Riunione del 1 ottobre 2003
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per ingrandirle - Selezionate "Riunioni" per ritornare all'indice delle riunioni. Narrativa a cura di Luisa Gabbiani Flynn.

Anna DiPalma Amelung
   L'ars amatoria di Ovidio

Alla riunione dell’1 ottobre Anna Di Palma Amelung ci ha intrattenuti parlandoci dell’Ars amatoria di Ovidio, ovvero l’arte della seduzione secondo il poeta augusteo.  Con l’umorismo che le è caratteristico, Anna ha accentuato l’aspetto che ai nostri contemporanei può sembrare comico ma che all’epoca di Augusto era considerato piccante e scabroso al punto da poter avere causato la rovina del poeta, come la storia della sua vita sembra indicare. 
   Publio Ovidio Nasone fu forse il più famoso poeta erotico dell’antica Roma.  Nato a Sulmona, in Abruzzo, nel 43 a.C., ricevette un’ottima educazione prima nella città natale e poi a Roma e ad Atene, dove viaggiò per studiare retorica; apparteneva a una famiglia agiata di ceto equestre, il che gli aprì presto le porte dei migliori salotti letterari romani come quello di Messalla Corvino, famosissimo mecenate dell’epoca.  Come altri letterati dell’età di Augusto, Ovidio non entrò mai seriamente nella carriera forense e si dedicò invece alla vita letteraria delle persone benestanti, godendo di quello che gli antichi romani chiamavano otium, cioè il tempo libero da trascorrere sia con amici sia nello studio o nella creazione poetica.

   All’epoca di Augusto le libertà repubblicane (e quindi anche quella di espressione) erano molto limitate, e perciò la carriera politica non attirava più la gioventù romana come aveva fatto un secolo prima.  Ovidio preferì dunque la vita mondana e superficiale delle classi abbienti e la compagnia dei poeti nei circoli letterari.  Ben presto divenne famoso per i suoi componimenti erotici quali gli Amores, le Heroides, e soprattutto l’Ars amatoria, l’Arte d’amare, composta tra l’1 a.C. e l’1 d.C.  Altri componimenti in vena più seria sono le Metamorfosi, famosi racconti mitologici di trasformazione, e i Fasti, una sorta di calendario che descrive le origini di alcune celebrazioni festive dell’antica Roma.
   Ovidio era dunque famoso, amato e adulato.  All’improvviso venne la rovina quando nell’8 d.C. l’imperatore Augusto gli ordinò di andare in esilio a Tomi, sul Mar Nero, nell’odierna Romania, a quel tempo considerata terra barbara abitata da gente rozza e incolta.  Per Ovidio fu una punizione crudele.  A poco più di cinquant’anni, il poeta dovette infatti abbandonare casa, famiglia e patria e trasferirsi in una terra così lontana e soprattutto priva di tutte quelle raffinatezze a cui il poeta era ormai tanto abituato.  Non sapremo mai i veri motivi che spinsero l’imperatore ad allontanare Ovidio da Roma.   Il poeta parla nei Tristia di un carmen (una poesia o componimento poetico non ben precisato, ma probabilmente si tratta dell’Ars amatoria) e di un error, un errore, uno sbaglio o fallo da lui commesso (anche questo però non specificato) che spinsero Augusto a raggiungere una decisione così drastica.
   Si può ipotizzare che Ovidio fosse al corrente di alcune relazioni illecite di Giulia, nipote dell’imperatore, donna bella e spregiudicata che fu a sua volta inviata in esilio.  Certo è che l’Ars amatoria dispiacque molto all’imperatore, che aveva appena varato una nuova legislazione in materia matrimoniale (la lex iulia de adulteriis coercendis e la lex Papia Poppaea).  È chiaro che per Augusto il libro costituiva uno scandalo, essendo un manuale di seduzione e di amori adulteri esattamente contrari della politica morigerata e puritana che lui voleva fare accettare alla spensierata società romana. 


Il poema venne immediatamente bandito dalle biblioteche pubbliche.  Forse Ovidio fu il proverbiale capro espiatorio punito da Augusto come istigatore della decadenza e del libertinaggio.  Ovidio stesso si rese conto della licenziosità del suo libretto e per calmare l’imperatore affermò che si trattava di un poemetto da poco, leggero e scherzoso, da non prendere sul serio; e soprattutto, aggiunse Ovidio, il libretto era destinato non alle donne oneste, le brave matrone romane tutte casa, tempio, e famiglia, ma a quelle più spregiudicate, alle donnine di facili costumi, alle “libertine”.
   Ma a nulla valsero le scuse.  Ovidio visse a Tomi una decina d’anni e morì nel 17 o 18 d.C., mai richiamato a Roma dall’imperatore.  In esilio compose i Tristia, una sorte di autobiografia struggente e malinconica, dedicata ad Augusto, in cui il poeta implora il principe di farlo tornare dai suoi, richiesta che però rimase sempre ignorata.
   Il tempo però portò ad Ovidio la ben meritata rivincita.  Il poeta di Sulmona godette di una fortuna immensa soprattutto durante il medioevo, quando i suoi componimenti erotici vennero presi come esempi d’amore dai poeti europei.  Infatti Ovidio influenzò moltissimo tutta la produzione poetica del tempo, dai romanzi di Chretien de Troyes, al Romanzo della rosa e agli scritti d’Abelardo; dal “dolce stil nuovo” di Dante al Canzoniere di Petrarca, dai Carmina Burana agli scritti di Milton. Si può dire senza paura d’esagerare che è soprattutto grazie a lui che la poesia amorosa europea si è pienamente sviluppata.


   L’Ars amatoria è un manuale d’amore, anzi, è piuttosto una parodia dell’Ars oratoria, il tradizionale manuale usato nelle scuole per insegnare le regole della retorica.  Il libro espone l’arte della conquista amorosa in modo sistematico, come un vero e proprio manuale scolastico.  Il poeta si presenta scherzosamente come il maestro di un gioco, un lusus.  Infatti il componimento si chiude con l’espressione lusus habet finem, cioè “il gioco è finito”.  Si tratta quindi di un’opera letteraria leggera e maliziosa, riservata agli uomini e alle donne che vogliono istruirsi nell’arte della seduzione, come si impara un gioco divertente e completamente innocuo.  Le donne oneste e sposate, e le ragazze di buona famiglia devono perciò astenersi da questa lettura e non occuparsi di trame amorose che certo non si addicono a loro.
   La seduzione non è naturale, ma piuttosto è un’arte, un’ ars,  cioè un artificio, e come tale si può e si deve imparare.  Ci sono regole precise come in un gioco, ma questo è un gioco che non si rivela mai pericoloso o crudele perché tutti i partecipanti sono pienamente coscienti delle regole che lo governano.  Infatti non si tratta mai di sedurre una giovane innocente o un’onesta matrona, oppure di abbindolare una donna casta e pura.  Si tratta invece di divertirsi con una bella etera (la “libertina”) che ha già esperienza essendo una donna di facili costumi.  Anche lei si divertirà perché saprà applicare le regole del gioco. 
   I primi due libri dell’Ars amatoria sono dedicati ai giovani romani che, non avendo altro da fare, trascorrono le loro pigre giornate fra divertimenti e passatempi amorosi; frivolezza questa che è ben lontana dalla severità e la virilità che costituivano l’ideale augusteo.  Il grande successo riscosso da questi due libri spinse Ovidio a scriverne un terzo, questa volta dedicato alle donne, in cui rivela i metodi più efficaci per conquistare un uomo.  Quindi l’Ars amatoria è in realtà molto più di un manuale galante; è un ritratto piacevole e brillante della vita dei ceti abbienti, di quelle classi agiate della società augustea che cercavano il piacere lontano dal tradizionalismo propugnato da Augusto.  Mentre l’imperatore si affannava a moralizzare e a restaurare l’idea della  famiglia patriarcale romana (“quella di una volta”, per intenderci), Ovidio e tutta una generazione dissipata si divertivano invece con amori adulteri e lascivi. 
   Parodiando (e quindi svalutando) la vita militare su cui il potere romano era fondato, e sostenendo uno stile di vita indolente e peccaminoso, il poeta finì per inserirsi in un filone letterario e mondano diametralmente opposto alla dignità della Roma repubblicana fondata sul rispetto del mos maiorum.  La reazione di Augusto e la punizione che inflisse al poeta di Sulmona furono crudeli ma non certo ingiustificate. 
   La riunione si è conclusa con un entusiasta applauso per la brava presentatrice, che come sempre riesce a combinare in modo perfetto il piacere con l’insegnamento.
   Anna Di Palma Amelung è la Presidente del Classical Club e insegna latino e francese alla University City High School.
 
 
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