ROMA - L'ITALIA divisa dal voto regionale
si ricuce nel segno della storia nazionale. Riapre oggi, dopo più
di vent'anni, il Museo Centrale del Risorgimento, al Vittoriano, dove la
retorica dell'altare della patria fa posto a grandi mostre (come quella
di Monet).
Dal 1979 non veniva aperto al pubblico, se non per particolari ricorrenze
storiche (l'anno scorso con un'esposizione dedicata ai centocinquant'anni
della Repubblica Romana).
Oggi, dunque, alle 12,45 - presente il sindaco Francesco Rutelli, che
ha inserito l'inaugurazione fra le cerimonie del Natale di Roma - si riaprono
le sale che, al secondo piano, ospitano la collezione d'arte. L'agibilità
dell'intero museo risorgimentale è prevista per l'anno prossimo.
La collezione artistica comprende disegni, dipinti e sculture mai presentati
al pubblico, finora giacenti nei locali chiusi del Vittoriano. Si tratta
di 121 pezzi divisi in quattro sezioni: per ripercorrere visivamente -
secondo i titoli dell'itinerario storico-museale - il Risorgimento attraverso
immagini dalla tradizione tardo settecentesca ai Macchiaioli; la prima
guerra mondiale, dal bozzetto diaristico al simbolismo; la scultura celebrativa
tra Ottocento e Novecento; le immagini degli eroi (dal concorso per Medaglie
d'oro del 1935, con una selezione di opere donate dalla regina Elena).
Accanto ad un'altra sezione filmica curata dall'archivio cinematografico
dell'Istituto Luce, fra i pezzi forti della rassegna ce ne sono una decina
di Girolamo Induno, compreso un acquerello su carta che ritrae l'imbarco
garibaldino alla scoglio di Quarto, e Anita Garibaldi con il figlio mentre
fugge nel 1840. E' di Induno anche un ritratto di Garibaldi del 1876, pochi
anni prima della morte (e l'eroe dei due mondi incombe nel museo con ben
dieci immagini diverse, tra pittura e scultura, a piedi e a cavallo). Una
rara scena romana, di Antonio Moretti, è la veduta di Ponte Milvio
durante l'assedio del 1849. Di Ettore Ximenes si vede un gesso per il monumento
a Giuseppe Verdi (del 1910) e un busto di Vittorio Emanuele III in bronzo
dorato. Il più rappresentato, con una trentina di pezzi (quasi tutti
olio su tela), è Anselmo Bucci, del quale è esposto anche
un carboncino e
acquerello, con una singolare scena della Grande Guerra, sotto il titolo
"In volo a 50 metri sulla trincea: viriamo di bordo, 25 giugno 1918".
«La scelta di riaprire il Museo, grazie ad una proficua collaborazione
tra pubblico e privato - spiega Giuseppe Talamo, presidente dell'Istituto
per la storia del Risorgimento italiano - vuol essere una riaffermazione
che la storia risorgimentale non si identifica solo con quella del patriottismo
italiano - congiure, rivoluzioni, reazioni, guerre, eroi, persecutori -
ma coincide con la complessiva vita politica, economica, sociale, culturale
italiana del XVIII e del XIX secolo, colta nelle sue profonde trasformazioni
e nel suo costante nesso con la storia europea. Una storia fatta di alterne
vicende, di affermazioni e sconfitte, di delusioni e speranze, dalla quale
è nata l'Italia di oggi».
Fra gli "inediti", c'è pure un ritratto giovanile di Cavour eseguito
da Paolo Bozzini nel 1841: quando l'Italia non s'era ancora fatta, e neanche
gli italiani.