Roma, 31 dicembre 2000
C o m u n i c a t o
L'Ufficio Stampa
della Presidenza della Repubblica rende noto il testo del messaggio di
Fine Anno agli Italiani del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi:
"Italiane, Italiani,
Buona sera,
questo è
il nostro secondo incontro di fine anno. Una prima sensazione: oggi ci
conosciamo meglio, molto meglio di un anno fa. E questo mi dà forza.
Penso che voi conosciate
meglio me: come sono fatto, e che cosa sto cercando di fare con voi per
l'Italia, nell'ambito dei miei doveri, seguendo i miei ideali.
Quanto a me, credevo
di conoscere bene la mia Patria. Ma dopo un anno e mezzo di viaggi per
l'Italia ho scoperto cose che non sapevo su quello che siamo noi, il popolo
italiano. Ne ho tratto motivi di orgoglio, di fiducia, di speranza.
Ho raccolto molti
messaggi, alcuni chiaramente espressi, altri sommessi. E ho cercato, cerco,
di corrispondervi.
Ho avvertito, soprattutto,
il bisogno di professare la comune appartenenza alla stessa terra: uno
slancio di emozioni che nel mio animo si identifica con l'amor di Patria
e con il sentimento dell'unità d'Italia.
A questo impulso
ho risposto, più che con parole, con iniziative mirate a rendere
la nostra Italia più consapevole della sua identità, della
sua storia e delle responsabilità che ne derivano.
La vostra adesione
è stata immediata, forte al di là di ogni attesa.
O forse è
più giusto dire che voi avete chiesto al Presidente della Repubblica
di dar voce ai vostri sentimenti. Io ho cercato di farlo.
Siamo tutti fieri
della nostra italianità.
Ciò è
vero per gli Italiani che vivono in Patria, è vero per i nostri
compatrioti che vivono fuori dai nostri confini.
Nelle mie visite
all'estero, dalla Germania alla Francia, dalla Spagna al Brasile, ho incontrato
comunità orgogliose della loro italianità, come del prestigio
conquistato con il loro lavoro.
Sono decine di
milioni, e tengono alta nel mondo la bandiera della nostra civiltà:
noi li sentiamo vicini.
La Costituzione
è stata modificata per riconoscere ai cittadini italiani all'estero
il diritto di eleggere propri rappresentanti.
Ringrazio il Parlamento
anche per aver voluto ripristinare il 2 giugno come festa nazionale.
Quel giorno del
1946 eravamo giovani. Ma avevamo già vissuto anni tragici. Molti
nostri compagni erano stati vittime di una guerra crudele. Non li abbiamo
dimenticati.
Ho voluto rendere
omaggio a molti dei santuari che ne custodiscono le spoglie, da El Alamein
a Tambov in Russia, e visitare luoghi, come Sant'Anna di Stazzema, che
furono teatro di stragi di civili durante la lotta di liberazione. Conto
di recarmi, tra poche settimane, a Cefalonia. Mai come in questi momenti
mi sento il vostro rappresentante.
Ma quel 2 giugno
del '46, anche se attorno a noi c'erano ancora tante rovine, eravamo pieni
di speranze.
Molti di quei sogni
si sono avverati. Quel giorno nacque la Repubblica. Il nostro libero voto,
e votarono per la prima volta anche le donne, e la Costituzione che ne
fu il frutto, furono le fondamenta di un'Italia che, di generazione in
generazione, col suo lavoro, è diventata sempre più protagonista
di un'epoca di pace e di progresso, senza precedenti nella nostra storia
e in quella d'Europa.
Può apparire
singolare che proprio ora che si manifesta più intenso il nostro
patriottismo, si rafforzino anche altri sentimenti: una maggiore consapevolezza
di appartenere alla più grande Patria europea; e una più
forte coscienza dell'identità regionale e comunale.
Non c'è
contraddizione alcuna fra amore della propria città e regione, amor
di patria, amore d'Europa. Io amo, insieme, la mia Livorno, la Toscana,
l'Italia, l'Europa.
Siamo il Paese
delle 100 città. Nelle nostre diversità c'è tutta
la grandezza dell'Italia. Ed è questa complessa realtà che
rende necessario il federalismo solidale.
Ma dobbiamo fare
attenzione. Questo patrimonio di civiltà non è acquisito
una volta per sempre. Esso è insidiato da comportamenti che possono
disgregare il tessuto morale della Nazione. E' messo a rischio dall'uso
di linguaggi intolleranti, indegni di un confronto democratico. E' minacciato
da iniziative eversive, fino ad atti di terrorismo.
A tutto questo
dobbiamo opporci con risolutezza, riaffermando in ogni circostanza, nei
fatti come nelle parole, l'unità nazionale, fondata su ideali e
valori condivisi, nel rispetto del primato supremo della legge.
In questi anni,
noi stiamo costruendo, in Europa e in Italia, nuove istituzioni, una democrazia
nuova. Abbiamo avuto alcuni successi significativi. Ma anche preoccupanti
ritardi.
Questi pensieri
avevo già in mente quando venni chiamato ad assumere le funzioni
di Presidente della Repubblica.
Rivolsi allora
alle Camere, riunite insieme con i delegati delle Regioni, il mio primo
messaggio. Parlai soprattutto, come è nella mia natura, di cose
da fare, di riforme da realizzare, in primo luogo per rafforzare,
insieme con la riconquistata stabilità economica e finanziaria,
la stabilità politica, condizione necessaria perché una società
sia ben governata, con più giustizia e più benessere per
tutti.
Indicai le iniziative
che mi sembravano più urgenti.
Alcuni di quegli
obiettivi sono stati raggiunti. Altri sono incompleti sul filo dello scorcio
della legislatura, che sta per terminare.
E qui una considerazione,
con riferimento alle prossime elezioni, a primavera.
Le singolari vicende
elettorali di una grande democrazia, gli Stati Uniti, ora concluse, costituiscono
per ognuno di noi una rinnovata sollecitazione ad aver ben chiaro un punto:
"anche un solo voto conta; debbo votare".
La mia conversazione
ha già occupato una buona parte del tempo che penso mi sia lecito
sottrarre alla vostra serata di fine anno.
A dire il vero,
ho nella mente tanti altri pensieri, propositi, preoccupazioni da esprimervi.
Il 2000 è
stato un anno buono per la nostra economia.
L'occupazione è
in aumento, con la crescita dell'attività produttiva, che promette
di continuare. Il tasso di disoccupazione è sceso, ma ci sono ancora
troppi disoccupati, soprattutto nel Mezzogiorno, soprattutto fra i giovani.
Nel Centro-Nord
molte imprese stentano a trovare manodopera, mentre in vaste aree del Sud
resta alta la disoccupazione. Dobbiamo capire meglio le ragioni di questa
barriera, per ridurla e per abbatterla.
Le cose andranno
tanto meglio per tutti noi, quanto più saremo competitivi. Questo
vuol dire progredire più in fretta degli altri in tutti i campi:
nell'intuire gli orientamenti dei mercati; nell'ammodernare i metodi di
produzione, con un personale più preparato e con tecnologie più
avanzate; nel potenziare le infrastrutture e nel migliorare i servizi.
Sono in gara non
solo le imprese, ma tutto il Paese, il sistema-Italia.
Il 2001 sarà
l'ultimo anno per la lira, come per il marco, per il franco e per altre
otto monete.
Tra dodici mesi
300 milioni di Europei avranno in tasca le stesse banconote e monete, in
euro: non solo una valuta comune, ma un simbolo creativo dell'Europa che
si unifica.
Sul fronte dell'integrazione
e dell'allargamento dell'Europa, il bilancio di un anno cruciale e difficile
è nel complesso positivo.
Anche qui, non
tutti i nostri propositi si sono realizzati, ma la costruzione del grande
edificio dell'Unione europea va avanti. L 'Italia ha dato un forte contributo
ai progressi fatti; e ne ha tratto nuovo prestigio. Va mantenuto e consolidato:
ci attende nel 2001, cioè da domani, la presidenza del G8, con il
Vertice di Genova a luglio.
E' ora aperta la
strada a un'Europa, continente di pace. Per noi, da giovani, era soltanto
un sogno.
Ora è la
conclusione felice di un secolo, nella sua prima metà denso di tragedie.
Avranno ancora
molto da fare i nostri figli e i nostri nipoti, per l'Europa, per la pace.
Ma non vi lasciamo,
cari giovani, una cattiva eredità. Vi lasciamo soprattutto uno Stato
consolidato nei suoi valori civili e repubblicani. Saprete, ne sono certo,
sviluppare e arricchire questo patrimonio con lo spirito del vostro tempo.
Quello spirito che ha fatto dire a uno dei bambini che ho incontrato in
Sicilia, nella piazza di Corleone: la pace ti nasce dal cuore, e si diffonde
nell'aria.
Stiamo partecipando
con impegno, e possiamo esserne orgogliosi, alla pacificazione di una regione
a noi vicina: i Balcani, sconvolti da conflitti, massacri, esodi di popolazione.
Non abbiamo dimenticato la tragedia dei profughi Giuliani e Dalmati.
L'obiettivo di
una civile convivenza fra etnie diverse, e del ritorno alla democrazia,
ha fatto passi avanti, alcuni insperati.
Rinnovo i miei
auguri più affettuosi ai nostri soldati impegnati nelle operazioni
di difesa della pace. Insieme con le forze dell'ordine e con le associazioni
del volontariato, danno prova di coraggio, di perizia, di spirito umanitario.
La forza della
solidarietà e della cooperazione fra le amministrazioni responsabili,
centrali e locali, e i volontari, si è manifestata, con non minore
efficacia nelle tristi occasioni dei disastri naturali che hanno colpito
le nostre terre. A tutti loro va la nostra gratitudine.
L'equilibrio di
una grande democrazia, e la nostra vocazione umanitaria, si esprimono anche
nel rapporto con quel fenomeno, nuovo per l'Italia, che è l'afflusso
di immigranti.
E' giusto facilitare
il loro inserimento nella nostra società, nelle nostre scuole, nelle
nostre imprese chiedendo il pieno rispetto dei nostri valori, delle
nostre leggi e regole. E', al contempo, doveroso prevenire e reprimere
con severità le attività delittuose, che trovano nell'immigrazione
clandestina un terreno propizio alla loro crescita.
La lotta alla criminalità,
in tutte le sue forme, deve continuare ad essere forte ed incisiva. Su
tutto ciò vi è un diffuso consenso.
Un consenso che
è stato esplicito e fecondo nelle grandi scelte che ho già
ricordato, come l'unificazione europea e l'intervento nei Balcani, e in
altre difficili prove a cui siamo stati sottoposti.
Voglio dire a tutte
le forze politiche: ciò che ci unisce è molto più
di ciò che ci divide. Gioverà alla prossima campagna elettorale
che tutti lo ricordino. Saranno più fruttuosi e meno aspri i necessari
dibattiti.
Gli elettori vogliono
capire per chi e per che cosa votare; per capire hanno bisogno che tutti
ragionino pacatamente. E non dimentichiamo gli effetti che la campagna
elettorale, per il modo in cui si svolge, ha sulla formazione democratica
dei giovani.
Ho concluso. Mi
sono soffermato sui successi, come sugli insuccessi dell'anno che si chiude.
So di avere ricevuto molto da tutti voi. Cercherò di continuare
con voi a guardare alto, tenendo i piedi ben fermi per terra.
Il mio pensiero
va ora a Sua Santità Giovanni Paolo II. Lo abbiamo sentito predicare,
con inesauribile energia, la fratellanza fra tutti i popoli ai milioni
di donne e uomini accorsi a Roma al richiamo del Giubileo. Di questa
sua opera, della sua prorompente umanità, gli siamo grati.
Come tutti voi,
festeggerò fra poco l'inizio del nuovo anno, l'anno "uno" del terzo
millennio.
Si apre - lo sappiamo
tutti - un anno impegnativo, un anno di scelte. Sarà un anno "felice",
se ognuno, nelle proprie responsabilità, lo affronterà con
fiducia in se stesso e nei valori in cui crede, con fedeltà alla
propria coscienza, agli ideali fondanti della vita democratica.
Vi rivolgo, e con
me mia moglie, un forte, affettuoso augurio. Che nel nuovo anno possiate
realizzare le vostre speranze, i vostri progetti, qualcuno almeno dei vostri
sogni. E che Iddio protegga le nostre famiglie, e la nostra amata Patria.
Buon anno a tutti
voi, con tutto il cuore."
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