Riunione del 6 ottobre 2010
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Dott.ssa Elizabeth Bernhardt
“Genevra Sforza Bentivoglio tra fatti e leggende: Varie storie di una donna bolognese del Quattrocento”
con Elizabeth Bernhardt

La nuova stagione di IPP è iniziata con una vivacissima conferenza tenuta dalla prof.ssa Elizabeth Bernhardt per tema Genevra Sforza Bentivoglio tra fatti e leggende: Varie storie di una donna bolognese del Quattrocento.

Presentato con fervore da una giovanissima storica l’argomento non poteva limitarsi ad essere il mero racconto di una vita, ancorché di donna, nella Bologna quattrocentesca! E, infatti, non siamo stati delusi, ma subito informati della posta in gioco: confutare, alla luce di nuove fonti, il giudizio negativo della storia su questo personaggio femminile!

Questa rilettura della storia è stata interessante perché ha permesso una riflessione sempre attuale sulla questione femminile che, oltre a guardare al futuro, questa volta, ci ha permesso di correggere il passato.

Conoscendo la misoginia della storia, la ricerca della dott.ssa Bernhardt, parte da un’intuizione coraggiosa! Si domanda se veramente questa donna abbia avvelenato il primo marito e sia stata all’origine della caduta dei Bentivoglio, fornendo pretesto  agli storici della signoria bentivolesca di presentarla troppo “comodamente”, quale capro espiatorio oppure se siamo nuovamente in balia di una storiografia virile che, troppo facilmente, parla di figure femminili stereotipate  (la cortigiana, la strega, la pazza...).

Ricordiamo che nel Medio Evo ha origine l’accettazione della donna quale essere malvagio e che, fino al Quattrocento, sono poche le figure femminili presenti nella storia degli uomini, fatta eccezione per le figure delle grandi mistiche e delle regine spesso catalogate, perfino loro, secondo pregiudizi di tipo maschilista. Viene da domandarsi dove fosse nascosta nel Medioevo l’altra metà dell’umanità.

Dopo avere ricordato, citando Burckhart, il mutamento spirituale del Rinascimento, ovvero la nuova interpretazione dell’uomo unico artefice del proprio destino grazie a “virtù” e “fortuna”, siamo passati alle vicende dei Bentivoglio, potenza quasi assolutistica di una famiglia che governerà la città di Bologna per più di 50 anni. Una potenza non solo politica ma economica, in linea con il mutamento delle città diventate ricchi centri di commercio, luoghi della finanza, della proprietà terriera e dei beni immobili. La ricchezza dei Bentivoglio era tale da stimolare l’economia della città, commissionare opere a artisti e artigiani, rinnovando così l’immagine architettonica della città senza tuttavia alterarne l’impianto urbanistico medievale.

La storia di Genevra Sforza Bentivoglio, entrata a pieno titolo nella storia della Bologna quattrocentesca, rivela tutte le problematiche legate alla storia della donna rievocando la Querelle des femmes, un dibattito che pervase molti secoli, toccando persino l’accademia, in cui si scontrarono argomentazioni denigranti e diffamatorie nei loro confronti per stabilire se possedessero un’anima!

É stata rievocata la donna del Rinascimento, oggetto di desiderio in letteratura, esaltata nell’arte, ma senza diritti giuridici, al più le cortigiane potevano godere di “licenza” ma non di libertà.  Sicuramente è la ragione per cui Genevra non restò vedova dopo la morte del marito e si risposò immediatamente (per amore?) con Giovanni II Bentivoglio.

 
La tempestività di questo matrimonio illuminò negativamente il suo vissuto passato, sollevando nei suoi confronti domande ancora oggi plausibili per donne nella stessa situazione. Ci si domandava ancora se i due fossero stati già amanti e se lei avesse ucciso il marito.

É stata  rievocata la donna del Rinascimento e il suo rapporto con il potere: Genevra si servì del suo statuto maritale e dell’essere madre per esercitare il proprio potere. Dopo avere dato al casato una ricca discendenza, ben diciotto figli, partecipa al calcolo politico ed economico legando casati grazie ai matrimoni dei figli, perpetrando cosi la tradizione delle alleanze, degli equilibri e della negoziazione. Questa “diplomazia al femminile” nelle incerte vicende delle signorie era sicuramente vista come autoritario esercizio di potere: talvolta serviva a sedare spietatamente contese e congiure (Malvezzi) ma, oltre ad essere un calcolo politico, era soprattutto una modalità per rafforzare il potere economico. Infatti, moltiplicare i matrimoni significava moltiplicare palazzi e possedimenti terrieri e lei, come tutti i potenti di quel periodo, amava la ricchezza e la considerava necessaria a proteggere e favorire le arti, godendo della loro bellezza nella vita quotidiana. É emblematico il racconto delle vicende del palazzo Bentivoglio  associato all’ascesa e alla caduta della famiglia, tanto da materializzarsi nel toponimo il  guasto dei Bentivoglio, oggi nome di una via, e forse un monito al potere di sempre. 

   
É stato evocato il tema dell’alterità: Genevra era due volte “altra” era donna e straniera; e poiché  originaria di Pesaro, era estranea alla città di Bologna ciò era sufficiente per considerarla  una nemica!  Le vicende storiche parlano da sole: il giorno del suo matrimonio, pur sposando il più potente dei signori del senato bolognese, Sante Bentivoglio, le porte di San Petronio restarono chiuse. Un esordio ricco di conseguenze! Ancora oggi perdurano, nelle cronache e nella storia del mondo, manifestazioni della paura dell’altro e la strumentalizzazione dell’ideologia che perpetra tale sentimento. 

Ancora, Elizabeth Bernhardt ha illustrato un aspetto significativo della condizione femminile: la trasgressione manifestatasi nell’amicizia con Gentile Budriolo, considerata una donna “pericolosa” che aspirò  alla conoscenza, contro il parere dell’accademia. Fu guaritrice, fine conoscitrice delle virtù terapeutiche delle erbe, un medico senza laurea  perché, per secoli le donne , “medici del popolo” erano chiamate  sagge (di qui deriva la parola francese sage-femme cioè levatrice) ma, il suo interesse per le scienze non fu solo pragmatico ma anche speculativo, si è interessata anche di astrologia. Gentile sarà inquisita, accusata di stregoneria e bruciata in Piazza Maggiore; eppure era moglie di un notabile e amica di Genevra. É interessante chiedersi di quale potere godesse Genevra che non poté difendere la propria amica. Chi deteneva il potere? 

   
Un Rinascimento che guardò al progresso ma, con il volto oscurantista e arcaico della repressione religiosa e dell’egemonia culturale maschile. Non a caso le femministe italiane degli anni ’70 grideranno “tremate, tremate le streghe son tornate” usando questa auto definizione per dare forza alle loro rivendicazioni e bisognerà attendere gli anni ’90 perché, in alcuni atenei italiani (Verona in particolare), la questione femminile faccia il suo ingresso nel mondo accademico!

La traccia proposta dalla ricerca della dott.ssa Bernhardt ha dimostrato come l’intuizione corredata dalla ricerca di documenti (fonti storiche fino ad oggi inesplorate, archivi non ancora visitati, un’attenta  lettura della  ritrattistica  dell’epoca e una precisa e appassionata conoscenza del territorio) possa promuovere un metodo storico ricco di approcci molteplici, partendo dalla comprensione della mentalità e delle regole sociali.

Questo metodo sperimentale confuta giudizi frettolosi e, illuminando di nuova luce la conoscenza delle società passate, può servire per leggere la storia dei soggetti deboli, anche della nostra società contemporanea, con meno fretta e meno pregiudizi.  

 Narrativa di Marielle Molon
Fotografie di Gaudio Delle Cese

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