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FUGA CERVELLI: 'IN ITALIA SI LAVORA 
PER UN PUGNO DI DOLLARI'

 
(ANSA) - ROMA - ''In Italia si lavora per un pugno di dollari, all'estero
per qualche dollaro in piu'''. Ma non e' certo per desiderio di ricchezza che
Guido Germano, 33 anni, ha  deciso di lasciare l'Italia, dove ha studiato
chimica a Pisa, per trasferirsi in Germania, dove oggi lavora nell'
universita' di Bielefeld. Ha raccontato la sua storia nel convegno dell'
Associazione dottorandi italiani (Adi) sulla fuga dei cervelli.   

''C'e' sicuramente un enorme divario - ha detto - tra gli investimenti in 
ricerca in Italia e quelli degli altri Paesi industrializzati''. Basti pensare, ha
aggiunto, che ''gli stanziamenti complessivi per richiamare i cervelli in
Italia equivalgono a quanto puo' investire una societa' di serie A per
acquisire due giocatori''. 
   
   Il problema, ha detto ancora, e' che in Italia ''con cifre cosi' ridotte
si e' al limite della sussistenza. Cio' che si guadagna all'estero e' almeno
dignitoso''. In Italia, ha aggiunto, ''ai dottorandi mancano non solo tutti
i diritti dei lavoratori, ma anche molti diritti degli studenti''

 - Le cifre, ha detto Germano, parlano chiaro: basti pensare che in Gran
Bretagna un dottore di ricerca all'inizio della carriera guadagna 60-65
milioni l'anno lordi, che equivale alla meta' di quanto guadagna un
professore ordinario a fine carriera. ''In Italia invece - ha aggiunto - chi
comincia a lavorare nell'universita' con una borsa di studio o con il
dottorato non ha un rapporto di lavoro di dipendenza e arriva a guadagnare
15-25 milioni l'anno, un quarto rispetto a un professore ordinario''.

   Quanto agli investimenti nella ricerca, la distanza che separa l'Italia
dagli altri Paesi industrializzati e' ancora maggiore. ''Ad esempio - ha
detto Guido Germano - il gruppo con cui lavoro attualmente ha a disposizione
una somma maggiore da 10 a 100 volte rispetto a quella di cui disponeva il
gruppo italiano da cui provengo''. Le regole, ha osservato, non sono pero'
le stesse dovunque: ''l'entita' della somma a disposizione dipende dalla
capacita' dei ricercatori di attirare i finanziamenti''.

   Insufficienti, secondo Germano, anche i finanziamenti previsti
recentemente da Ministero dell'universita' e ricerca eda Cnr per far
rientrare in Italia i cervelli fuggiti.

''Complessivamente - ha detto - la cifra stanziata puo' assicurare
finanziamenti pari a 50 milioni per due anni per ognuna delle 40 universita'
italiane. Una cifra molto bassa rispetto a quanto spende una societa' di
serie A per reclutare due calciatori, o quanto si investe in un campione di
Formula 1''. Anche in Germania, ha aggiunto, e' negativo il bilancio dei
cervelli fuggiti in Gran Bretagna e Stati Uniti, ma ''l'attuale programma
volto a richiamarli indietro prevede un finanziamento pari a 2,5 miliardi
per un singolo progetto di ricerca''. 

  La burocrazia, ha proseguito, e' l'altro grande nemico dei ricercatori
italiani, che costringe a concorsi ormai vecchi e che scoraggia a
partecipare chi si trova all'estero. Va superato, ha concluso, anche il
provincialismo che non fa riconoscere i titoli di studio conseguiti
all'estero, perfino nelle universita' piu' prestigiose. Negli altri Paesi,
invece, ititoli di studio italiani sono riconosciuti senza difficolta' .(BG)