuovo” di Dante al Canzoniere
di Petrarca, dai Carmina Burana agli scritti di Milton. Si può dire
senza paura d’esagerare che è soprattutto grazie a lui che la poesia
amorosa europea si è pienamente sviluppata. |
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L’Ars amatoria è un manuale d’amore, anzi, è piuttosto una
parodia dell’Ars oratoria, il tradizionale manuale usato nelle scuole per
insegnare le regole della retorica. Il libro espone l’arte della
conquista amorosa in modo sistematico, come un vero e proprio manuale scolastico.
Il poeta si presenta scherzosamente come il maestro di un gioco, un lusus.
Infatti il componimento si chiude con l’espressione lusus habet finem,
cioè “il gioco è finito”. Si tratta quindi di un’opera
letteraria leggera e maliziosa, riservata agli uomini e alle donne che
vogliono istruirsi nell’arte della seduzione, come si impara un gioco divertente
e completamente innocuo. Le donne oneste e sposate, e le ragazze
di buona famiglia devono perciò astenersi da questa lettura e non
occuparsi di trame amorose che certo non si addicono a loro.
La seduzione
non è naturale, ma piuttosto è un’arte, un’ ars, cioè
un artificio, e come tale si può e si deve imparare. Ci sono
regole precise come in un gioco, ma questo è un gioco che non si
rivela mai pericoloso o crudele perché tutti i partecipanti sono
pienamente coscienti delle regole che lo governano. Infatti non si
tratta mai di sedurre una giovane innocente o un’onesta matrona, oppure
di abbindolare una donna casta e pura. Si tratta invece di divertirsi
con una bella etera (la “libertina”) che ha già esperienza essendo
una donna di facili costumi. Anche lei si divertirà perché
saprà applicare le regole del gioco. |
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I primi due libri dell’Ars amatoria sono dedicati ai giovani romani che,
non avendo altro da fare, trascorrono le loro pigre giornate fra divertimenti
e passatempi amorosi; frivolezza questa che è ben lontana dalla
severità e la virilità che costituivano l’ideale augusteo.
Il grande successo riscosso da questi due libri spinse Ovidio a scriverne
un terzo, questa volta dedicato alle donne, in cui rivela i metodi più
efficaci per conquistare un uomo. Quindi l’Ars amatoria è
in realtà molto più di un manuale galante; è un ritratto
piacevole e brillante della vita dei ceti abbienti, di quelle classi agiate
della società augustea che cercavano il piacere lontano dal tradizionalismo
propugnato da Augusto. Mentre l’imperatore si affannava a moralizzare
e a restaurare l’idea della famiglia patriarcale romana (“quella
di una volta”, per intenderci), Ovidio e tutta una generazione dissipata
si divertivano invece con amori adulteri e lascivi.
Parodiando
(e quindi svalutando) la vita militare su cui il potere romano era fondato,
e sostenendo uno stile di vita indolente e peccaminoso, il poeta finì
per inserirsi in un filone letterario e mondano diametralmente opposto
alla dignità della Roma repubblicana fondata sul rispetto del mos
maiorum. La reazione di Augusto e la punizione che inflisse al poeta
di Sulmona furono crudeli ma non certo ingiustificate.
La riunione
si è conclusa con un entusiasta applauso per la brava presentatrice,
che come sempre riesce a combinare in modo perfetto il piacere con l’insegnamento.
Anna Di Palma
Amelung è la Presidente del Classical Club e insegna latino e francese
alla University City High School. |
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