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Testimonianze di solidarieta` per gli USA dalla FILEF
Edizione FILEF - Emigrazione Notizie - 18 Settembre 2001

Titoli:

2001, 14 SETTEMBRE: IL CAPO DELLO STATO E LA NAZIONE  UNITI NEL SILENZIO DEL MONDO CIVILE. IL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA RIUNITO A ROMA

SEPTEMBER, REMEMBER

11 SETTEMBRE 2001, NEW YORK, LA REALTÀ SUPERA LA FANTASIA

LA FIEI CONDANNA GLI ATTACCHI TERRORISTICI CONTRO GLI USA E ESPRIME SOLIDARIETÀ  AL POPOLO AMERICANO

ATTACCO A USA: I LEADER CGIL, CISL E UIL AD AMBASCIATA USA

D’ALEMA: ORRORE E INDIGNAZIONE  PER UN CRIMINE SENZA PRECEDENTI

RUTELLI: CHI HA COLPITO L’AMERICA HA VOLUTO COLPIRE LA DEMOCRAZIA OCCIDENTALE

FAUSTO BERTINOTTI: NULLA GIUSTIFICA L’USO DI TALE VIOLENZA

FORUM ITALIANI NEL MONDO: SOLIDARIETÀ  AL POPOLO AMERICANO

L’USEF: CORDOGLIO PER LE VITTIME INNOCENTI E SOLIDARIETÀ ALLA COMUNITA’ ITALIANA

MESSAGGIO DEI DS DI MONACO AL CONSOLE USA

ALDO LORENZI (Azzurri nel Mondo): SGOMENTO E INDIGNAZIONE PER GLI ATTENTATI 

“BELLUNESI NEL MONDO”: SGOMENTO PER LA STRAGE, COMPIANTO PER LE VITTIME E SOLIDARIETA’ ALLE FAMIGLIE

MARTINI AL CONSOLE USA: “UN ATTO GRAVISSIMO. VICINI AL POPOLO AMERICANO”



 
 
 
 

2001, 14 SETTEMBRE: IL CAPO DELLO STATO E LA NAZIONE  UNITI NEL SILENZIO DEL MONDO CIVILE. IL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA RIUNITO A ROMA
 
 Il Consiglio Supremo di Difesa, riunito a Roma, sotto la Presidenza del Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, ha ribadito che è compito “dell’Unione Europea e della Alleanza Atlantica, anche in attuazione dell’articolo 5 del Trattato di Washington, concentrare tutti gli sforzi sulla lotta senza quartiere alle organizzazioni terroristiche, e che, da parte dell’Italia si è “preso atto della verifica dell’intero sistema di sicurezza nazionale e delle misure adottate dopo l’11 settembre.
Il Consiglio Supremo di Difesa, come è noto, è previsto nell’art. 87 della Costituzione della Repubblica Italiana. E’ la prima volta che esso si riunisce in un contesto mondiale così grave in conseguenza dell’attacco proditorio a New York, giudicato nel mondo una vera azione di guerra, cui ha fatto immediato seguito la reazione del mondo civile e di tutti quanti hanno pianto le vittime innocenti. Solidarietà e intesa sono state manifestate, fra le più importanti, dal Presidente russo Putin. E’ infatti anche la prima volta, dopo l’alleanza nella Seconda guerra mondiale, che Stati Uniti e Russia si trovano nella stessa coalizione di forze.
Altre ampie solidarietà, in Italia e nel mondo sono state espresse, non come semplici manifestazioni di cordoglio, ma come convinte manifestazioni di doveri di civiltà, gli stessi della grande coalizione della Seconda guerra mondiale. Nel percorso labirintico della storia, un filo conduttore si manifesta in modo costante e perennemente in ascesa secondo i principi umanistici, democratici e di giustizia che la più illuminata cultura ha prodotti.
In virtù di questi principi anche la FIEI ha preso parte al silenzio e alla solidarietà del mondo. Nella vicenda politica della storia mondiale mai ha prevalso e potrà prevalere la logica di Genghis Khan. Riassume un pensiero politico della maggioranza degli italiani quanto ha dichiarato Massimo D’Alema, Presidente dei D.S., alla Festa dell’Unità di Reggio Emilia, secondo il quale “non si può che prevedere una lotta al terrorismo efficace e prolungata”, in quanto “punire gli assassini è un principio di convivenza civile sia all’interno di uno Stato e sia sul piano internazionale.
Indipendentemente dai giudizi sui fatti, che possono, legittimamente, divergere su scala interna o internazionale, alcune cose sono estremamente chiare: in primo piano, la gravità dell’offesa materiale, politica, civile e al senso dell’umanità, la necessità di reagire al terrorismo, la necessità che i democratici siano uniti come lo sono già stati nei vari tempi storici.
E’ anche evidente che è destinata al declino la cosiddetta politica-spettacolo, mentre il mondo è chiamato a riflettere su ogni forma e tipo di demagogia, in un amaro risveglio che muterà tutti i rapporti nella società e nella politica, come è dato di presumere.  (G.V.) 
 

SEPTEMBER, REMEMBER.
 Siamo in guerra. Ma alcuni sostengono che siamo in guerra non da oggi. Siamo in guerra da tempo. La novità è che ora la guerra si istituzionalizza, diventa permanente. Guerra Continua. Non ha avuto un inizio, avrà una fine?
Ma se oggi è chiaro che dall’11 settembre siamo ufficialmente in guerra e se è chiaro che siamo in guerra già da tempo, in che cosa consisterà e in che cosa consisteva questa guerra ?
Quali erano e quali sono gli elementi scatenanti e giustificanti questa guerra? E quali erano e sono le parti in guerra? 
Le parti in guerra sembrano essere l'occidente e il terrorismo; l'occidente si può delimitare fisicamente, anche se i suoi confini non sono cosí chiari: l'America del nord, l'Europa è chiaro, il Giappone è un po’ meno occidente, anzi è oriente, estremo. L'Africa non è occidente, la Russia è Europa dell'oriente ed Asia, la Cina è oriente, l'America Latina è occidente, ma in posizione di subalternità rispetto all'occidente cosiddetto.
I Paesi islamici sono il più vicino oriente, ma vanno dall'Indonesia al Marocco, che è più a occidente dell'Europa.
Per occidente si intende allora una cultura, una civilizzazione. Ma questa è una civilizzazione ed una cultura che è il frutto dell'incontro di oriente ed occidente. Sia sul piano genetico, sia sul piano delle culture. I popoli dell'occidente sono il frutto di millenni di incroci tra popolazioni asiatiche, europee, africane e delle antiche popolazioni autoctone.
L'Italia grande ponte nel mediterraneo, ne è uno degli esempi più ampi.
La cultura dell'occidente è il frutto di contaminazioni millenarie, provenienti da molteplici direzioni dal nord, dal sud, dall‘est. L'estrema Tule è il prodotto culturale di convergenze innumerevoli.
Si fa risalire la cultura occidentale alla antica cultura greca di cui ritrovammo traccia all'inizio del passato millennio dalle traduzioni dall‘arabo di Aristotele. Avicenna, traduttore di Ippocrate ed Aristotele era Abu Ali al-Husayn ibn Sina ed Averroè, il grande commentatore di Aristotele per il quale la scienza, non l‘ascesi mistica, permette il ricongiungimento a Dio, era Muhammad ibn Ahmad Muhammad ibn Rushd.
Contro l‘intepretazione di Averroè, che ebbe grandi sostenitori tra i filosofi ebrei e cristiani del nord Europa, si batterono Bonaventura da Bagnoregio e Tommaso d‘Aquino, secondo i quali la fede aveva il primato sulla ragione.
Nel 1300 Boccaccio scrive il Decameron ispirandosi ai racconti riportati dall‘oriente dai mercanti veneziani, genovesi e pisani: Le mille e una notte.
Nella seconda metà del quattordicesimo secolo Abd al-Rahman Ibn Khaldun fonda la moderna filosofia della storia: per lui il concetto l‘elemento fondamentale che determina la storia dei popoli è l‘“affinità“, vincolo di volta in volta di sangue, o di nazione, o di fede o di cultura‚ asabiyya‘.
Nel quindicesimo e sedicesimo secolo, fondati sullo stesso concetto, nascono in Europa gli stati nazionali.
Alla fine della prima guerra mondiale, Gran Bretagna e Francia tracciano i confini degli stati arabi, ovvero i confini delle loro aree di influenza. Alla fine della seconda, le potenze vincitrici danno una patria agli ebrei sopravvissuti all‘olocausto nazifascista, che è un olocausto occidentale perpetrato contro un popolo dell‘oriente. 
Nel periodo della guerra fredda le superpotenze vi ricavarono ulteriori bacini di influenza e di controllo sostenendo senza remore, di volta in volta, dittatori o famiglie reali, giocando con le reciproche inimicizie ed ambizioni, allontanando l‘ipotesi dell‘unitá araba, e tutti insieme sfruttando la vicenda palestinese.
Alla fine degli anni ’70 Komeini scaccia dall‘IRAN Reza Pahlevi e negli anni ’80 gli afgani cacciano i sovietici.
Gli USA sostengono l‘attacco di Saddam Hussein all‘Iran e quello dei mujaiddin e dei talebani contro i russi, con il sostegno indispensabile del Pakistan. Nel 1991 si scatena la guerra del Golfo, dopo l‘invasione del Kuwait da parte degli iracheni che avevano avuto in un primo momento la netta impressione di essere quantomeno „compresi“ dagli americani.
Saddam lancia i suoi scud su Israele. Perde disastrosamente la guerra, ma resta al potere; il popolo iracheno, bombardato per dieci anni, subisce centinaia di migliaia di morti per le azioni militari, ma  soprattutto per il tragico embargo di medicinali e tecnologie.
All‘abbattimento del boeing a Lokerbee gli inglesi rispondono bombardando Tripoli e la residenza di Gheddafi, uccidendo due suoi figli; la Libia lancia i due famosi missili su Lampedusa.
Alla metá degli anni ’90, dopo aver perso le elezioni, si insedia in Algeria un governo golpista e totalitario sostenuto dagli occidentali.
I palestinesi subiscono nell‘arco degli ultimi 35 anni la miseria dei campi profughi, i massacri delle falangi in Libano, i massacri dei giordani, i massacri da parte degli israeliani, il cui attuale leader, Sharon, fu uno degli artefici del massacro di Sabra e Shatila.
La diaspora palestinese è fatta di oltre 2 milioni di persone disperse per tutti gli angoli del globo. Altre migrazioni imponenti sono quelle dei turchi e tra loro i curdi, una nazione dimenticata alla fine della prima guerra mondiale sacrificata agli equilibri europei e dei nuovi stati arabi. Entrambi questi popoli senza terra hanno realizzato azioni terroristiche. Azioni terroristiche sono state organizzate e gestite da arabi di quasi tutti i paesi arabi, libici, siriani, giordani, egiziani, che assassinano il Presidente Sadat a qualche settimana dagli accordi di Camp David, algerini, pakistani, irakeni, iraniani, afgani, sudanesi, sauditi, degli Emirati, fino ad arrivare ai ceceni in terra di Russia.
Il terrorismo, quindi la guerra, sembra in effetti iniziato da tempo. Allo stillicidio di azioni terroristiche hanno risposto sempre con ritorsioni eclatanti sia gli USA che la Gran Bretagna, che la Russia. Accanto a questo terrorismo „islamico“ non possiamo tuttavia dimenticare il terrorismo interno all‘occidente; terrorismo secessionista, quello basco e irlandese nelle sue varianti cattolico e protestante; politico quello della RAF e delle Brigate rosse o dell‘esercito rosso giapponese, o dei gruppi neofascisti e neonazisti diffusi in tutta Europa e in America, dove realizzarono il maggiore attentato della storia degli USA fino all’11 Settembre, ad Oklaoma City; criminale, quello della mafia nostrana (che arrivó a far saltare Gli Uffizi a Firenze) e delle altre emergenti; „di stato“, quello in cui sono stati implicati i servizi segreti nostrani e delle altre potenze maggiori e minori.
E‘ noto che tutti questi circuiti del terrore hanno avuto la capacitá e la possibilità di acquisire e di gestire enormi finanziamenti, quindi relazioni con il mondo dell‘economia criminale che a sua volta ha sempre avuto interfacce con quello dell‘economia formale. I miliardi di dollari prodotti dal traffico di droga e di armi, sono stati riciclati nelle banche di tutti i paesi occidentali ed orientali, del nord e del sud.
Con questi soldi è immaginabile che molta gente abbia fatto affari reinvestendoli in attività più o meno legali. A sua volta, la produzione e il traffico di armi e di droga per riprodursi ha avuto ed ha bisogno di mercati. Il circuito è sperimentato e in un certo senso solidale con i suoi pezzi; non può essere altrimenti. La famiglia di Bin Laden, famiglia di grandi petrolieri imparentata con la famiglia reale saudita, dispone di propri uffici a Boston, e in molti altri paesi.
Spesso, l‘economia criminale ha cercato e trovato conforto nel mondo politico, sostenendo singoli uomini politici e successivamente scambiando favori e sostegno con occasioni di nuovi affari.
Questo è accaduto in oriente, ma soprattutto in occidente. L‘ex Presidente argentino Menem è l‘ultimo politico sotto accusa, incappato tre mesi fa in una indagine per il traffico di armi. E si ricorderá l‘affare Iran-Contras, gestito direttamente dagli americani in una triangolazione incredibile nord-centro America ed Iran di Komeini, con qualche supporto italiano.
Ma al di là di questi fatti eclatanti, è molto probabile che una parte consistente dei soldi in circolazione nelle borse e nelle banche di tutto il mondo, provengano da traffici illegali, se è vero che solo il traffico di droga rende una somma annuale superiore al Pil della California.
Un‘altra cosa interessante su cui riflettere è la distribuzione di potere economico -legale a livello mondiale: il fatturato dei due maggiori conglomerati multinazionali del mondo è superiore ai Pil di Cina ed India.
Paesi che sono possessori di bacini di risorse naturali tra i maggiori del mondo sono al livello di sottosviluppo o per ben che vada, come per il Brasile, dentro la categoria di PVS, paesi in via di sviluppo.
Le contraddizioni sociali di questi paesi sono enormi; la distribuzione delle ricchezze che riescono a mantenere entro il proprio territorio, allucinante; gran parte delle ricchezze di questi paesi è da tempo ben custodita nelle banche di Miami, di Zurigo o dei circuiti cosiddetti off-shore, inventati dagli occidentali, dove si concentrano depositi provenienti dall‘Africa, dal vicino ed estremo oriente, o dai traffici criminali. La settimana precedente all‘abbattimento delle torri si è stranamente sviluppata una grande operazione speculativa a Wall Street, contro le imprese assicurative.
Comunità consistenti di tutti i popoli del sud del mondo, compresi gli arabi, sono diffusi in tutti i paesi dell‘occidente, fuggiti dalla miseria, dalle discriminazioni e dalle guerre e parallelamente richieste dalle nostre economie. Popolazioni arabe vivono tra di noi, come i cristiani vivono da millenni in tanti paesi arabi, dall‘Algeria, alla Tunisia, all‘Egitto, dalla Siria, all‘Irak, alla Turchia, alla Palestina.
Come già fecero gli italiani in America, nel nord Europa o in Australia, queste popolazioni si stanno integrando e allo stesso tempo interagiscono con i costumi, la gastronomia, la musica, le arti, le culture autoctone.
Per quanto riguarda l‘Europa, l‘apporto mediorientale alla nostra popolazione e alla nostra cultura, oltre a quanto già detto, percorre anche gli ultimi due secoli: il cognome Turkmann, è distribuito dall‘Austria, alla Baviera, fino a Berlino, dove, nel ‚700, il grande principe liberale Federico di Prussia li importó per abbellire la sua capitale. E‘ di quel periodo l‘introduzione in Europa del bidè, grande vanto dell‘igiene italiana, che peró è arabo, come araba è la chitarra, il tappeto, la cupola, il the, il tabacco, e molte altre cose ancora.
In questo rumore di popoli e di culture che si incontrano e si mischiano, di contraddizioni e rapporti globali che si intersecano, viene da chiedersi cosa sia, quale sia, l‘occidente.  Ció diventa ancora più problematico se si pensa che sono milioni i cittadini dell‘occidente che sono diffusi nei paesi che non sono ad occidente; se si pensa che ciò che era piú ad occidente di tutto, l‘America, si costituisce con il genocidio di popolazioni autoctone che vi erano presenti da 40 mila anni, gli „indiani“ precolombiani, che però provenivano dall'oriente estremo, e con il contributo massiccio di popolazioni provenienti dall'Africa, nella loro funzione di schiavi.
Cosa è allora l'occidente? Heidegger, ci dice che l'occidente è il luogo del tramonto dell'essere. Il luogo in cui la tecnologia distrugge l‘essere e si pone come moderna metafisica, autosufficiente ed autoreferenziale. Si potrebbe aggiungere che ciò avviene parallelamente all'affermarsi del capitale come condizione imprescindibile e finale.
E che l'ultimo stadio di questo sviluppo, sembra essere contraddistinto da una tendenza: lo stesso capitale, nella sua forma di capitale finanziario pare evitare ogni referenza esterna che non sia se stesso, compresa la merce - dove, secondo Marx, era incorporato lavoro umano - che diventa in un certo senso un limite.
Mi ha colpito che Papa Giovanni Paolo II sia stato tra i pochi che, al cadere delle due torri gemelle, abbia affermato, più o meno, che non c‘è punizione risolutrice che non sia legata alla ricerca di soluzioni di giustizia e di solidarietà.
I servizi di intelligence del mondo che conta, paiono essere poca cosa, tecnologicamente rozzi, rispetto all‘intelligenza del Vaticano, che possiede una rete di ascolto diffusa sul globo, in grado di vedere con chiarezza cosa è accaduto, di recepire con orecchie molto sensibili ciò che accade, di pre-vedere ciò che può accadere.
Se c`è qualcosa che orgogliosamente ci richiama alla nozione di occidente è la capacità critica, quella che fondò la scienza moderna, che va esercitata verso gli altri e verso noi stessi, anche nelle ore più critiche. Ed è preferibile una critica permanente e vigile, una mobilitazione continua della coscienze, ad una guerra permanente contro gli altri, cioè contro noi stessi.                                                                                                                  
Rodolfo Ricci
 

11 SETTEMBRE 2001, NEW YORK, LA REALTÀ SUPERA LA FANTASIA
 Per una volta, si può essere unanimi e concordi nell’affermare che ciò che è successo a Manhattan (Twin Towers) e Washington, senza voler dimenticare le vittime cadute nei pressi di Pittsburgh (volo United 93, decollato da Newark), è INCREDIBILE. Questa esclamazione è senz’altro la più diffusa, poiché nemmeno la mente criminale più contorta sarebbe stata in grado di prevedere una catastrofe simile, ma solo un genio militare può concepire e realizzare un disegno diabolico di tale portata, che prevede il sacrificio di centinaia di innocenti inermi, per colpire migliaia di innocenti altrettanto inermi, per colpire infine il nemico: quello che fino a poche ore prima era il diavolo nord-americano.
Un Boeing si materializza nel cielo trasparente di Manhattan, impatta una delle due torri del World Trade Center, collocato nel centro del potere finanziario degli Stati Uniti. Il gigante del mondo si è fatto cogliere indifeso, incapace di attivare controlli nel proprio territorio, proprio mentre i segnali di pericolo terroristico sono tangibili.
Per anni si è ventilata una simile possibilità, ma la realtà ha un aspetto tragico molto peggiore di quello che chiunque fra noi avrebbe potuto immaginare. Orrore e disperazione sono riusciti a sintetizzarsi in pochi dettagli: quei corpi che silenziosamente precipitavano per centinaia di metri senza alcuna speranza; quei vigili del fuoco uccisi soltanto dal proprio coraggio. Quella bandiera bianca che sventolava per richiamare l’attenzione diventerà senza dubbio il simbolo di una sconfitta inattesa e termini quali: orrore, sgomento, apocalisse, choc, tragedia, disastro, strage, non potranno più avere un significato eufemistico per nessuno di noi.
Si tratta di un'aggressione senza precedenti alla civiltà contemporanea, gli attentatori hanno senz’altro agito con alle spalle una grande organizzazione, si è trattato di un’azione perfetta, preparata nei dettagli e sfuggita all’attenzione dei due servizi più potenti del mondo: la CIA e l’FBI. Dunque, è difficile immaginare una responsabilità personale per ciò che è accaduto negli Stati Uniti, per quanto ricco e animato da profondo odio, non riesco a vedere in Bin Laden l’unico responsabile di una strategia criminale tanto perfetta.
Lo sconcerto, l’ansia, l’angoscia ed anche la frustrazione si leggono ancora oggi sui volti di uomini e donne, di qualsiasi nazionalità, qualsiasi religione essi professino e qualsiasi lingua essi parlino. Gli Stati Uniti non sono la sola vittima degli attentati dell’11 settembre, quel giorno tutta l’umanità ha ricevuto un forte affronto alla propria dignità, con il quale è stata avvisata che il corso della storia è cambiato: non ci saranno più guerre. No, la guerra convenzionalmente intesa non rientra più tra le attività criminali del nuovo mondo globalizzato, troppo esuberante lo strapotere americano per essere affrontato da un semplice esercito, per quanto ben armato esso possa essere. Gli esperti del Pentagono dovranno rivedere le linee guida della programmazione militare, e riorganizzare su di un piano nuovo quelle strategie che, fino a pochi giorni fa, facevano illudere il colosso statunitense di poter affrontare senza essere sconfitti due guerre in due diversi punti del globo, ed allo stesso tempo riuscire a sventare un attacco terroristico sul proprio territorio. Lo stesso scudo stellare rischia di diventare un vano (e costoso) orpello da esibire agli occhi del mondo, ma dalla scarsa utilità pratica quando le possibilità di subire una aggressione sono così imprevedibili, ed il nemico un ectoplasma invisibile e ben organizzato. Tutti gli aerei dirottati e usati per le tremende missioni suicide erano impegnati in voli interni americani, erano compagnie di bandiera di quel paese e nessuno scudo spaziale li avrebbe intercettati.
È un evento che cambia il mondo, che rende terribile il presente e che crea un'inquietudine forte sul futuro: la violenza può cancellare la politica, la democrazia e la libertà.
Così quel primato della politica, cui si è accennato in questi giorni, non deve essere una vacua citazione, ma deve servire a ribadire quella fiducia negli organi istituzionali democraticamente eletti, che soli possono affrontare su di un piano superiore le richieste di misure eccezionali e di ordine necessarie in tale situazione.
L’odio non è una parola qualsiasi, è un sentimento che può arrivare ad avere aspetti e risvolti drammatici; riuscire ad arrivare alle radici di esso è un passo essenziale, riuscire a comprendere la disperazione accumulatasi in tanti anni di tragedie, senza che la comunità internazionale abbia offerto una via d’uscita valida, sarà senz’altro un punto di partenza anche per capire chi fomenta e cosa produce il fanatismo, senza limitarci a condannarlo per le sue conseguenze disastrose.
Alle forze del caos e della morte, che si muovono senza frontiere, bisogna rispondere costruendo finalmente, accanto all’economia globalizzata una politica senza frontiere ed una solidarietà altrettanto globale, che non dovrà trascurare nessuna delle situazioni di malcontento, in qualunque parte del mondo esse si producano. Anche se, parlare oggi di un “mondo senza frontiere” ha un sapore lievemente beffardo. Non tutti vogliono diventare Occidente, esistono identità irriducibili, valori non negoziabili. Nella disperata ferocia dei kamikaze si materializza, infatti, il disprezzo dei valori che riconosciamo come "occidentali".
Una reazione cieca alimenterebbe una spirale di violenza che darebbe un ulteriore contributo al terrore che indistintamente pervade gli animi di donne e uomini. Una ritorsione che ecciterebbe nuovo odio, destinato ad alimentare altra violenza in una spirale maledetta. Certo, occorre perseguire con durezza i responsabili degli atti di terrorismo, ma occorre anche riaprire il dialogo per risolvere pacificamente le questioni sul tappeto nelle zone di conflitto.
Le nuove circostanze consigliano di aprire un dibattito sulle politiche di sicurezza che devono proteggerci di fronte alla minaccia, dissuadendo efficacemente i terroristi, però contemporaneamente devono agire sulle situazioni di ingiustizia storica e disuguaglianza sociale che alimentano incessantemente l’odio.
Non è utopico pensare che oggi la pace abbia maggiori possibilità di successo, non basta però auspicarlo: bisogna crederci, senza cedere alla paura.
Cristiano Marcellino

LA FIEI CONDANNA GLI ATTACCHI TERRORISTICI CONTRO GLI USA E ESPRIME SOLIDARIETà AL POPOLO AMERICANO
In un comunicato diramato alla stampa il 12 settembre 2001 la FIEI (Federazione Italiana Emigrazione Immigrazione), anche a nome di tutte le organizzazioni aderenti in Italia e all’estero, esprime la piena solidarietà al popolo americano e la piena e totale condanna dell’efferato attacco terroristico che ha seminato distruzione e morte tra inermi cittadini americani e presumibilmente di molti altri paesi.
La Fiei è vicina in particolare ai connazionali ed ai cittadini americani di origine italiana ai quali rivolge un particolare affettuoso solidale saluto.
I mandanti dei gravissimi e raccapriccianti attentati vanno al più presto individuati e puniti.
Ad oggi il quadro delle responsabilità non è ancora emerso.
Il perseguimento dei responsabili di un attentato senza precedenti deve essere il più rapido possibile, mirato e selettivo.
La Fiei, di fronte all’attacco inaudito contro il popolo americano condanna quanti usano o intendono usare gli strumenti del terrorismo nella vana illusione di risolvere con ciò i conflitti che insorgono fra paesi.
Va rivendicato il primato del confronto, del negoziato, della mediazione, del consenso della comunità internazionale per dirimere ogni contrasto fra paesi e fra governi.
Pace, giustizia sociale, solidarietà fra i popoli attraverso una più equa redistribuzione della ricchezza prodotta, democrazia, devono essere i principi alla base delle relazioni internazionali.
(Fiei, Filef e Istituto Santi)

ATTACCO A USA: I LEADER CGIL, CISL E UIL AD AMBASCIATA USA
 I leader di CGIL, CISL e UIL Sergio Cofferati, Savino Pezzotta e Luigi Angeletti hanno espresso, nell’incontro che ha avuto luogo venerdì 14 settembre con l’incaricato di affari ad interim dell’ambasciata americana a Roma William Pope, la solidarietà e il cordoglio dei lavoratori italiani: “abbiamo portato al rappresentante degli USA in Italia – dice il segretario generale della CGIL – il sentimento dei lavoratori e delle lavoratrici italiani di condanna per la violentissima sequenza di atti di terrorismo che prefigurano addirittura una forma inedita di guerra. Abbiamo espresso il cordoglio per le vittime e le famiglie, riconfermando la sensibilità e la volontà dei sindacati italiani di partecipare in difesa delle regole della democrazia e della libertà”.
Cofferati ha poi aggiunto che il messaggio dei sindacati italiani è stato accolto con favore e ha ribadito che il sindacato “condanna gli atti di terrorismo, qualunque sia la loro provenienza e la loro dimensione”. Il segretario generale della Cgil ha anche reso noto che il sindacato italiano ha chiesto alla Confederazione Europea dei Sindacati di promuovere iniziative che dovrebbero essere decise nelle prossime ore.                                           (LT, Rassegna stampa Cgil)
 

D’ALEMA: ORRORE E INDIGNAZIONE  PER UN CRIMINE SENZA PRECEDENTI
 Riproduciamo l’intervento che l’On. Massimo D’Alema ha pronunciato alla Camera dei deputati nella seduta straordinaria del 12 settembre dedicata ai gravissimi fatti di terrorismo accaduti negli Stati Uniti.
“Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, colleghi deputati, in tutti noi che abbiamo vissuto nelle nostre case questa immane tragedia vi è un sentimento di orrore ed indignazione per un crimine senza precedenti che colpisce l'umanità intera e non solo gli Stati Uniti d'America. Innanzitutto, noi sentiamo il bisogno di esprimere solidarietà ed amicizia verso il popolo americano, così duramente e barbaramente colpito, verso il Governo degli Stati Uniti, verso il Presidente. Ci sentiamo, con l'Europa, a fianco degli Stati Uniti: non solo perché alleati - di un'alleanza che si è cementata nel corso di una lunga storia durante la quale per ben due volte, nella prima e nella seconda guerra mondiale, gli americani hanno versato il loro sangue per la pace e la libertà del nostro continente - ma anche perché sentiamo minacciati ed offesi i valori  comuni. 
Occorre individuare e colpire i colpevoli. Noi riteniamo che il Governo - che vogliamo ringraziare per avere tempestivamente accettato di venire in Parlamento ed anche per le informazioni che, nel corso della giornata di ieri, sono state date all'opposizione - debba mettere a disposizione dell'Europa e degli Stati Uniti tutto quanto l'Italia potrà fare sul terreno della solidarietà e sul terreno dell'impegno delle nostre forze nella ricerca e nella punizione dei responsabili. 
Noi siamo di fronte ad un atto di terrorismo internazionale, non siamo in guerra; il che significa che occorre colpire i colpevoli sulla base di un principio di legalità internazionale. Una reazione cieca alimenterebbe, invece, una spirale di violenza che è forse tra gli obiettivi dei terroristi. 
Siamo ad una sfida drammatica, e non sfugge a noi che questo è un evento che cambia la storia del mondo, che incide sugli assetti politici, sul concetto di sicurezza, sulla psicologia, sul senso comune di miliardi di esseri umani. Se vogliamo vincere questa sfida, che è la sfida della civiltà contro la barbarie, dobbiamo essere fedeli ai nostri valori: la democrazia, la libertà, la tolleranza, la giustizia. 
La lotta contro la violenza e contro il terrorismo non è soltanto o soprattutto una battaglia militare, non è la lotta dell'occidente contro l'islam o lo scontro tra la civiltà occidentale ed il sud del mondo; è la lotta dell'umanità intera contro la barbarie per la sicurezza e per la pace. 
La sicurezza è un bene indivisibile: non c'è sicurezza qui da noi se c'è guerra in Medio oriente; se c'è conflitto, se c'è disperazione e odio in altre parti del mondo, anche qui siamo insicuri, e non c'è nessuna difesa soltanto militare contro questo pericolo, come dimostra il fatto che è stata colpita la più grande potenza del mondo. 
Occorre, quindi, il primato della politica, occorre affrontare le ragioni dell'odio, della disperazione, del fanatismo, che certo non giustificano il terrorismo, ma che forniscono ad esso le persone disposte a morire pur di uccidere. 
Occorre bonificare i giacimenti dell'odio, offrire una prospettiva di speranza, possibilità di affermazione dei propri diritti, là dove incancreniscono da decenni crisi che appaiono prive di prospettive e di vie di uscita. Spetta alla comunità internazionale ed anche all'Italia riprendere con forza questa azione. 
Rivendichiamo un primato della politica, anche se sappiamo bene che vi sono momenti in cui è inevitabile l'uso della forza, e abbiamo dimostrato nel Kosovo di sapere prendere le nostre responsabilità. Ma è necessario che la politica sappia trovare e percorrere un nuovo cammino. 
Dipende da questo il mondo che consegneremo ai nostri figli, che vogliamo sia liberato dall'odio e dalla paura, nel quale vogliamo si possa vivere con serenità e si possano alimentare le proprie speranze.
 

RUTELLI: CHI HA COLPITO L’AMERICA HA VOLUTO COLPIRE LA DEMOCRAZIA OCCIDENTALE
 L’On Francesco Rutelli, è intervenuto nel dibattito alla Camera  nella sua veste di capo gruppo dell’Ulivo in Parlamento: Questo il testo del suo intervento:
“Noi ci sentiamo fraternamente al fianco del popolo americano, della democrazia degli Stati Uniti d'America e dei suoi legittimi rappresentanti. La ferita atroce che ha colpito questo popolo, nostro fratello, rafforza i legami che ci rendono inseparabili tra le due sponde dell'Atlantico. Chi ha colpito l'America ha voluto colpire la democrazia occidentale ed ha attentato alle nostre libertà. Ci sentiamo solidali innanzitutto per questo oltre che per la vicinanza umana alle famiglie tragicamente colpite. 
Signor Presidente, per noi italiani la solidarietà ha però un segno speciale: è costruita sui valori democratici ma anche - ricordiamolo ai ragazzi di oggi (lo ha fatto il Presidente della Camera e l'onorevole D'Alema poco fa) - sul sangue di migliaia e migliaia di giovani americani, che hanno dato un contributo decisivo a scacciare la dittatura fascista a partire da quel 10 luglio 1943, quando i soldati alleati sbarcarono in Sicilia. Da lì è iniziata l'alba della nuova Italia. Su questi valori, signor Presidente del Consiglio, non può esserci divisione nel nostro paese, ed io esprimo il pieno impegno politico delle opposizioni a fianco del Governo. 
Dico di più: tutta l'Italia è oggi unita contro il terrorismo. Questa non è un'espressione generica, frutto dell'emozione perché migliaia e migliaia di persone sono morte. Poiché quella violenza è contro la civiltà, occorre fermare e colpire i terroristi, contrastare senza compromessi chi li alimenta ed anche chi li tollera. Non sappiamo oggi chi abbia concepito e realizzato questa azione; la reazione dovrà però scaturire - attenzione - da questo accertamento dei fatti. La convergenza piena di maggioranza ed opposizione, signor Presidente del Consiglio, riguarda specialmente quest'impegno. 
Oggi sono in causa anche le domande più profonde della persona umana. Chi si pensava invulnerabile non lo è; chi si pensava al di sopra dei rischi non lo è; chi pensava ad un modello di crescita infinito o addirittura alla fine della storia sa che questo non è e non sarà. Miliardi di donne e di uomini oggi pensano che un mondo unito parta anche dalla capacità di guardarci dentro e da un sistema di valori che costruisca il futuro in modo condiviso. 
Signor Presidente, occorrono quindi fermezza e forza, nonché intelligenza e saggezza. Speriamo che la comunità internazionale abbia capito che equiparare sionismo e razzismo era un tentativo falso, assurdo ed umiliante. Speriamo anche che chi pensi di comprimere, come in una pentola a pressione, conflitti e divergenze senza risolvere i nodi politici e di convivenza, capisca di rischiare di esasperare e peggiorare la situazione. Non si può credere che dalla crescita dell'odio possa nascere la pace, e tanto meno la sicurezza. Non si può credere che disinteressarsi ed abbandonare il Medio Oriente al suo destino possa portare risultati. 
Signor Presidente del Consiglio, vorrei esprimere correttamente un dissenso rispetto alle dichiarazioni da lei rilasciate nella serata di ieri: mi riferisco alla difesa - ne parleremo meglio in futuro - del cosiddetto scudo spaziale. Penso che proprio la vicenda di ieri abbia dimostrato la fine di quel progetto politico-strategico, perché se abbiamo a che fare con decine di persone che sono pronte ad immolare la loro vita con una pianificazione anticipata di mesi, è evidente che quell'altro ordine di priorità, che proprio il Congresso americano ha iniziato a discutere (pensiamo solo allo smantellamento dell'arsenale nucleare dell'ex Unione Sovietica), meriti di essere esaminato con ben maggiore attenzione. 
Signor Presidente, pensiamo sia necessario attrezzarci per fronteggiare, tutti insieme, rischi e minacce che non credo si siano esauriti con la giornata di ieri. Lo dobbiamo fare insieme con l'Europa e con l'Alleanza atlantica. Siamo pronti a farlo perché ne va della libertà di tutti e del mantenimento della pace nel mondo. 
È vero ciò che ha scritto un grande giornale: oggi noi ci sentiamo tutti americani; di più, ci sentiamo più fermi di prima nella difesa dei nostri valori, delle radici della nostra democrazia.
 

FAUSTO BERTINOTTI: NULLA GIUSTIFICA L’USO DI TALE VIOLENZA
 Abbiamo assistito, in diretta Tv, a un evento sconvolgente, a una gigantesca tragedia. Ciò che ieri (11 settembre, ndr) è accaduto a New York e a Washington, anche se mancano a tutt’ora le informazioni e gli elementi necessari per una compiuta valutazione politica, ha certo pochi paragoni storici. Di fronte a questo trauma, che certo inciderà in profondità sugli equilibri internazionali, sulla politica e sulla nostra stessa iniziativa politica, ci sentiamo di dire, prima di tutto, che siamo sconvolti dalla distruzione di vite umane che è stata così freddamente e barbaramente perpetrata. Non conosciamo, in queste ore, il numero delle vittime. Non siamo in grado di definire né le responsabilità né la dinamica effettiva degli eventi. Ma è possibile che esse siano centinaia, forse migliaia, di persone, di donne e uomini incolpevoli. La violenza distruttiva della guerra investe ora l’ordinaria quotidianità. Qui è tutto improvviso, imprevisto, privo di comprensibilità.
E’ stato colpito anche il simbolo di una civiltà, di un Paese, di un impero. Una sequenza di attentati che sembrano denotare un livello molto elevato di “potenza organizzativa”, ma che definiscono soprattutto una cieca disumanità distruttiva: rispetto ad essa la nostra condanna è irriducibile – assoluta. Non c’è nulla che giustifichi l’uso di tale violenza. Non ci sono ragioni in nome delle quali sia lecito pagare un prezzo così alto in termini di vite umane.
L’altro elemento traumatico è l’estrema vulnerabilità di tutti i simboli della civiltà occidentale. Anche quelli dei vertici e dei poteri più alti, che sembrerebbero corazzati contro ogni pericolo, si sono rivelati vulnerabili, come qualsiasi altro luogo della nostra quotidianità. Anche questo ci propone una riflessione di fondo su questa fase e su quella che abbiamo definito come crisi dei processi di globalizzazione.
Intanto,  dobbiamo batterci perché a questa tragedia non seguano ritorsioni tali da mettere in moto soltanto ulteriori spirali distruttive. Diciamo no alle politiche di ritorsione, così come diciamo no a ogni tipo di fondamentalismo, politico, religioso, imperiale. Dobbiamo sapere che la nostra stessa azione politica, adesso, diventa molto più difficile, proprio nel momento in cui il movimento tende a crescere e a radicarsi su scala nazionale e internazionale: il pericolo è grande per la politica in quanto tale e per gli stessi spazi di agibilità democratica. Quando fenomeni così grandi, enormi, di distruttività e di guerra prendono il sopravvento, la prospettiva che si affaccia è sempre quella della “notte della politica”.
Noi continuiamo a ritenere, all’opposto, che l’unico antidoto efficace alla violenza è la partecipazione politica, è il protagonismo di massa.
 

FORUM ITALIANI NEL MONDO: SOLIDARIETà AL POPOLO AMERICANO
 Orrore, indignazione, condanna, volontà di difesa e di punizione dei colpevoli. Solidarietà sincera e profonda al popolo americano, colpito nella sua sicurezza, nei suoi simboli di libertà, nei suoi interessi materiali e morali.
Ricerca di ogni forma di collaborazione e di intesa tra tutte le forze democratiche per respingere un progetto omicida e un intento di barbarie, per manifestare la necessaria fermezza e per restituire alla politica il suo insostituibile compito di costruzione della coesistenza e della comune sicurezza. Per bonificare le fonti dell’odio e della contrapposizione, che alimentano ingiustizia e violenza.
Un forte impegno di solidarietà e di operoso collegamento, in particolare, con la comunità italoamericana, che dello sviluppo della maggiore potenza mondiale è stata parte attiva ed essenziale.
Un pensiero amichevole ed affettuoso agli amici del Forum di New York, che sapranno interpretare le emozioni ed i sentimenti di queste tragiche ore per contribuire, in dialogo con le altre componenti della nostra comunità, a ritrovare presto la strada della fiducia e della costruzione della democrazia e del benessere.
(Norberto Lombardi, Coordinatore del Forum per gli Italiani nel Mondo) 
 

L’USEF: CORDOGLIO PER LE VITTIME INNOCENTI E SOLIDARIETÀ ALLA COMUNITA’ ITALIANA
 L’Unione Siciliana Emigrati e Famiglie (U.S.E.F.), esterrefatta e sbigottita per il grave e luttuoso atto terroristico che colpisce l’America, esprime sentite condoglianze alle famiglie delle numerose e innocenti vittime e solidarietà alla numerosa comunità italiana, che al pari di quella americana, ha passato e sta passando momenti di drammatico dolore.
L’U.S.E.F., ha preso contatti con i rappresentanti del movimento associativo, offrendo loro non solo la propria solidarietà, ma anche la propria disponibilità ad utilizzare tutti i propri canali ed i propri contatti, per fare da tramite al fine di tranquillizzare le famiglie in Italia e in Sicilia.
Intanto, per tutto quello che sarà possibile, manteniamo aperti i contatti con l’Associazione Siciliane Unite (A.S.U.), con la nostra Consultrice in USA e con tutti i nostri punti di riferimento, per tutto quello che ci sarà possibile fare e per restare a completa disposizione della comunità.
La nostra sede di Palermo, resta invece a disposizione dei parenti che volessero, attraverso noi, contattare parenti ed Autorità.
L’indirizzo dell’USEF è: Via Delle Scuole, 2 – 90134 Palermo. Tel. 091/333456 - Fax 091 90134.
Il Presidente (Sen. Angelo Lauricella)
Il Segretario Generale (Salvatore Augello)
 

MESSAGGIO DEI DS DI MONACO AL CONSOLE USA
 Gentile Console, la Sezione di Monaco dei Democratici di Sinistra esprime le sue più sentite condoglianze e la sua solidarietà al governo e al popolo degli Stati Uniti riguardo gli odiosi atti di terrorismo che hanno ucciso e ferito così tanti innocenti. Con questi terribili atti, i terroristi hanno colpito l’umanità intera, ma non vinceranno. I democratici di tutto il mondo sapranno reagire, rafforzando l’impegno per un mondo basato sulla democrazia, la tolleranza, l’integrazione, il dialogo fra culture, religioni e idee differenti.
Il Segretario della Sezione DS , Claudio Cumani 
 

ALDO LORENZI (Azzurri nel Mondo): SGOMENTO E INDIGNAZIONE PER GLI ATTENTATI 
 L’Associazione “Azzurri nel Mondo”, a nome dei propri iscritti sia residenti in Italia che in tutti gli Stati del mondo, esprime sgomento ed indignazione per gli attentati compiuti negli Stati Uniti.
“Azzurri nel Mondo” è vicina ai cittadini americani, di cui una gran parte è di origine italiana, per i gravi lutti subiti e partecipa al loro dolore per l’immane tragedia.
L’Associazione auspica che venga attuata una lotta senza quartiere al terrorismo che con questo spaventoso atto vuole colpire l’intera comunità internazionale mettendo in discussione i valori di libertà e di democrazia.
 

“BELLUNESI NEL MONDO”: SGOMENTO PER LA STRAGE, COMPIANTO PER LE VITTIME E SOLIDARIETA’ ALLE FAMIGLIE
 L’Associazione “Bellunesi nel Mondo”, sgomenta per l’orribile strage di New York, preoccupata per il dilagare dell’odio e della violenza che sta aggredendo il mondo, compiange le migliaia di vittime innocenti, esprime la propria solidarietà ai famigliari, al popolo americano e in particolare ai tantissimi italiani – tra cui numerosi bellunesi – che a New York e negli Stati Uniti hanno trovato la seconda Patria e che in queste giornate stanno vivendo l’angoscia e la sofferenza per questa spaventosa tragedia.
 

MARTINI AL CONSOLE USA: “UN ATTO GRAVISSIMO. VICINI AL POPOLO AMERICANO”
 Il presidente della Regione Toscana, Claudio Martini, è stato raggiunto dalla notizia dei drammatici attentati negli Stati Uniti a Lucca, dove era previsto un incontro con il ministro dell’ambiente Altero Matteoli. Martini e Matteoli, vista la gravissima situazione determinatasi, hanno deciso di comune accordo a disdire l’incontro, e di rientrare rispettivamente a Firenze e a Roma.-
Il Presidente Martini ha subito inviato una lettera al console generale degli Stati Uniti a Firenze, Daria Hollwell. 
“Seguo con partecipe apprensione – scrive Martini – lo sviluppo dei drammatici eventi che hanno insanguinato il cuore di New York e dell’America e che stanno suscitando grande preoccupazione in tutto il mondo. E’ un atto gravissimo che non può non sollevare la riprovazione di tutti i Paesi della Terra”. 
“Vorrei che, per suo tramite – prosegue la lettera di Martini – le Autorità del suo Paese e tutto il popolo americano sapessero che il legame di profonda amicizia che unisce la Toscana agli Stati Uniti è oggi ancora più forte e che ci sentiamo vicini e solidali con le persone e con le famiglie così dolorosamente colpite”.
Martini conclude la sua lettera al console Hollwell dicendosi convinto che il Governo degli Stati Uniti saprà responsabilmente fronteggiare l’attacco del terrorismo senza per questo incrinare il ruolo di grande potenza che opera per la pace nel mondo.