Riunione
del 3 febbraio 2010
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Anna Di
Palma Amelung
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“Le donne nell’Italia
fascista”
Con Anna Di Palma Amelung
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Che si potessero incontrare persone
di elevato lignaggio culturale alle riunioni di “Italiano per piacere”,
lo avevo già capito e questa sera la dott.ssa Amelung ne ha
dato ampia conferma.
Grazie alla competenza e alla preparazione
nell'esporre i risultati della propria ricerca, è riuscita non solo
a guidare sapientemente anche chi, come me, per scarsa familiarità
con l’argomento, avrebbe potuto facilmente arenarsi ma è stata altrettanto
abile nel monopolizzare per quasi due ore l'attenzione dei presenti con
la sua tagliente ironia.
L'incipit del discorso, sottolineato
dalla foto di un manifesto che mostra il volto ieratico di Mussolini circondato
da una miriade di “si” (1934), condensa i punti sui quali verterà
l'esposizione: paura del matriarcato da parte del regime e conseguenti
misure repressive nei confronti della donna, ossessiva propaganda per l'incremento
delle nascite e allo stesso tempo impulso a definire i limiti etici della
donna fascista ideale.
La dott.ssa Amelung mette in risalto
quella che, secondo il suo parere, è stata una contraddizione in
termini nel ventennio fascista: il duplice tentativo, cioè, di dimostrare
anche scientificamente l'inferiorità della donna e, allo stesso
tempo, la necessità di sottolinearne il valore procreativo in quanto
depositaria dei caratteri della razza; di qui l'esigenza di trovarle una
collocazione sociale, seguendo i dettami di una ideologia tutta al maschile. |
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Per chiarire il concetto, la dottoressa
propone efficacemente le contrastanti rappresentazioni della donna nelle
foto dell'epoca: la tipica donna italiana sposa e madre prolifica con il
costume regionale e cestino con galletto ruspante e la foto patinata di
Isa Miranda; la donna ideale dunque, secondo la propaganda di regime, avrebbe
dovuto riconoscersi in entrambe le immagini, senza possibilità di
scelta tra l'una o l'altra, proponendo un mix improbabile di aspetti
moderni e conservatori al tempo stesso. |
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Felice è risultata poi la
comparazione, in corso di argomentazione, tra l'identità anagrafica
della popolana Irma B. “atta a casa” , come riportato dal proprio documento
di riconoscimento, e le identità mondane della principessa Maria
José e di Edda, donne evolute e moderne (Maria José fu definita
“l'unico uomo di casa Savoia”) ma altrettanto anonime sul piano politico
e quindi più frustrate: non contano né le donne ricche né
le contadine.
La donna dunque è un affare
di stato e in questo senso va letto, secondo la dott.ssa Amelung, il controllo
che lo stato attua su ogni aspetto della |
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sfera femminile, dalla definizione
del corpo femminile ideale data dallo studioso di regime Pende, alla creazione
delle associazioni fasciste nelle quali si definiva l'identità sociale
della donna, alla ingerenza totale del regime nella gestione del sesso
illecito, della prostituzione. La donna esiste come individuo dotato di
parziale dignità solo e in quanto al servizio dello Stato, al di
fuori, non è ammissibile concederle spazio per alcuna affermazione
personale.
Le valutazioni storiche sono poi
confluite nell'analisi degli aspetti della vita reale femminile sottolineando
quanto fossero distanti dalla propaganda di regime. Le donne in realtà,
non potevano rimanere a casa, erano costrette a lavorare per sfamare i
figli tanto che non si riuscì comunque a contrastare il calo delle
nascite, le donne preferivano non avere figli proprio per la scarsa disponibilità
di mezzi di sussistenza.
L'esposizione frizzante della dottoressa
si è conclusa, dopo una digressione esilarante sui metodi contraccettivi
dell'epoca, attirando un lungo e meritato applauso. |
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