Titoli:
2001,
14 SETTEMBRE: IL CAPO DELLO STATO E LA NAZIONE UNITI NEL SILENZIO
DEL MONDO CIVILE. IL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA RIUNITO A ROMA
SEPTEMBER,
REMEMBER
11
SETTEMBRE 2001, NEW YORK, LA REALTÀ SUPERA LA FANTASIA
LA
FIEI CONDANNA GLI ATTACCHI TERRORISTICI CONTRO GLI USA E ESPRIME SOLIDARIETÀ
AL POPOLO AMERICANO
ATTACCO
A USA: I LEADER CGIL, CISL E UIL AD AMBASCIATA USA
D’ALEMA:
ORRORE E INDIGNAZIONE PER UN CRIMINE SENZA PRECEDENTI
RUTELLI:
CHI HA COLPITO L’AMERICA HA VOLUTO COLPIRE LA DEMOCRAZIA OCCIDENTALE
FAUSTO
BERTINOTTI: NULLA GIUSTIFICA L’USO DI TALE VIOLENZA
FORUM
ITALIANI NEL MONDO: SOLIDARIETÀ
AL POPOLO AMERICANO
L’USEF:
CORDOGLIO PER LE VITTIME INNOCENTI E SOLIDARIETÀ ALLA COMUNITA’
ITALIANA
MESSAGGIO
DEI DS DI MONACO AL CONSOLE USA
ALDO
LORENZI (Azzurri nel Mondo): SGOMENTO E INDIGNAZIONE PER GLI ATTENTATI
“BELLUNESI
NEL MONDO”: SGOMENTO PER LA STRAGE, COMPIANTO PER LE VITTIME E SOLIDARIETA’
ALLE FAMIGLIE
MARTINI
AL CONSOLE USA: “UN ATTO GRAVISSIMO. VICINI AL POPOLO AMERICANO”
2001,
14 SETTEMBRE: IL CAPO DELLO STATO E LA NAZIONE UNITI NEL SILENZIO
DEL MONDO CIVILE. IL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA RIUNITO A ROMA
Il Consiglio Supremo
di Difesa, riunito a Roma, sotto la Presidenza del Capo dello Stato, Carlo
Azeglio Ciampi, ha ribadito che è compito “dell’Unione Europea e
della Alleanza Atlantica, anche in attuazione dell’articolo 5 del Trattato
di Washington, concentrare tutti gli sforzi sulla lotta senza quartiere
alle organizzazioni terroristiche, e che, da parte dell’Italia si è
“preso atto della verifica dell’intero sistema di sicurezza nazionale e
delle misure adottate dopo l’11 settembre.
Il Consiglio Supremo di
Difesa, come è noto, è previsto nell’art. 87 della Costituzione
della Repubblica Italiana. E’ la prima volta che esso si riunisce in un
contesto mondiale così grave in conseguenza dell’attacco proditorio
a New York, giudicato nel mondo una vera azione di guerra, cui ha fatto
immediato seguito la reazione del mondo civile e di tutti quanti hanno
pianto le vittime innocenti. Solidarietà e intesa sono state manifestate,
fra le più importanti, dal Presidente russo Putin. E’ infatti anche
la prima volta, dopo l’alleanza nella Seconda guerra mondiale, che Stati
Uniti e Russia si trovano nella stessa coalizione di forze.
Altre ampie solidarietà,
in Italia e nel mondo sono state espresse, non come semplici manifestazioni
di cordoglio, ma come convinte manifestazioni di doveri di civiltà,
gli stessi della grande coalizione della Seconda guerra mondiale. Nel percorso
labirintico della storia, un filo conduttore si manifesta in modo costante
e perennemente in ascesa secondo i principi umanistici, democratici e di
giustizia che la più illuminata cultura ha prodotti.
In virtù di questi
principi anche la FIEI ha preso parte al silenzio e alla solidarietà
del mondo. Nella vicenda politica della storia mondiale mai ha prevalso
e potrà prevalere la logica di Genghis Khan. Riassume un pensiero
politico della maggioranza degli italiani quanto ha dichiarato Massimo
D’Alema, Presidente dei D.S., alla Festa dell’Unità di Reggio Emilia,
secondo il quale “non si può che prevedere una lotta al terrorismo
efficace e prolungata”, in quanto “punire gli assassini è un principio
di convivenza civile sia all’interno di uno Stato e sia sul piano internazionale.
Indipendentemente dai giudizi
sui fatti, che possono, legittimamente, divergere su scala interna o internazionale,
alcune cose sono estremamente chiare: in primo piano, la gravità
dell’offesa materiale, politica, civile e al senso dell’umanità,
la necessità di reagire al terrorismo, la necessità che i
democratici siano uniti come lo sono già stati nei vari tempi storici.
E’ anche evidente che è
destinata al declino la cosiddetta politica-spettacolo, mentre il mondo
è chiamato a riflettere su ogni forma e tipo di demagogia, in un
amaro risveglio che muterà tutti i rapporti nella società
e nella politica, come è dato di presumere. (G.V.)
SEPTEMBER,
REMEMBER.
Siamo in guerra. Ma
alcuni sostengono che siamo in guerra non da oggi. Siamo in guerra da tempo.
La novità è che ora la guerra si istituzionalizza, diventa
permanente. Guerra Continua. Non ha avuto un inizio, avrà una fine?
Ma se oggi è chiaro
che dall’11 settembre siamo ufficialmente in guerra e se è chiaro
che siamo in guerra già da tempo, in che cosa consisterà
e in che cosa consisteva questa guerra ?
Quali erano e quali sono
gli elementi scatenanti e giustificanti questa guerra? E quali erano e
sono le parti in guerra?
Le parti in guerra sembrano
essere l'occidente e il terrorismo; l'occidente si può delimitare
fisicamente, anche se i suoi confini non sono cosí chiari: l'America
del nord, l'Europa è chiaro, il Giappone è un po’ meno occidente,
anzi è oriente, estremo. L'Africa non è occidente, la Russia
è Europa dell'oriente ed Asia, la Cina è oriente, l'America
Latina è occidente, ma in posizione di subalternità rispetto
all'occidente cosiddetto.
I Paesi islamici sono il
più vicino oriente, ma vanno dall'Indonesia al Marocco, che è
più a occidente dell'Europa.
Per occidente si intende
allora una cultura, una civilizzazione. Ma questa è una civilizzazione
ed una cultura che è il frutto dell'incontro di oriente ed occidente.
Sia sul piano genetico, sia sul piano delle culture. I popoli dell'occidente
sono il frutto di millenni di incroci tra popolazioni asiatiche, europee,
africane e delle antiche popolazioni autoctone.
L'Italia grande ponte nel
mediterraneo, ne è uno degli esempi più ampi.
La cultura dell'occidente
è il frutto di contaminazioni millenarie, provenienti da molteplici
direzioni dal nord, dal sud, dall‘est. L'estrema Tule è il prodotto
culturale di convergenze innumerevoli.
Si fa risalire la cultura
occidentale alla antica cultura greca di cui ritrovammo traccia all'inizio
del passato millennio dalle traduzioni dall‘arabo di Aristotele. Avicenna,
traduttore di Ippocrate ed Aristotele era Abu Ali al-Husayn ibn Sina ed
Averroè, il grande commentatore di Aristotele per il quale la scienza,
non l‘ascesi mistica, permette il ricongiungimento a Dio, era Muhammad
ibn Ahmad Muhammad ibn Rushd.
Contro l‘intepretazione
di Averroè, che ebbe grandi sostenitori tra i filosofi ebrei e cristiani
del nord Europa, si batterono Bonaventura da Bagnoregio e Tommaso d‘Aquino,
secondo i quali la fede aveva il primato sulla ragione.
Nel 1300 Boccaccio scrive
il Decameron ispirandosi ai racconti riportati dall‘oriente dai mercanti
veneziani, genovesi e pisani: Le mille e una notte.
Nella seconda metà
del quattordicesimo secolo Abd al-Rahman Ibn Khaldun fonda la moderna filosofia
della storia: per lui il concetto l‘elemento fondamentale che determina
la storia dei popoli è l‘“affinità“, vincolo di volta in
volta di sangue, o di nazione, o di fede o di cultura‚ asabiyya‘.
Nel quindicesimo e sedicesimo
secolo, fondati sullo stesso concetto, nascono in Europa gli stati nazionali.
Alla fine della prima guerra
mondiale, Gran Bretagna e Francia tracciano i confini degli stati arabi,
ovvero i confini delle loro aree di influenza. Alla fine della seconda,
le potenze vincitrici danno una patria agli ebrei sopravvissuti all‘olocausto
nazifascista, che è un olocausto occidentale perpetrato contro un
popolo dell‘oriente.
Nel periodo della guerra
fredda le superpotenze vi ricavarono ulteriori bacini di influenza e di
controllo sostenendo senza remore, di volta in volta, dittatori o famiglie
reali, giocando con le reciproche inimicizie ed ambizioni, allontanando
l‘ipotesi dell‘unitá araba, e tutti insieme sfruttando la vicenda
palestinese.
Alla fine degli anni ’70
Komeini scaccia dall‘IRAN Reza Pahlevi e negli anni ’80 gli afgani cacciano
i sovietici.
Gli USA sostengono l‘attacco
di Saddam Hussein all‘Iran e quello dei mujaiddin e dei talebani contro
i russi, con il sostegno indispensabile del Pakistan. Nel 1991 si scatena
la guerra del Golfo, dopo l‘invasione del Kuwait da parte degli iracheni
che avevano avuto in un primo momento la netta impressione di essere quantomeno
„compresi“ dagli americani.
Saddam lancia i suoi scud
su Israele. Perde disastrosamente la guerra, ma resta al potere; il popolo
iracheno, bombardato per dieci anni, subisce centinaia di migliaia di morti
per le azioni militari, ma soprattutto per il tragico embargo di
medicinali e tecnologie.
All‘abbattimento del boeing
a Lokerbee gli inglesi rispondono bombardando Tripoli e la residenza di
Gheddafi, uccidendo due suoi figli; la Libia lancia i due famosi missili
su Lampedusa.
Alla metá degli anni
’90, dopo aver perso le elezioni, si insedia in Algeria un governo golpista
e totalitario sostenuto dagli occidentali.
I palestinesi subiscono
nell‘arco degli ultimi 35 anni la miseria dei campi profughi, i massacri
delle falangi in Libano, i massacri dei giordani, i massacri da parte degli
israeliani, il cui attuale leader, Sharon, fu uno degli artefici del massacro
di Sabra e Shatila.
La diaspora palestinese
è fatta di oltre 2 milioni di persone disperse per tutti gli angoli
del globo. Altre migrazioni imponenti sono quelle dei turchi e tra loro
i curdi, una nazione dimenticata alla fine della prima guerra mondiale
sacrificata agli equilibri europei e dei nuovi stati arabi. Entrambi questi
popoli senza terra hanno realizzato azioni terroristiche. Azioni terroristiche
sono state organizzate e gestite da arabi di quasi tutti i paesi arabi,
libici, siriani, giordani, egiziani, che assassinano il Presidente Sadat
a qualche settimana dagli accordi di Camp David, algerini, pakistani, irakeni,
iraniani, afgani, sudanesi, sauditi, degli Emirati, fino ad arrivare ai
ceceni in terra di Russia.
Il terrorismo, quindi la
guerra, sembra in effetti iniziato da tempo. Allo stillicidio di azioni
terroristiche hanno risposto sempre con ritorsioni eclatanti sia gli USA
che la Gran Bretagna, che la Russia. Accanto a questo terrorismo „islamico“
non possiamo tuttavia dimenticare il terrorismo interno all‘occidente;
terrorismo secessionista, quello basco e irlandese nelle sue varianti cattolico
e protestante; politico quello della RAF e delle Brigate rosse o dell‘esercito
rosso giapponese, o dei gruppi neofascisti e neonazisti diffusi in tutta
Europa e in America, dove realizzarono il maggiore attentato della storia
degli USA fino all’11 Settembre, ad Oklaoma City; criminale, quello della
mafia nostrana (che arrivó a far saltare Gli Uffizi a Firenze) e
delle altre emergenti; „di stato“, quello in cui sono stati implicati i
servizi segreti nostrani e delle altre potenze maggiori e minori.
E‘ noto che tutti questi
circuiti del terrore hanno avuto la capacitá e la possibilità
di acquisire e di gestire enormi finanziamenti, quindi relazioni con il
mondo dell‘economia criminale che a sua volta ha sempre avuto interfacce
con quello dell‘economia formale. I miliardi di dollari prodotti dal traffico
di droga e di armi, sono stati riciclati nelle banche di tutti i paesi
occidentali ed orientali, del nord e del sud.
Con questi soldi è
immaginabile che molta gente abbia fatto affari reinvestendoli in attività
più o meno legali. A sua volta, la produzione e il traffico di armi
e di droga per riprodursi ha avuto ed ha bisogno di mercati. Il circuito
è sperimentato e in un certo senso solidale con i suoi pezzi; non
può essere altrimenti. La famiglia di Bin Laden, famiglia di grandi
petrolieri imparentata con la famiglia reale saudita, dispone di propri
uffici a Boston, e in molti altri paesi.
Spesso, l‘economia criminale
ha cercato e trovato conforto nel mondo politico, sostenendo singoli uomini
politici e successivamente scambiando favori e sostegno con occasioni di
nuovi affari.
Questo è accaduto
in oriente, ma soprattutto in occidente. L‘ex Presidente argentino Menem
è l‘ultimo politico sotto accusa, incappato tre mesi fa in una indagine
per il traffico di armi. E si ricorderá l‘affare Iran-Contras, gestito
direttamente dagli americani in una triangolazione incredibile nord-centro
America ed Iran di Komeini, con qualche supporto italiano.
Ma al di là di questi
fatti eclatanti, è molto probabile che una parte consistente dei
soldi in circolazione nelle borse e nelle banche di tutto il mondo, provengano
da traffici illegali, se è vero che solo il traffico di droga rende
una somma annuale superiore al Pil della California.
Un‘altra cosa interessante
su cui riflettere è la distribuzione di potere economico -legale
a livello mondiale: il fatturato dei due maggiori conglomerati multinazionali
del mondo è superiore ai Pil di Cina ed India.
Paesi che sono possessori
di bacini di risorse naturali tra i maggiori del mondo sono al livello
di sottosviluppo o per ben che vada, come per il Brasile, dentro la categoria
di PVS, paesi in via di sviluppo.
Le contraddizioni sociali
di questi paesi sono enormi; la distribuzione delle ricchezze che riescono
a mantenere entro il proprio territorio, allucinante; gran parte delle
ricchezze di questi paesi è da tempo ben custodita nelle banche
di Miami, di Zurigo o dei circuiti cosiddetti off-shore, inventati dagli
occidentali, dove si concentrano depositi provenienti dall‘Africa, dal
vicino ed estremo oriente, o dai traffici criminali. La settimana precedente
all‘abbattimento delle torri si è stranamente sviluppata una grande
operazione speculativa a Wall Street, contro le imprese assicurative.
Comunità consistenti
di tutti i popoli del sud del mondo, compresi gli arabi, sono diffusi in
tutti i paesi dell‘occidente, fuggiti dalla miseria, dalle discriminazioni
e dalle guerre e parallelamente richieste dalle nostre economie. Popolazioni
arabe vivono tra di noi, come i cristiani vivono da millenni in tanti paesi
arabi, dall‘Algeria, alla Tunisia, all‘Egitto, dalla Siria, all‘Irak, alla
Turchia, alla Palestina.
Come già fecero gli
italiani in America, nel nord Europa o in Australia, queste popolazioni
si stanno integrando e allo stesso tempo interagiscono con i costumi, la
gastronomia, la musica, le arti, le culture autoctone.
Per quanto riguarda l‘Europa,
l‘apporto mediorientale alla nostra popolazione e alla nostra cultura,
oltre a quanto già detto, percorre anche gli ultimi due secoli:
il cognome Turkmann, è distribuito dall‘Austria, alla Baviera, fino
a Berlino, dove, nel ‚700, il grande principe liberale Federico di Prussia
li importó per abbellire la sua capitale. E‘ di quel periodo l‘introduzione
in Europa del bidè, grande vanto dell‘igiene italiana, che peró
è arabo, come araba è la chitarra, il tappeto, la cupola,
il the, il tabacco, e molte altre cose ancora.
In questo rumore di popoli
e di culture che si incontrano e si mischiano, di contraddizioni e rapporti
globali che si intersecano, viene da chiedersi cosa sia, quale sia, l‘occidente.
Ció diventa ancora più problematico se si pensa che sono
milioni i cittadini dell‘occidente che sono diffusi nei paesi che non sono
ad occidente; se si pensa che ciò che era piú ad occidente
di tutto, l‘America, si costituisce con il genocidio di popolazioni autoctone
che vi erano presenti da 40 mila anni, gli „indiani“ precolombiani, che
però provenivano dall'oriente estremo, e con il contributo massiccio
di popolazioni provenienti dall'Africa, nella loro funzione di schiavi.
Cosa è allora l'occidente?
Heidegger, ci dice che l'occidente è il luogo del tramonto dell'essere.
Il luogo in cui la tecnologia distrugge l‘essere e si pone come moderna
metafisica, autosufficiente ed autoreferenziale. Si potrebbe aggiungere
che ciò avviene parallelamente all'affermarsi del capitale come
condizione imprescindibile e finale.
E che l'ultimo stadio di
questo sviluppo, sembra essere contraddistinto da una tendenza: lo stesso
capitale, nella sua forma di capitale finanziario pare evitare ogni referenza
esterna che non sia se stesso, compresa la merce - dove, secondo Marx,
era incorporato lavoro umano - che diventa in un certo senso un limite.
Mi ha colpito che Papa Giovanni
Paolo II sia stato tra i pochi che, al cadere delle due torri gemelle,
abbia affermato, più o meno, che non c‘è punizione risolutrice
che non sia legata alla ricerca di soluzioni di giustizia e di solidarietà.
I servizi di intelligence
del mondo che conta, paiono essere poca cosa, tecnologicamente rozzi, rispetto
all‘intelligenza del Vaticano, che possiede una rete di ascolto diffusa
sul globo, in grado di vedere con chiarezza cosa è accaduto, di
recepire con orecchie molto sensibili ciò che accade, di pre-vedere
ciò che può accadere.
Se c`è qualcosa che
orgogliosamente ci richiama alla nozione di occidente è la capacità
critica, quella che fondò la scienza moderna, che va esercitata
verso gli altri e verso noi stessi, anche nelle ore più critiche.
Ed è preferibile una critica permanente e vigile, una mobilitazione
continua della coscienze, ad una guerra permanente contro gli altri, cioè
contro noi stessi.
Rodolfo Ricci
11
SETTEMBRE 2001, NEW YORK, LA REALTÀ SUPERA LA FANTASIA
Per una volta, si
può essere unanimi e concordi nell’affermare che ciò che
è successo a Manhattan (Twin Towers) e Washington, senza voler dimenticare
le vittime cadute nei pressi di Pittsburgh (volo United 93, decollato da
Newark), è INCREDIBILE. Questa esclamazione è senz’altro
la più diffusa, poiché nemmeno la mente criminale più
contorta sarebbe stata in grado di prevedere una catastrofe simile, ma
solo un genio militare può concepire e realizzare un disegno diabolico
di tale portata, che prevede il sacrificio di centinaia di innocenti inermi,
per colpire migliaia di innocenti altrettanto inermi, per colpire infine
il nemico: quello che fino a poche ore prima era il diavolo nord-americano.
Un Boeing si materializza
nel cielo trasparente di Manhattan, impatta una delle due torri del World
Trade Center, collocato nel centro del potere finanziario degli Stati Uniti.
Il gigante del mondo si è fatto cogliere indifeso, incapace di attivare
controlli nel proprio territorio, proprio mentre i segnali di pericolo
terroristico sono tangibili.
Per anni si è ventilata
una simile possibilità, ma la realtà ha un aspetto tragico
molto peggiore di quello che chiunque fra noi avrebbe potuto immaginare.
Orrore e disperazione sono riusciti a sintetizzarsi in pochi dettagli:
quei corpi che silenziosamente precipitavano per centinaia di metri senza
alcuna speranza; quei vigili del fuoco uccisi soltanto dal proprio coraggio.
Quella bandiera bianca che sventolava per richiamare l’attenzione diventerà
senza dubbio il simbolo di una sconfitta inattesa e termini quali: orrore,
sgomento, apocalisse, choc, tragedia, disastro, strage, non potranno più
avere un significato eufemistico per nessuno di noi.
Si tratta di un'aggressione
senza precedenti alla civiltà contemporanea, gli attentatori hanno
senz’altro agito con alle spalle una grande organizzazione, si è
trattato di un’azione perfetta, preparata nei dettagli e sfuggita all’attenzione
dei due servizi più potenti del mondo: la CIA e l’FBI. Dunque, è
difficile immaginare una responsabilità personale per ciò
che è accaduto negli Stati Uniti, per quanto ricco e animato da
profondo odio, non riesco a vedere in Bin Laden l’unico responsabile di
una strategia criminale tanto perfetta.
Lo sconcerto, l’ansia, l’angoscia
ed anche la frustrazione si leggono ancora oggi sui volti di uomini e donne,
di qualsiasi nazionalità, qualsiasi religione essi professino e
qualsiasi lingua essi parlino. Gli Stati Uniti non sono la sola vittima
degli attentati dell’11 settembre, quel giorno tutta l’umanità ha
ricevuto un forte affronto alla propria dignità, con il quale è
stata avvisata che il corso della storia è cambiato: non ci saranno
più guerre. No, la guerra convenzionalmente intesa non rientra più
tra le attività criminali del nuovo mondo globalizzato, troppo esuberante
lo strapotere americano per essere affrontato da un semplice esercito,
per quanto ben armato esso possa essere. Gli esperti del Pentagono dovranno
rivedere le linee guida della programmazione militare, e riorganizzare
su di un piano nuovo quelle strategie che, fino a pochi giorni fa, facevano
illudere il colosso statunitense di poter affrontare senza essere sconfitti
due guerre in due diversi punti del globo, ed allo stesso tempo riuscire
a sventare un attacco terroristico sul proprio territorio. Lo stesso scudo
stellare rischia di diventare un vano (e costoso) orpello da esibire agli
occhi del mondo, ma dalla scarsa utilità pratica quando le possibilità
di subire una aggressione sono così imprevedibili, ed il nemico
un ectoplasma invisibile e ben organizzato. Tutti gli aerei dirottati e
usati per le tremende missioni suicide erano impegnati in voli interni
americani, erano compagnie di bandiera di quel paese e nessuno scudo spaziale
li avrebbe intercettati.
È un evento che cambia
il mondo, che rende terribile il presente e che crea un'inquietudine forte
sul futuro: la violenza può cancellare la politica, la democrazia
e la libertà.
Così quel primato
della politica, cui si è accennato in questi giorni, non deve essere
una vacua citazione, ma deve servire a ribadire quella fiducia negli organi
istituzionali democraticamente eletti, che soli possono affrontare su di
un piano superiore le richieste di misure eccezionali e di ordine necessarie
in tale situazione.
L’odio non è una
parola qualsiasi, è un sentimento che può arrivare ad avere
aspetti e risvolti drammatici; riuscire ad arrivare alle radici di esso
è un passo essenziale, riuscire a comprendere la disperazione accumulatasi
in tanti anni di tragedie, senza che la comunità internazionale
abbia offerto una via d’uscita valida, sarà senz’altro un punto
di partenza anche per capire chi fomenta e cosa produce il fanatismo, senza
limitarci a condannarlo per le sue conseguenze disastrose.
Alle forze del caos e della
morte, che si muovono senza frontiere, bisogna rispondere costruendo finalmente,
accanto all’economia globalizzata una politica senza frontiere ed una solidarietà
altrettanto globale, che non dovrà trascurare nessuna delle situazioni
di malcontento, in qualunque parte del mondo esse si producano. Anche se,
parlare oggi di un “mondo senza frontiere” ha un sapore lievemente beffardo.
Non tutti vogliono diventare Occidente, esistono identità irriducibili,
valori non negoziabili. Nella disperata ferocia dei kamikaze si materializza,
infatti, il disprezzo dei valori che riconosciamo come "occidentali".
Una reazione cieca alimenterebbe
una spirale di violenza che darebbe un ulteriore contributo al terrore
che indistintamente pervade gli animi di donne e uomini. Una ritorsione
che ecciterebbe nuovo odio, destinato ad alimentare altra violenza in una
spirale maledetta. Certo, occorre perseguire con durezza i responsabili
degli atti di terrorismo, ma occorre anche riaprire il dialogo per risolvere
pacificamente le questioni sul tappeto nelle zone di conflitto.
Le nuove circostanze consigliano
di aprire un dibattito sulle politiche di sicurezza che devono proteggerci
di fronte alla minaccia, dissuadendo efficacemente i terroristi, però
contemporaneamente devono agire sulle situazioni di ingiustizia storica
e disuguaglianza sociale che alimentano incessantemente l’odio.
Non è utopico pensare
che oggi la pace abbia maggiori possibilità di successo, non basta
però auspicarlo: bisogna crederci, senza cedere alla paura.
Cristiano Marcellino
LA
FIEI CONDANNA GLI ATTACCHI TERRORISTICI CONTRO GLI USA E ESPRIME SOLIDARIETà
AL POPOLO AMERICANO
In un comunicato diramato
alla stampa il 12 settembre 2001 la FIEI (Federazione Italiana Emigrazione
Immigrazione), anche a nome di tutte le organizzazioni aderenti in Italia
e all’estero, esprime la piena solidarietà al popolo americano e
la piena e totale condanna dell’efferato attacco terroristico che ha seminato
distruzione e morte tra inermi cittadini americani e presumibilmente di
molti altri paesi.
La Fiei è vicina
in particolare ai connazionali ed ai cittadini americani di origine italiana
ai quali rivolge un particolare affettuoso solidale saluto.
I mandanti dei gravissimi
e raccapriccianti attentati vanno al più presto individuati e puniti.
Ad oggi il quadro delle
responsabilità non è ancora emerso.
Il perseguimento dei responsabili
di un attentato senza precedenti deve essere il più rapido possibile,
mirato e selettivo.
La Fiei, di fronte all’attacco
inaudito contro il popolo americano condanna quanti usano o intendono usare
gli strumenti del terrorismo nella vana illusione di risolvere con ciò
i conflitti che insorgono fra paesi.
Va rivendicato il primato
del confronto, del negoziato, della mediazione, del consenso della comunità
internazionale per dirimere ogni contrasto fra paesi e fra governi.
Pace, giustizia sociale,
solidarietà fra i popoli attraverso una più equa redistribuzione
della ricchezza prodotta, democrazia, devono essere i principi alla base
delle relazioni internazionali.
(Fiei, Filef e Istituto
Santi)
ATTACCO
A USA: I LEADER CGIL, CISL E UIL AD AMBASCIATA USA
I leader di CGIL,
CISL e UIL Sergio Cofferati, Savino Pezzotta e Luigi Angeletti hanno espresso,
nell’incontro che ha avuto luogo venerdì 14 settembre con l’incaricato
di affari ad interim dell’ambasciata americana a Roma William Pope, la
solidarietà e il cordoglio dei lavoratori italiani: “abbiamo portato
al rappresentante degli USA in Italia – dice il segretario generale della
CGIL – il sentimento dei lavoratori e delle lavoratrici italiani di condanna
per la violentissima sequenza di atti di terrorismo che prefigurano addirittura
una forma inedita di guerra. Abbiamo espresso il cordoglio per le vittime
e le famiglie, riconfermando la sensibilità e la volontà
dei sindacati italiani di partecipare in difesa delle regole della democrazia
e della libertà”.
Cofferati ha poi aggiunto
che il messaggio dei sindacati italiani è stato accolto con favore
e ha ribadito che il sindacato “condanna gli atti di terrorismo, qualunque
sia la loro provenienza e la loro dimensione”. Il segretario generale della
Cgil ha anche reso noto che il sindacato italiano ha chiesto alla Confederazione
Europea dei Sindacati di promuovere iniziative che dovrebbero essere decise
nelle prossime ore.
(LT, Rassegna stampa Cgil)
D’ALEMA:
ORRORE E INDIGNAZIONE PER UN CRIMINE SENZA PRECEDENTI
Riproduciamo l’intervento
che l’On. Massimo D’Alema ha pronunciato alla Camera dei deputati nella
seduta straordinaria del 12 settembre dedicata ai gravissimi fatti di terrorismo
accaduti negli Stati Uniti.
“Signor Presidente della
Camera, signor Presidente del Consiglio, colleghi deputati, in tutti noi
che abbiamo vissuto nelle nostre case questa immane tragedia vi è
un sentimento di orrore ed indignazione per un crimine senza precedenti
che colpisce l'umanità intera e non solo gli Stati Uniti d'America.
Innanzitutto, noi sentiamo il bisogno di esprimere solidarietà ed
amicizia verso il popolo americano, così duramente e barbaramente
colpito, verso il Governo degli Stati Uniti, verso il Presidente. Ci sentiamo,
con l'Europa, a fianco degli Stati Uniti: non solo perché alleati
- di un'alleanza che si è cementata nel corso di una lunga storia
durante la quale per ben due volte, nella prima e nella seconda guerra
mondiale, gli americani hanno versato il loro sangue per la pace e la libertà
del nostro continente - ma anche perché sentiamo minacciati ed offesi
i valori comuni.
Occorre individuare e colpire
i colpevoli. Noi riteniamo che il Governo - che vogliamo ringraziare per
avere tempestivamente accettato di venire in Parlamento ed anche per le
informazioni che, nel corso della giornata di ieri, sono state date all'opposizione
- debba mettere a disposizione dell'Europa e degli Stati Uniti tutto quanto
l'Italia potrà fare sul terreno della solidarietà e sul terreno
dell'impegno delle nostre forze nella ricerca e nella punizione dei responsabili.
Noi siamo di fronte ad un
atto di terrorismo internazionale, non siamo in guerra; il che significa
che occorre colpire i colpevoli sulla base di un principio di legalità
internazionale. Una reazione cieca alimenterebbe, invece, una spirale di
violenza che è forse tra gli obiettivi dei terroristi.
Siamo ad una sfida drammatica,
e non sfugge a noi che questo è un evento che cambia la storia del
mondo, che incide sugli assetti politici, sul concetto di sicurezza, sulla
psicologia, sul senso comune di miliardi di esseri umani. Se vogliamo vincere
questa sfida, che è la sfida della civiltà contro la barbarie,
dobbiamo essere fedeli ai nostri valori: la democrazia, la libertà,
la tolleranza, la giustizia.
La lotta contro la violenza
e contro il terrorismo non è soltanto o soprattutto una battaglia
militare, non è la lotta dell'occidente contro l'islam o lo scontro
tra la civiltà occidentale ed il sud del mondo; è la lotta
dell'umanità intera contro la barbarie per la sicurezza e per la
pace.
La sicurezza è un
bene indivisibile: non c'è sicurezza qui da noi se c'è guerra
in Medio oriente; se c'è conflitto, se c'è disperazione e
odio in altre parti del mondo, anche qui siamo insicuri, e non c'è
nessuna difesa soltanto militare contro questo pericolo, come dimostra
il fatto che è stata colpita la più grande potenza del mondo.
Occorre, quindi, il primato
della politica, occorre affrontare le ragioni dell'odio, della disperazione,
del fanatismo, che certo non giustificano il terrorismo, ma che forniscono
ad esso le persone disposte a morire pur di uccidere.
Occorre bonificare i giacimenti
dell'odio, offrire una prospettiva di speranza, possibilità di affermazione
dei propri diritti, là dove incancreniscono da decenni crisi che
appaiono prive di prospettive e di vie di uscita. Spetta alla comunità
internazionale ed anche all'Italia riprendere con forza questa azione.
Rivendichiamo un primato
della politica, anche se sappiamo bene che vi sono momenti in cui è
inevitabile l'uso della forza, e abbiamo dimostrato nel Kosovo di sapere
prendere le nostre responsabilità. Ma è necessario che la
politica sappia trovare e percorrere un nuovo cammino.
Dipende da questo il mondo
che consegneremo ai nostri figli, che vogliamo sia liberato dall'odio e
dalla paura, nel quale vogliamo si possa vivere con serenità e si
possano alimentare le proprie speranze.
RUTELLI:
CHI HA COLPITO L’AMERICA HA VOLUTO COLPIRE LA DEMOCRAZIA OCCIDENTALE
L’On Francesco Rutelli,
è intervenuto nel dibattito alla Camera nella sua veste di
capo gruppo dell’Ulivo in Parlamento: Questo il testo del suo intervento:
“Noi ci sentiamo fraternamente
al fianco del popolo americano, della democrazia degli Stati Uniti d'America
e dei suoi legittimi rappresentanti. La ferita atroce che ha colpito questo
popolo, nostro fratello, rafforza i legami che ci rendono inseparabili
tra le due sponde dell'Atlantico. Chi ha colpito l'America ha voluto colpire
la democrazia occidentale ed ha attentato alle nostre libertà. Ci
sentiamo solidali innanzitutto per questo oltre che per la vicinanza umana
alle famiglie tragicamente colpite.
Signor Presidente, per noi
italiani la solidarietà ha però un segno speciale: è
costruita sui valori democratici ma anche - ricordiamolo ai ragazzi di
oggi (lo ha fatto il Presidente della Camera e l'onorevole D'Alema poco
fa) - sul sangue di migliaia e migliaia di giovani americani, che hanno
dato un contributo decisivo a scacciare la dittatura fascista a partire
da quel 10 luglio 1943, quando i soldati alleati sbarcarono in Sicilia.
Da lì è iniziata l'alba della nuova Italia. Su questi valori,
signor Presidente del Consiglio, non può esserci divisione nel nostro
paese, ed io esprimo il pieno impegno politico delle opposizioni a fianco
del Governo.
Dico di più: tutta
l'Italia è oggi unita contro il terrorismo. Questa non è
un'espressione generica, frutto dell'emozione perché migliaia e
migliaia di persone sono morte. Poiché quella violenza è
contro la civiltà, occorre fermare e colpire i terroristi, contrastare
senza compromessi chi li alimenta ed anche chi li tollera. Non sappiamo
oggi chi abbia concepito e realizzato questa azione; la reazione dovrà
però scaturire - attenzione - da questo accertamento dei fatti.
La convergenza piena di maggioranza ed opposizione, signor Presidente del
Consiglio, riguarda specialmente quest'impegno.
Oggi sono in causa anche
le domande più profonde della persona umana. Chi si pensava invulnerabile
non lo è; chi si pensava al di sopra dei rischi non lo è;
chi pensava ad un modello di crescita infinito o addirittura alla fine
della storia sa che questo non è e non sarà. Miliardi di
donne e di uomini oggi pensano che un mondo unito parta anche dalla capacità
di guardarci dentro e da un sistema di valori che costruisca il futuro
in modo condiviso.
Signor Presidente, occorrono
quindi fermezza e forza, nonché intelligenza e saggezza. Speriamo
che la comunità internazionale abbia capito che equiparare sionismo
e razzismo era un tentativo falso, assurdo ed umiliante. Speriamo anche
che chi pensi di comprimere, come in una pentola a pressione, conflitti
e divergenze senza risolvere i nodi politici e di convivenza, capisca di
rischiare di esasperare e peggiorare la situazione. Non si può credere
che dalla crescita dell'odio possa nascere la pace, e tanto meno la sicurezza.
Non si può credere che disinteressarsi ed abbandonare il Medio Oriente
al suo destino possa portare risultati.
Signor Presidente del Consiglio,
vorrei esprimere correttamente un dissenso rispetto alle dichiarazioni
da lei rilasciate nella serata di ieri: mi riferisco alla difesa - ne parleremo
meglio in futuro - del cosiddetto scudo spaziale. Penso che proprio la
vicenda di ieri abbia dimostrato la fine di quel progetto politico-strategico,
perché se abbiamo a che fare con decine di persone che sono pronte
ad immolare la loro vita con una pianificazione anticipata di mesi, è
evidente che quell'altro ordine di priorità, che proprio il Congresso
americano ha iniziato a discutere (pensiamo solo allo smantellamento dell'arsenale
nucleare dell'ex Unione Sovietica), meriti di essere esaminato con ben
maggiore attenzione.
Signor Presidente, pensiamo
sia necessario attrezzarci per fronteggiare, tutti insieme, rischi e minacce
che non credo si siano esauriti con la giornata di ieri. Lo dobbiamo fare
insieme con l'Europa e con l'Alleanza atlantica. Siamo pronti a farlo perché
ne va della libertà di tutti e del mantenimento della pace nel mondo.
È vero ciò
che ha scritto un grande giornale: oggi noi ci sentiamo tutti americani;
di più, ci sentiamo più fermi di prima nella difesa dei nostri
valori, delle radici della nostra democrazia.
FAUSTO
BERTINOTTI: NULLA GIUSTIFICA L’USO DI TALE VIOLENZA
Abbiamo assistito,
in diretta Tv, a un evento sconvolgente, a una gigantesca tragedia. Ciò
che ieri (11 settembre, ndr) è accaduto a New York e a Washington,
anche se mancano a tutt’ora le informazioni e gli elementi necessari per
una compiuta valutazione politica, ha certo pochi paragoni storici. Di
fronte a questo trauma, che certo inciderà in profondità
sugli equilibri internazionali, sulla politica e sulla nostra stessa iniziativa
politica, ci sentiamo di dire, prima di tutto, che siamo sconvolti dalla
distruzione di vite umane che è stata così freddamente e
barbaramente perpetrata. Non conosciamo, in queste ore, il numero delle
vittime. Non siamo in grado di definire né le responsabilità
né la dinamica effettiva degli eventi. Ma è possibile che
esse siano centinaia, forse migliaia, di persone, di donne e uomini incolpevoli.
La violenza distruttiva della guerra investe ora l’ordinaria quotidianità.
Qui è tutto improvviso, imprevisto, privo di comprensibilità.
E’ stato colpito anche il
simbolo di una civiltà, di un Paese, di un impero. Una sequenza
di attentati che sembrano denotare un livello molto elevato di “potenza
organizzativa”, ma che definiscono soprattutto una cieca disumanità
distruttiva: rispetto ad essa la nostra condanna è irriducibile
– assoluta. Non c’è nulla che giustifichi l’uso di tale violenza.
Non ci sono ragioni in nome delle quali sia lecito pagare un prezzo così
alto in termini di vite umane.
L’altro elemento traumatico
è l’estrema vulnerabilità di tutti i simboli della civiltà
occidentale. Anche quelli dei vertici e dei poteri più alti, che
sembrerebbero corazzati contro ogni pericolo, si sono rivelati vulnerabili,
come qualsiasi altro luogo della nostra quotidianità. Anche questo
ci propone una riflessione di fondo su questa fase e su quella che abbiamo
definito come crisi dei processi di globalizzazione.
Intanto, dobbiamo
batterci perché a questa tragedia non seguano ritorsioni tali da
mettere in moto soltanto ulteriori spirali distruttive. Diciamo no alle
politiche di ritorsione, così come diciamo no a ogni tipo di fondamentalismo,
politico, religioso, imperiale. Dobbiamo sapere che la nostra stessa azione
politica, adesso, diventa molto più difficile, proprio nel momento
in cui il movimento tende a crescere e a radicarsi su scala nazionale e
internazionale: il pericolo è grande per la politica in quanto tale
e per gli stessi spazi di agibilità democratica. Quando fenomeni
così grandi, enormi, di distruttività e di guerra prendono
il sopravvento, la prospettiva che si affaccia è sempre quella della
“notte della politica”.
Noi continuiamo a ritenere,
all’opposto, che l’unico antidoto efficace alla violenza è la partecipazione
politica, è il protagonismo di massa.
FORUM
ITALIANI NEL MONDO: SOLIDARIETà AL POPOLO AMERICANO
Orrore, indignazione,
condanna, volontà di difesa e di punizione dei colpevoli. Solidarietà
sincera e profonda al popolo americano, colpito nella sua sicurezza, nei
suoi simboli di libertà, nei suoi interessi materiali e morali.
Ricerca di ogni forma di
collaborazione e di intesa tra tutte le forze democratiche per respingere
un progetto omicida e un intento di barbarie, per manifestare la necessaria
fermezza e per restituire alla politica il suo insostituibile compito di
costruzione della coesistenza e della comune sicurezza. Per bonificare
le fonti dell’odio e della contrapposizione, che alimentano ingiustizia
e violenza.
Un forte impegno di solidarietà
e di operoso collegamento, in particolare, con la comunità italoamericana,
che dello sviluppo della maggiore potenza mondiale è stata parte
attiva ed essenziale.
Un pensiero amichevole ed
affettuoso agli amici del Forum di New York, che sapranno interpretare
le emozioni ed i sentimenti di queste tragiche ore per contribuire, in
dialogo con le altre componenti della nostra comunità, a ritrovare
presto la strada della fiducia e della costruzione della democrazia e del
benessere.
(Norberto Lombardi, Coordinatore
del Forum per gli Italiani nel Mondo)
L’USEF:
CORDOGLIO PER LE VITTIME INNOCENTI E SOLIDARIETÀ ALLA COMUNITA’
ITALIANA
L’Unione Siciliana
Emigrati e Famiglie (U.S.E.F.), esterrefatta e sbigottita per il grave
e luttuoso atto terroristico che colpisce l’America, esprime sentite condoglianze
alle famiglie delle numerose e innocenti vittime e solidarietà alla
numerosa comunità italiana, che al pari di quella americana, ha
passato e sta passando momenti di drammatico dolore.
L’U.S.E.F., ha preso contatti
con i rappresentanti del movimento associativo, offrendo loro non solo
la propria solidarietà, ma anche la propria disponibilità
ad utilizzare tutti i propri canali ed i propri contatti, per fare da tramite
al fine di tranquillizzare le famiglie in Italia e in Sicilia.
Intanto, per tutto quello
che sarà possibile, manteniamo aperti i contatti con l’Associazione
Siciliane Unite (A.S.U.), con la nostra Consultrice in USA e con tutti
i nostri punti di riferimento, per tutto quello che ci sarà possibile
fare e per restare a completa disposizione della comunità.
La nostra sede di Palermo,
resta invece a disposizione dei parenti che volessero, attraverso noi,
contattare parenti ed Autorità.
L’indirizzo dell’USEF è:
Via Delle Scuole, 2 – 90134 Palermo. Tel. 091/333456 - Fax 091 90134.
Il Presidente (Sen. Angelo
Lauricella)
Il Segretario Generale (Salvatore
Augello)
MESSAGGIO
DEI DS DI MONACO AL CONSOLE USA
Gentile Console, la
Sezione di Monaco dei Democratici di Sinistra esprime le sue più
sentite condoglianze e la sua solidarietà al governo e al popolo
degli Stati Uniti riguardo gli odiosi atti di terrorismo che hanno ucciso
e ferito così tanti innocenti. Con questi terribili atti, i terroristi
hanno colpito l’umanità intera, ma non vinceranno. I democratici
di tutto il mondo sapranno reagire, rafforzando l’impegno per un mondo
basato sulla democrazia, la tolleranza, l’integrazione, il dialogo fra
culture, religioni e idee differenti.
Il Segretario della Sezione
DS , Claudio Cumani
ALDO
LORENZI (Azzurri nel Mondo): SGOMENTO E INDIGNAZIONE PER GLI ATTENTATI
L’Associazione “Azzurri
nel Mondo”, a nome dei propri iscritti sia residenti in Italia che in tutti
gli Stati del mondo, esprime sgomento ed indignazione per gli attentati
compiuti negli Stati Uniti.
“Azzurri nel Mondo” è
vicina ai cittadini americani, di cui una gran parte è di origine
italiana, per i gravi lutti subiti e partecipa al loro dolore per l’immane
tragedia.
L’Associazione auspica che
venga attuata una lotta senza quartiere al terrorismo che con questo spaventoso
atto vuole colpire l’intera comunità internazionale mettendo in
discussione i valori di libertà e di democrazia.
“BELLUNESI
NEL MONDO”: SGOMENTO PER LA STRAGE, COMPIANTO PER LE VITTIME E SOLIDARIETA’
ALLE FAMIGLIE
L’Associazione “Bellunesi
nel Mondo”, sgomenta per l’orribile strage di New York, preoccupata per
il dilagare dell’odio e della violenza che sta aggredendo il mondo, compiange
le migliaia di vittime innocenti, esprime la propria solidarietà
ai famigliari, al popolo americano e in particolare ai tantissimi italiani
– tra cui numerosi bellunesi – che a New York e negli Stati Uniti hanno
trovato la seconda Patria e che in queste giornate stanno vivendo l’angoscia
e la sofferenza per questa spaventosa tragedia.
MARTINI
AL CONSOLE USA: “UN ATTO GRAVISSIMO. VICINI AL POPOLO AMERICANO”
Il presidente della
Regione Toscana, Claudio Martini, è stato raggiunto dalla notizia
dei drammatici attentati negli Stati Uniti a Lucca, dove era previsto un
incontro con il ministro dell’ambiente Altero Matteoli. Martini e Matteoli,
vista la gravissima situazione determinatasi, hanno deciso di comune accordo
a disdire l’incontro, e di rientrare rispettivamente a Firenze e a Roma.-
Il Presidente Martini ha
subito inviato una lettera al console generale degli Stati Uniti a Firenze,
Daria Hollwell.
“Seguo con partecipe apprensione
– scrive Martini – lo sviluppo dei drammatici eventi che hanno insanguinato
il cuore di New York e dell’America e che stanno suscitando grande preoccupazione
in tutto il mondo. E’ un atto gravissimo che non può non sollevare
la riprovazione di tutti i Paesi della Terra”.
“Vorrei che, per suo tramite
– prosegue la lettera di Martini – le Autorità del suo Paese e tutto
il popolo americano sapessero che il legame di profonda amicizia che unisce
la Toscana agli Stati Uniti è oggi ancora più forte e che
ci sentiamo vicini e solidali con le persone e con le famiglie così
dolorosamente colpite”.
Martini conclude la sua
lettera al console Hollwell dicendosi convinto che il Governo degli Stati
Uniti saprà responsabilmente fronteggiare l’attacco del terrorismo
senza per questo incrinare il ruolo di grande potenza che opera per la
pace nel mondo.