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Anna Di
Palma Amelung
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“Donne, amori, scandali
e potere nell’età di Cesare e Augusto”
Con Anna Di Palma Amelung
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Nell’antica Roma il dovere principale
della domina (ovvero la donna sposata) era la cura della casa. Le epigrafi
descrivono le sue doti tradizionali: “pudica, lanifica, domiseda,
frugi [economa], pia, casta”. Nell’età repubblicana la donna
cominciò a godere di una certa autonomia che le permise di diventare
una consigliera del marito. Fra i molti esempi ricorderemo soprattutto
Cornelia, madre dei Gracchi: onesta, fedele, patriottica e laboriosa, si
occupò della casa e soprattutto dell’educazione dei figli Tiberio
e Caio.
Durante il I secolo a.C. si nota
un vero e proprio “terremoto” sociale. Giulio Cesare può considerarsi
come un modello eccellente di questo nuovo modo di vita, con mogli, divorzi,
e amanti di ambo i sessi. È la società ricca e corrotta che
i grandi poeti erotici Catullo ed Ovidio descrivono con verve, malizia,
ed arguzia. E come al solito ci sono sempre coloro che rimpiangono la scomparsa
delle “vere donne romane”, le donne “di una volta”. Non più dipendenti
completamente dal pater familias, nell’età di Cesare le donne potevano
mantenere il loro patrimonio. Alti livelli di istruzione permisero
loro di esibire intelligenza e cultura. |
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A ciò si aggiunga
il diritto di divertirsi al mare, soprattutto a Baia che era considerata
un luogo corrotto dove le donne si lasciavano facilmente sedurre: “A Baia
una donna arriva come una Penelope e ne riparte come un’Elena” (Marziale).
“Piaceri, amori adulteri, spiagge, banchetti, orge, canti, concerti e gite
in barca!” aggiunge Cicerone scandalizzato.
Le donne di Cesare furono molte e
due devono essere ricordate: Sempronia e Servilia. Benché diverse
esse avevano in comune la spregiudicatezza e un’attitudine molto diversa
da quella all’antica della famosa madre dei Gracchi. Di Sempronia Sallustio
ci ha lasciato un ritratto abbastanza dettagliato, che ci mostra una donna
ricca e intelligente, che suonava “la cetra e danzava con movenze più
sinuose di quanto si addica a una donna virtuosa”. Servilia e Cesare ebbero
una relazione adulterina che fu lunga e scandalosa: si amarono tutta la
vita e il dittatore non risparmiò mai regali quali una perla del
valore di sei milioni di sesterzi, ville, palazzi, e proprietà terriere.
L’erede di Cesare fu il nipote Ottaviano.
Gracile e malaticcio, il giovane aveva un bel volto classico dai lineamenti
fini e delicati, e in terze nozze sposò Livia. Il loro matrimonio
fu lungo e felice e durò ben 53 anni, ma non produsse mai il tanto
desiderato erede maschio. Livia era una donna colta, paziente, intelligente,
modesta e discreta, e presto divenne l’esempio della sposa fedele e casta,
devota alla casa, al marito, e alla famiglia, modello per tutte le romane.
Livia “first lady” di Roma rappresentò tutte le antiche virtù
femminili e domestiche che Augusto voleva far rivivere nella Roma moderna.
Marco Antonio fu il più virile
e chiacchierato dei generali e uomini politici di quei tempi, e sembra
che scegliesse le sue donne fra le più spregiudicate di Roma, dalla
prima moglie Fadia, una liberta, alla cugina Antonia, alla terza moglie
Fulvia, una vera virago che ebbe l’onore di essere la prima donna ritratta
su una moneta romana. Dopo la morte di Fulvia Marco Antonio sposò
Ottavia, sorella di Ottaviano, donna all’antica, onesta, modesta, e fedele,
insomma il tipo di donna un po’ bacchettona che non piaceva proprio ad
Antonio.
L’ultima moglie di Antonio fu Cleopatra.
L’affascinante regina si avvalse del suo aiuto per consolidare le sue ambizioni
politiche e dominare l’oriente mediterraneo. La tragica fine della
vicenda è ormai famosa: il doppio suicidio degli amanti terminò
la guerra civile, ma segnò anche la fine della repubblica romana.
Ottaviano, ormai rimasto padrone di Roma, diventò il primo imperatore
dopo la battaglia di Azio del 31 a.C.
La morte della repubblica segna anche
la fine di tutta un’epoca di libertà politiche e sociali.
Dopo il terremoto causato dalle guerre civili subentra la pace, la famosa
pax romana dell’epoca di Augusto. L’imperatore, ipocritamente morigerato,
vorrebbe che tutta Roma tornasse ai tempi che Berta (o Cornelia) filava...
ed emana la nuova legge Iulia de adulteriis coercendis (18 a.C.) la quale
stabilisce che gli adulteri possono essere condannati all'esilio. Augusto
credeva così di aver trovato la pace, ma doveva presto fare i conti
con le scappatelle della figlia Guilia, che si prese come amante (fra tanti
altri!) uno dei figli di Marco Antonio e Fulvia... L’imperatore, disperato,
disse un giorno: “Vorrei essere senza moglie, o essere morto senza figli.”
E a volte viene voglia di rispondergli: “E ben ti sta”. |
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