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Nato a Genova, aveva
78 anni, attore e regista
italiano tra i più
conosciuti all'estero
E' morto Vittorio Gassman
Il mattatore tradito dal cuore |
- 29 giugno
2000 |
ROMA
- E' morto a 78 anni Vittorio Gassman, stamattina, nella sua casa di
Roma. Il suo cuore non ha retto. Una crisi cardiaca lo ha colto all'improvviso.
Domani, alle 10.30 una camera ardente verrà allestita in Campidoglio,
nella sala della Protomoteca e sabato si terranno i funerali. Attore di
cinema e teatro e regista la cui notorietà è andata al di
là dei confini nazionali, Gassman era nato a Genova il 1 settembre
del 1922. Era il secondo figlio di un ingegnere tedesco e di una casalinga
toscana. A Roma passa la sua infanzia, studia al liceo Tasso ed è
campione subito, di pallacanestro.
Ma è il teatro ad attirarlo. Si
iscrive all'Accademia di Arte drammatica, ma neanche lo studio fa per lui.
Lascia l'Accademia e debutta nel 1943 in "Nemica", con la compagnia di
Dario Niccodemi. E' lì che conosce Nora Ricci, la sposa e diventa
padre per la prima volta, nel 1945. Nasce Paola.
Vittorio Gassman amava le donne, quattro
sono state a lungo sue compagne di vita e da tutte ha avuto un figlio.
Dopo Paola nasce Vittoria, che fa il medico negli Stati Uniti, avuta da
Shelly Winters; poi Alessandro, nato dal matrimonio con Juliette Maynel
e infine Jacopo, figlio di Diletta D'Andrea, la sua ultima compagna di
vita.
"Mattatore", come diceva di sé,
facilmente scivolava nella depressione, con quel genio e quella malinconia
che hanno accompagnato la sua vita e la sua carriera. Il successo arriva
subito. Prima in teatro. Con Luchino Visconti recita in "Troilo e Cressida"
di Shakespeare, poi si trasforma in Amleto e a dirigerlo è Luigi
Squarzina.
E' l'attore di teatro del dopoguerra. Nel
biennio 47-48 fonda una propria compagnia e nel 1949 con Paolo Stoppa entra
in quella diretta da Luchino Visconti. Bravissimo in teatro e mediocre
nel cinema. Questo è il destino del Gassman degli inizi. A ribaltare
il destino fu Mario Monicelli. Fu lui a litigare coi produttori che non
lo volevano e lo impose come il capo gang sbruffone e romantico de "I soliti
ignoti". Era il 1958.
E vince Monicelli nell'Italia del cinema
e in quella del dopoguerra ormai pronta al miracolo economico: con i "Soliti
Ignoti", accanto a Totò, Gassman diventa il grande Vittorio, divertente
per il pubblico, affidabile per i distributori. Si traveste dei tanti tipi
umani della realtà italiana. Con "I mostri" esordisce con Dino Risi
che poi lo mette al volante della Lancia sport nel "Sorpasso" nel 1962,
un film che divenne il simbolo dell'Italia rapace e ottimista del boom.
Un altro grande successo arrivò con "L'armata Brancaleone" di Monicelli
nel '66: le avventure dello sprovveduto cavaliere e il suo divertente linguaggio
conquistarono le platee.
Ettore Scola, Mario Monicelli e Dino Risi:
sono stati i grandi amici di Gassman. Perché il cinema lo prende
fino in fondo, ma lui non sacrifica il teatro. Negli anni Sessanta Parigi,
Buones Aires e New York accolgono i suoi spettacoli da poliglotta. L'attore
sbarca anche a Hollywood, dove gira due film con Robert Altman "Il Matrimonio"
e "Quintet".
L'ultimo omaggio a Vittorio Gassman sarà
"Sipario", il film che Marco Risi, il figlio di Dino, sta girando sull'attore
Gassman, o almeno su quegli anni dell'Italia. Non un documentario, la storia
di un uomo, di un attore. "La storia di una persona goffa - come disse
lui stesso in una intervista di un anno fa - perché a questo punto
tanto vale che si sappia sono fondamentalmente un goffo, una persona che
si è mascherata appunto facendo l'attore. Le debolezze, le fragilità
di un uomo che è sempre riuscito a nasconderle. Un attore appunto
che soffre di depressione".
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Il saluto degli amici,
poi quello dei cittadini
nella Protomoteca del
Campidoglio. La visita di Ciampi
In 15 mila per l'ultimo
omaggio al Mattatore
Domani, alle 11, i funerali
religiosi nella chiesa
di San Gregorio al Celio
e poi il corpo sarà cremato |
ROMA - In quindicimila sono andati
a rendergli l'estremo saluto. Un esercito mesto che ha tributato oggi l'ultimo
omaggio a Vittorio Gassman nella camera ardente allestita nella sala della
Protomoteca in Campidoglio. E il pellegrinaggio che ha visto gente comune
mischiata a protagonisti del mondo dello spettacolo prosegue.
Tutto è iniziato stamani, con un
lungo applauso che ha accolto l'arrivo del feretro intorno alle 11.00 in
Campidoglio. Dietro, il corteo dei familiari con in testa la moglie dell'attore
Diletta D'Andrea, il figlio Alessandro e il regista Luigi Magni. C'era
il governo capitolino e i rappresentanti del governo ad accogliere i familiari
all'ingresso della Protomoteca: il ministro Giovanna Melandri, il sindaco
di Roma Francesco Rutelli, il senatore dei Verdi Athos De Luca e l'assessore
capitolino alla cultura Gianni Borgna. Poco dopo mezzogiorno è arrivato
il presidente della Repubblica. Carlo Azeglio Ciampi e la moglie Franca
sono entrati nella camera ardente e si sono intrattenuti con i parenti
di Gassman per qualche minuto. E a un certo punto, quasi dal nulla, è
comparso Alberto Sordi, 80 anni appena compiuti. E' rimasto qualche istante
davanti alla bara dell'amico, poi se n'è andato.
Prima di quella ufficiale, la cerimonia
privata della famiglia Gassman. Pochi minuti per celebrare in silenzio
l'intimità del dolore. La moglie Diletta col figlio Jacopo, Alessandro
Gassman con la moglie Sabrina, la primogenita Paola col marito Ugo Pagliai.
E poi Emanuele, il figlio che Diletta ebbe dal matrimonio con Luciano Selce.
La grande famiglia riunita, in prima fila, davanti alla bara coperta da
una semplice lastra di vetro. Sopra, un cuscino di rose rosse e gerbere
bianche, una scritta: "Ciao amore, Diletta".
Tra la folla, volti noti: Giuliano Gemma,
Paolo e Vittorio Taviani, Paolo Villaggio. Ma soprattutto i volti dei "soliti
ignoti", come recita il titolo del celebre film che portò Gassman
agli onori del grande pubblico. Cittadini che vengono da ogni parte, stranieri
pure, colti dalla notizia della morte dell'attore durante le vacanze capitoline.
E romani, soprattutto. Quegli stessi che il gran Mattatore ha raccontato
e interpretato in tante altre pellicole, prima fra tutte "Il Sorpasso"
di Dino Risi. Sono in tanti per dare la loro testimonianza affettuosa prima
dei funerali, previsti per domani alle 11.00 sempre a Roma, nella chiesa
di San Gregorio al Celio. Poi, il corpo di Gassman sarà cremato
e l'urna conservata nella tomba di famiglia della moglie al cimitero del
Verano.
Ieri, è stata la volta dei parenti
e degli amici più cari, dei compagni di vita e di lavoro. Un pellegrinaggio
commosso quello che le persone più vicine all'attore hanno compiuto
per dargli l'ultimo saluto.
Gassman li aspettava lì, chiuso nel silenzio della morte, nella
casa a due piani di via Angelo Brunetti, a due passi da piazza del Popolo,
dove viveva con la terza moglie Diletta D'Andrea. Ed è stata lei,
insieme alla primogenita Paola, ad accogliere la folla di visitatori che
si sono susseguiti per tutta la giornata. Marco Risi e Francesca D'Aloja
sono i primi ad arrivare in via Brunetti. Devono farsi largo tra la gente,
i giornalisti, le telecamere che, nel giro di poche ore dalla notizia della
scomparsa, hanno fatto ressa sotto casa Gassman. Mentre anche la famiglia,
numerosa e allargata, si riunisce, arrivano un po' tutti: Monicelli, Rosi,
Proietti, Vitti, Patroni Griffi, Wertmuller, Guerritore, Lavia, Manfredi,
Veltroni, tanti, tanti altri.
Il coro è unanime: "Un uomo straordinario"
per Monica Vitti. "Il nostro palcoscenico si svuota di un grande protagonista"
per la regista Lina Wertmuller. "Unico sulla scena" e unico per "sensibilità,
intelligenza, cultura" per Francesco Rosi. Sensibile, unico e, forse per
questo, "un uomo dolorosamente tormentato" per Patroni Griffi. Ricordi,
frasi commosse, lacrime e sorrisi amari che si inseguono e si intrecciano.
Ma tra le tante testimonianze di chi l'ha conosciuto e amato, tra i tanti
gesti tornati alla memoria di chi ieri accanto alla bara in vetro rimaneva
incredulo, una è rimasta indelebile. Quella del figlio Alessandro,
al quale il padre, forse per un presentimento oscuro, aveva regalato pochi
giorni fa un oggetto cui era particolarmente legato, quel "Borsalino" bianco
in paglia che aveva indossato in "Profumo di donna" di Risi. Il passaggio
di un testimone che per Alessandro rimane confronto impossibile: "Non si
ricevono eredità da lui", ha commentato amaro. "Conto soltanto di
potergli fare onore a mio modo. Potergli assomigliare per slancio e disponibilità".
E due saranno gli oggetti che accompagneranno
il Mattatore nell'ultimo viaggio. Uno "sacro", ovvero un libricino con
l'immagine di papa Giovanni Paolo II dal titolo "Rosario del Terzo Millennio".
Quasi un segnale per ribadire l'avvicinamento alla fede di questi ultimi
tempi. L'altro oggetto, invece, "profano": una cravatta leziosa con delle
balene vistose. Forse un omaggio a uno degli spettacoli che lo aveva appassionato
e impegnato, quel "Moby Dick", recitato con il figlio Alessandro, nel quale
aveva impersonato la figura del capitano Achab, solo e testardo nella sua
lotta con la balena.
(30 giugno 2000)
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L'attore scomparso celebrato
dai giornali di tutto il mondo:
per lui grandi foto e
prime pagine, tranne che in Inghilterra
Gassman nel ricordo
della stampa straniera |
BERLINO - Con la sola eccezione
dell'Inghilterra, la stampa dei maggiori paesi europei e degli Stati Uniti
dedica oggi ampio spazio alla notizia della morte di Vittorio Gassman.
La sua foto domina le prime pagine di tutti i quotidiani nazionali spagnoli.
"Muore Gassman, mito del teatro e del cinema europeo", titola El Pais.
El Mundo e La Vanguardia lo salutano con un affettuoso "Ciao Vittorio".
Abc lo presenta come "Un mito della scena
europea". Per La Razon, "Un Grande".
"L'avevamo tanto amato", è il titolo
che i giornali francesi hanno privilegiato dedicandogli, spesso
con richiamo in prima pagina con foto, come minimo una pagina intera fino
alle due di Liberation che titola "Ciao Vittorio", e del Figaro, che preferisce
"Il condottiero della scena". Molte elogiative definizioni del "mattatore"
ricorrono negli articoli: "il mostro sacro" (Libè), "l'affascinante
istrione" (Le Monde), "il bellimbusto" (L'Humà), il "fanfarone disincantato"
(Le Monde e Le Parisien).
I giornali tedeschi gli rendono
omaggio con titoli come "L'Attore Nazionale" (Frankfurter Allgemeine Zeitung),
"L'Atleta del Teatro Italiano" (Der Tagesspiegel), "Il Matador" (Frankfurter
Rundschau), "Il Gigante delle Scene" (Die Welt). La Frankfurter Allgemeine
Zeitung - che pubblica una grande foto dell'attore scomparso con Marcello
Mastroianni ne "I soliti ignoti" - definisce Gassman "uno dei Grandi del
cinema e del teatro italiano", nel quale "era una istituzione paragonabile
solo a Giorgio Strehler".
I giornali americani lo hanno definito
il "Lawrence Olivier d'Italia" e hanno dato risalto alla versatilità
del "Mattatore" ma anche al capitolo della carriera che Gassman ha sempre
detto di voler dimenticare: quello americano degli anni '50. "Gassman era
uno tra gli attori più sottovalutati dei suoi tempi" ricorda il
New York Times, attribuendo questa svista in parte alla straordinaria bellezza
dell'uomo, che avrebbe oscurato il suo grande talento. I giornali americani
non tralasciano il breve e burrascoso matrimonio con Shelley Winters e
neanche il commento acido di lei, secondo cui Gassman "non aveva un'anima,
solo un grandissimo io".
Tra i quotidiani nazionali del Regno
Unito l'unico a dare la notizia è il "Guardian", che ripercorre
tutte le principali tappe di una "carriera a teatro, al cinema, in tv che
è durata cinque decenni e gli ha portato popolarità e successo
di critica ben oltre i confini della natia Italia".
(30 giugno 2000)
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Dopo gli stentati inizi,
Monicelli lo lanciò
come attore cinematografico
nei "Soliti ignoti"
Non solo teatro: Gassman
sul grande schermo |
ROMA - Dai "Soliti ignoti" a "La
Grande guerra", da "Il sorpasso" a "Brancaleone", il cinema non è
certo stato avaro di soddisfazioni per Vittorio Gassman, tanto più
che il meglio della sua carriera sullo schermo si è svolto sotto
la direzione di tre maestri che sono stati per lui anche veri amici: Mario
Monicelli, Dino Risi, Ettore Scola.
Eppure per i primi quindici anni di lavoro,
nessuno - nè il pubblico, nè i cineasti - avrebbero scommesso
molto su di lui. Mentre già si affermava come il campione del teatro
italiano del dopoguerra, la sua dizione accademica ed il suo volto troppo
perfetto trovavano occasioni solo in film modesti: da "Preludio d'amore"
di Giovanni Paolucci a "La figlia del Capitano" di Mario Camerini (1946).
"Riso amaro" di Giuseppe De Santis (1947) sembrò condannarlo ai
ruoli del cattivo, del cinico, dell'antipatico, senza peraltro metterlo
al riparo dal pericolo di essere doppiato (un vero smacco per un virtuoso
della parola, come lui). Negli anni '40 giro' con Alberto Lattuada ("Anna")
e Luigi Comencini ('La tratta delle bianche"), in abiti moderni ("Ho sognato
il paradiso" di Pastina) e in costume ("Lo sparviero del Nilo" di Giacomo
Gentiluomo). In teatro era già Amleto e Adelchi, ma sullo schermo
si travestiva da Zorro per Mario Soldati o da gaucho per qualche mestierante
di Hollywood, come in "Sombrero" di Norman Forster (1953).
Fosse continuato così nessuno avrebbe
messo d'accordo il Gassman teatrale con quello cinematografico, ovvero
l'eccellenza e la mediocrità. Ma a questo punto Monicelli fece il
miracolo: litigando coi produttori che non lo volevano, lo impose come
il capo gang sbruffone e romantico de "I soliti ignoti" (1958), accanto
ad un Totò in stato di grazia ed altri diventati famosi proprio
in quella occasione. Da allora il grande Vittorio divenne divertente per
il pubblico e affidabile per i distributori. Il mestiere e l'intelligenza
Monicelli insieme al "genio e regolatezza" di Gassman fecero nascere un
attore nuovo, campione di mimesi e specchio sensibile di tanti tipi umani
della realtà italiana.
Dapprima interpretò il nostro passato
prossimo, con il ritratto del soldato codardo della "Grande guerra" di
Monicelli con Alberto Sordi (1959) e nella "Marcia su Roma" di Risi, con
Ugo Tognazzi. Poi lo stesso Risi lo pose al volante della rombante Lancia
sport del "Sorpasso" (1962), che divenne il simbolo dell'Italia rapace
e ottimista del boom economico; un'epoca fotografata dall'attore anche
in "Anima nera", uno dei film meno riusciti di Roberto Rossellini, e in
varie commedie "all'italiana", come "Il successo" di Mauro Morassi, "I
mostri", "Il tigre" e "Il profeta" di Dino Risi, "Slalom" di Luciano Salce,
"La congiuntura" di Ettore Scola.
Così ai primi anni Sessanta, era
già una star del box office italiano, tanto che gli appassionati
di teatro lo rimproveravano di trascurare Shakespeare ed Eschilo. Ma il
maggior successo doveva ancora venire e fu "L'armata Brancaleone" di Monicelli
(1962) al quale seguì "Brancaleone alle crociate" (1970). In un
medioevo caricaturale (ma non lontano da quello del "Francesco" di Rossellini),
Gassman creò la maschera comica del soldato spaccone, inventando
insieme agli sceneggiatori Age e Scarpelli un lessico umbro-medioevale
che fece epoca. Da allora potè fare qualsiasi cosa: prendersi la
parte di Eduardo de Filippo in "Questi fantasmi" di Renato Castellani,
vestire la toga di "Scipione l'Africano" di Leandro Castellani, affrontare
personaggi vari, che non verranno mai dimenticati, dall' ufficiale cieco
di "Profumo di donna" di Dino Risi (col quale ha vinto tutti i premi europei,
a cominciare da Cannes), al patriarca della "Famiglia" di Ettore Scola,
fino a qualche riuscita partecipazione al cinema di Robert Altman ("Il
matrimonio" e "Quintet"). Curioso e infanticabile, si è provato
sporadicamente anche nella regia: da un giovanile "Kean, genio e sregolatezza"
(1956) ad un più maturo "Senza famiglia, nullatenenti cercano affetto"
con Villaggio (1971) a 'Di padre in figlio' ('82): titoli che nulla aggiungono
alla sua straordinaria filmografia.
(29 giugno 2000)
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Il suo esordio televisivo
fu anche quello che
gli diede il nomignolo
di una vita: il "Mattatore"
Poche, ma memorabili
le apparizioni in tv |
ROMA - Quarant'anni di carriera
spesi tra cinema e teatro hanno tenuto Vittorio Gassman lontano dal piccolo
schermo, con poche, splendide eccezioni. E' il 1959 quando, proprio in
tv, l'attore genovese diventa celebre tra il grande pubblico alla guida
del "Mattatore". La trasmissione, concepita come un "one man show' che
spazia tra teatro classico e battute brillanti, dà a Gassman l'opportunità
di mettere in mostra le sue doti istrioniche e i molti registri del suo
talento artistico.
Si trasforma in un nomignolo che da lì
in poi identificherà Gassman. Ma, quanto al rapporto tra l'attore
e la tv, resta un caso isolato. Per rivedere in tv in un programma leggero
il protagonista del 'Sorpasso' e dei 'Soliti ignoti' bisogna aspettare
il 1963, quando Gassman guida "Il gioco degli eroi". Due anni prima le
riprese televisive dell'Adelchi manzoniano avevano rappresentato uno dei
momenti più felici del rapporto non sempre facile tra teatro e tv.
Nel '71-'72 e '72-'73 Gassman è
ospite fisso di 'Canzonissima'. Negli anni successivi l'attore si affaccia
sul piccolo schermo attraverso i suoi grandi film ed adattamenti di opere
teatrali. Nel 1990, grazie a una intuizione dell'allora direttore di Raiuno
Carlo Fuscagni, Gassman realizza le tre puntate di 'Tutto il mondo è
teatro', un viaggio tra cultura e spettacolo nella teatralità dell'uomo
nelle sue manifestazioni sociali.
Alla trasmissione, in onda sulla prima
rete Rai in due versioni, segue un altro momento di pausa, interrotto a
metà anni '90 dalla scherzosa collaborazione con Serena Dandini
e il suo 'Tunnel'. Per il programma satirico di Raitre Gassman si presta
a declamare, con la sua voce scultorea, un menù gastronomico come
avrebbe fatto per un canto dantesco.
Nel '96 l'attore torna al piccolo schermo
proprio nel nome di Dante. E' tra i lettori della Divina Commedia per il
programma 'Cammin leggendo', percorsi attraverso la poesia ambientati in
varie città italiane.
Nel '98 scoppia la polemica legata alla
riedizione del 'Mattatorè. Gasmman ne parla a lungo con la Rai,
ma "di ritardo in ritardo - dice egli stesso - il tempo passa e stiamo
sempre da capo". Così, con una decisione clamorosa, si mette in
contatto con Maurizio Costanzo, suo amico da tre decenni e allora direttore
di Canale 5. Ne nasce il progetto del 'Mattatore', trasmesso nel giugno
scorso in quattro puntate dalla rete ammiraglia Mediaset.
(29 giugno 2000)
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Le reazioni alla morte
di Gassman. Manfredi: "Era una
persona completa". La
Cardinale: "Non posso crederci"
"Addio Vittorio
grandissimo attore"
Alberto Sordi: "Io, lui
e la nostra 'Grande guerra'"
Maurizio Costanzo: "Sento
un profondo senso di vuoto" |
ROMA - "Una notizia terribile...
Vittorio era un grande amico, un grande maestro. Un grandissimo attore,
un uomo di cultura. Era un grande...". E' commosso Nino Manfredi,
compagno di tante avventure sia nella vita che al cinema di Vittorio Gassman,
l'amico che, ricorda, "mi ha messo in scena". "Il ricordo di Vittorio -
dice l'attore, protagonista con Gassman della commedia all'italiana - è
la sua storia, la sua arte, la sua ricerca. Quella ricerca che ha sempre
fatto, attraverso i grandi poeti, sull'amore e sulla morte. E' uno dei
grandi italiani. Una persona completa, di grandissima cultura".
Identica la reazione di Alberto Sordi:
"Ci legavano un grande affetto, stima e amicizia anche se ci si frequentava
poco". L'attore romano ricorda con piacere il periodo trascorso con Gassman
all'epoca del film "La grande guerra" che, diretti da Mario Monicelli,
li vide entrambi protagonisti nel ruolo di "due vigliacchi che alla fine
diventano due eroi".
E lo stesso Monicelli lascia un
ricordo "non tanto del Gassman attore che, si sa, era grande. Mi mancherà
soprattutto l'amico con cui discutere di un libro, chiacchierare, andare
a spasso e sghignazzare un po'".
Ivo Chiesa, ex direttore del teatro
Stabile di Genova e amico di sempre di Gassmann dice: "Del periodo felice
che praticamente raccoglie la gente e i fermenti dell' imediato dopo guerra
Vittorio è stato uno degli emblemi.
"Non riesco a crederci, sembrava immortale...",
dice Claudia Cardinale. "Con Vittorio ho girato il mio primo film,
'I soliti ignoti', anche se non ci frequentavamo tra noi c'era molto affetto
che si è manifestato ogni volta che ci siamo incontrati. Anche se
era un uomo schivo, riservato, come me, peraltro".
"Mi ha insegnato tanto - dice Monica
Vitti che è stata allieva di Gassman - Confesso che in questo
momento è davvero faticoso parlare di un grande attore e un grande
amico".
E per Maurizio Costanzo la morte
dell'attore è "un grande, strano, inquietante, profondo senso di
vuoto. Se ne va - dice Costanzo - una amicizia lunga 30 anni. Vittorio
è stato un attore e un amico generoso".
"Un uomo completo, un grande attore". Carlo
Verdone si dice "molto, molto amareggiato" per la notizia della scomparsa
di Vittorio Gassman che ha appena appreso.
Paolo Villaggio descrive un aspetto
che non tutti conoscevano del grande mattatore: "Nessuno lo sa, ma Vittorio
è la persona più divertente che abbia conosciuto... Quante
risate ci siamo fatti... Vittorio è l'uomo che ho stimato di più
nella vita. E' l'attore che stimo di più. Sono sicuro: ne sentirò
la mancanza per tutta la mia vita".
E della sua straordinaria tecnica parla
il regista Francesco Rosi: "Era unico nella presenza che aveva sulla
scena, nei film. In qualsiasi cosa, Gassman affermava la sua presenza in
maniera veramente unica".
"Sono un pò frastornato, è
come una pistolettata che abbiamo avuto di colpo...non mi sembra ancora
vero". Commosso, quasi incredulo, Gigi Proietti fatica un po' a
trovare le parole. Poi dice: "Era una persona di grande onestà intellettuale,
di grande curiosità intellettuale, di tenerezza che contrastava
con la sua figura apparentemente determinata, forte".
(29 giugno 2000)
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