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SULLA GIUSTA STRADA E 
DAVANTI UN LUNGO CAMMINO
Editoriale di Piero Bassetti - (News ITALIA PRESS)


(News ITALIA PRESS) E’ forse presto per fare un bilancio complessivo ed esaustivo della Prima Conferenza degli Italiani nel mondo che, per la presenza dei numerosi contenuti discussi e per la forza degli obiettivi che si è preposta di raggiungere, richiederà tempi lunghi di rielaborazione e di attuazione. Eppure una breve riflessione merita di essere rivolta alle cinque giornate di Roma e ai laboratori e alle commissioni che parallelamente si sono svolti in concomitanza all’evento.

Nell’editoriale precedente ho accennato alle preoccupazioni intorno alla preparazione e all’organizzazione di un momento di riflessione e di azione di enorme importanza quale quello della conferenza. Cosa dire oggi? 

Ebbene, come primo punto, credo si possa affermare che la Prima Conferenza degli Italiani nel mondo è riuscita a non essere la terza conferenza dell’emigrazione ma ad avvicinarsi ad una vera e propria Conferenza degli Italiani nel Mondo. Certo nella sostanza si è rivelata una conferenza di "transizione", come doveva essere.Credo che questo sia un dato importante, non tanto perché si vuole rinnegare o dimenticare la condizione degli emigrati, quanto per ribadire la necessità di riformulare politiche e valori intorno alla "nuova" condizione dei nostri connazionali all’estero. 

Proprio partendo da questo aspetto, vorrei riallacciarmi ad un secondo punto significativo che è emerso in questi giorni e cioè alla voglia e al desiderio di coinvolgere le istituzioni competenti, dal Ministero degli Esteri alle Regioni, dalla Rai ai vari Ministeri del Lavoro e delle Pari Opportunità, ad avviare un dialogo innovativo affinché le rete di elités politiche, economiche e sociali di italiani nei vari paesi in cui si trovano ad operare, si adoperino di piattaforme politiche e di contenuto alternative rispetto al passato. In sé questo è un chiaro segno di una fase nuova nella quale l’esclusiva centralità delle istituzioni della nostra repubblica viene messa in discussione e si comincia a riconoscere che la presenza italica nel mondo coinvolge una rete di appartenenze e poteri ben più complesse di quella ormai invecchiata del solo nostro stato nazionale. La Conferenza dei parlamentari di origine italiana è stata da questo punto di vista un salutare shock rivelatore: cittadinanze, rappresentanze, nazionalità si intrecciano in un sistema di appartenenze plurime con il quale bisogna ormai fare i conti.

Terzo punto, sebbene le discussioni nelle varie commissioni si siano spesso connotate di retorica e di discorsi "fatti e rifatti", l’alternativa di adottare la categoria dell’italicità rispetto a quella dell’italianità è risultata fondata. In più casi, nei corridoi piuttosto che nelle aule (specialmente nelle dichiarazioni dei giovani), è emersa la tendenza e il desiderio di non sottovalutare né tanto meno rinnegare la vera condizione in cui un italiano all’estero di seconda e terza generazione si trova a vivere: non più come un italiano in Argentina, negli USA, in Canada, in Australia, ma come un argentino, un americano, un canadese, un australiano che vuole tenere vivi antichi rapporti con la sua origine italiana. Di qui problemi nuovi: col passaporto, con le liste elettorali, con le lingue, con i problemi di welfare che non sarebbero pensabili di esclusiva competenza dello stato italiano. Il fenomeno cosiddetto delle plurime appartenenze culturali, linguistiche e politiche, velatamente ma non per questo sottotono, è emerso in pieno e questo ci obbliga a prendere coscienza della nuova condizione dei nostri italiani nel mondo. E’ una condizione che permette di far sì che i valori dell’italicità possano insediarsi nelle comunità, stare al fianco delle diverse culture, portando – e questo è il dato significativo – quel valore aggiunto al mondo della politica, dell’impresa, dei gruppi sociali, capace di proporre in un’epoca come quella della globalizzazione, un nuovo way of life che, sfruttando le reti, aggreghi le comunità al di là dei vincoli puramente spaziali e territoriali.

Considerando questi tre punti si può dunque restare positivamente colpiti anche se non si può dimenticare che non bisognerà trascurare l’importanza di trattare il fenomeno in un’ottica europea e che c’è quindi ancora da fare.

Piero Bassetti/News ITALIA PRESS