Return
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 

 

Negli Stati Uniti l’italiano è la 
quarta lingua più studiata

Nel mondo siamo solo al sedicesimo posto quanto a numero di parlanti, però il nostro non è un dialetto morituro, grazie alla sua tradizione di alta cultura, non solo letteraria

di Gian Luigi Beccaria - ''LA STAMPA'' -  21.01.2001



    PAROLE IN CORSO L’ITALIANO ha ancora valore su molti mercati, non soltanto nel campo della moda, del cinema, del turismo, della gastronomia, ma soprattutto per la sua tradizione di alta cultura (arte, letteratura, musica, le scienze nei secoli andati). 

    La nazione che in un campo detiene il primato è quella che presta alle altre lingue le parole di quel settore in cui primeggia. C'era un proverbio che diceva "Nave genovese, e mercante fiorentino": siamo stati un popolo di grandi viaggiatori, di grandi mercanti, di conseguenza tutte le lingue europee (ma non solo) hanno adottato parole come "banco", "bancarotta", "commercio", "bilancio", ecc., e quanto al navigare, l'italiano ha prestato alle lingue di cultura parole come "pilota", "portolano", "bussola", "calamita", "tramontana". 

    Il Rinascimento è l'età del nostro maggior prestigio culturale. Le nostre terre sono occupate, ma poiché le parole non viaggiano con le armi, ma con l'intelletto, è toccato a noi esportare dappertutto "soldato", "caporale", "colonnello", "sentinella", e nel campo dell'architettura militare "casamatta", "bastione", "terrapieno". 
Siamo stati maestri nel campo musicale, ed abbiamo imprestato agli altri "fuga", "opera", "violino", "adagio", "grave", "largo", nel '700 "pianoforte", "mandolino", "violoncello", "barcarola", quel "bravo!" che si sente nei teatri di tutto il mondo, e nel primo Ottocento, dalla musica operistica, "maestro", "libretto", "impresario", "diva", "brio" (che noi avevamo preso dalla Spagna), e anche "fiasco". 
La nostra supremazia nelle belle arti ha imposto fuori d'Italia "balcone", "piedestallo", "facciata", "cartone", e poi (nel '600) "cupola", "fresco", "frontone", "sonetto", "madrigale". 

    Tutti pensano che dopo i passati fulgori l'italiano sia ormai nel mondo una lingua di poco conto. Certo, è soltanto al 16° posto quanto a numero di parlanti, ma non tutti sanno (ce lo dicono Ph. Baker-J. Everley, Multilingual Capital , Londra, Battlebridge Publications, 2000) che negli Stati Uniti l'italiano è al 4° posto fra le lingue più studiate, e che soltanto il 39% di quelli che lo studiano discende da italiani. Una piccola lingua dunque la nostra, quanto a numero di parlanti nativi nel mondo, che mostra una sorprendente vitalità. E questo accade: 

    1) soprattutto per il legame dell'italiano con la sua grande tradizione intellettuale; 
    2) perché il nostro Paese occupa la settima posizione tra i Paesi più industrializzati, largamente presente dunque nel mondo con i suoi prodotti; 
    3) perché oggi abbiamo almeno un milione e mezzo di emigrati stranieri che entrano in contatto quotidiano con la nostra lingua, e 160.000 bambini stranieri presenti nelle nostre scuole. 

   Insomma, non diamoci per spacciati prima del tempo, come se parlassimo ormai una sorta di dialetto morituro.