Riunione del 2 febbraio 2011
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Anna Di Palma Amelung
“Donne, amori, scandali e potere nell’età di Cesare e Augusto”

Con Anna Di Palma Amelung

Nell’antica Roma il dovere principale della domina (ovvero la donna sposata) era la cura della casa. Le epigrafi descrivono le sue doti tradizionali:  “pudica, lanifica, domiseda, frugi [economa], pia, casta”.  Nell’età repubblicana la donna cominciò a godere di una certa autonomia che le permise di diventare una consigliera del marito. Fra i molti esempi ricorderemo soprattutto Cornelia, madre dei Gracchi: onesta, fedele, patriottica e laboriosa, si occupò della casa e soprattutto dell’educazione dei figli Tiberio e Caio.
Durante il I secolo a.C. si nota un vero e proprio “terremoto” sociale. Giulio Cesare può considerarsi come un modello eccellente di questo nuovo modo di vita, con mogli, divorzi, e amanti di ambo i sessi. È la società ricca e corrotta che i grandi poeti erotici Catullo ed Ovidio descrivono con verve, malizia, ed arguzia. E come al solito ci sono sempre coloro che rimpiangono la scomparsa delle “vere donne romane”, le donne “di una volta”. Non più dipendenti completamente dal pater familias, nell’età di Cesare le donne potevano mantenere il loro patrimonio.  Alti livelli di istruzione permisero loro di esibire intelligenza e cultura. 
A ciò si aggiunga il diritto di divertirsi al mare, soprattutto a Baia che era considerata un luogo corrotto dove le donne si lasciavano facilmente sedurre: “A Baia una donna arriva come una Penelope e ne riparte come un’Elena” (Marziale). “Piaceri, amori adulteri, spiagge, banchetti, orge, canti, concerti e gite in barca!” aggiunge Cicerone scandalizzato.

Le donne di Cesare furono molte e due devono essere ricordate: Sempronia e Servilia. Benché diverse esse avevano in comune la spregiudicatezza e un’attitudine molto diversa da quella all’antica della famosa madre dei Gracchi. Di Sempronia Sallustio ci ha lasciato un ritratto abbastanza dettagliato, che ci mostra una donna ricca e intelligente, che suonava “la cetra e danzava con movenze più sinuose di quanto si addica a una donna virtuosa”. Servilia e Cesare ebbero una relazione adulterina che fu lunga e scandalosa: si amarono tutta la vita e il dittatore non risparmiò mai regali quali una perla del valore di sei milioni di sesterzi, ville, palazzi, e proprietà terriere.

L’erede di Cesare fu il nipote Ottaviano.  Gracile e malaticcio, il giovane aveva un bel volto classico dai lineamenti fini e delicati, e in terze nozze sposò Livia. Il loro matrimonio fu lungo e felice e durò ben 53 anni, ma non produsse mai il tanto desiderato erede maschio. Livia era una donna colta, paziente, intelligente, modesta e discreta, e presto divenne l’esempio della sposa fedele e casta, devota alla casa, al marito, e alla famiglia, modello per tutte le romane.  Livia “first lady” di Roma rappresentò tutte le antiche virtù femminili e domestiche che Augusto voleva far rivivere nella Roma moderna. 

Marco Antonio fu il più virile e chiacchierato dei generali e uomini politici di quei tempi, e sembra che scegliesse le sue donne fra le più spregiudicate di Roma, dalla prima moglie Fadia, una liberta, alla cugina Antonia, alla terza moglie Fulvia, una vera virago che ebbe l’onore di essere la prima donna ritratta su una moneta romana. Dopo la morte di Fulvia Marco Antonio sposò Ottavia, sorella di Ottaviano, donna all’antica, onesta, modesta, e fedele, insomma il tipo di donna un po’ bacchettona che non piaceva proprio ad Antonio. 

L’ultima moglie di Antonio fu Cleopatra. L’affascinante regina si avvalse del suo aiuto per consolidare le sue ambizioni politiche e dominare l’oriente mediterraneo.  La tragica fine della vicenda è ormai famosa: il doppio suicidio degli amanti terminò la guerra civile, ma segnò anche la fine della repubblica romana.  Ottaviano, ormai rimasto padrone di Roma, diventò il primo imperatore dopo la battaglia di Azio del 31 a.C. 

La morte della repubblica segna anche la fine di tutta un’epoca di libertà politiche e sociali.  Dopo il terremoto causato dalle guerre civili subentra la pace, la famosa pax romana dell’epoca di Augusto.  L’imperatore, ipocritamente morigerato, vorrebbe che tutta Roma tornasse ai tempi che Berta (o Cornelia) filava... ed emana la nuova legge Iulia de adulteriis coercendis (18 a.C.) la quale stabilisce che gli adulteri possono essere condannati all'esilio. Augusto credeva così di aver trovato la pace, ma doveva presto fare i conti con le scappatelle della figlia Guilia, che si prese come amante (fra tanti altri!) uno dei figli di Marco Antonio e Fulvia... L’imperatore, disperato, disse un giorno: “Vorrei essere senza moglie, o essere morto senza figli.” E a volte viene voglia di rispondergli: “E ben ti sta”.

 
 
     
 
 
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