BRUXELLES - Renato
Ruggiero non ci sta proprio a passare per un tecnico che esegue la politica
estera concepita da altri. Ritiene "inaccettabili" le parole di Silvio
Berlusconi che nell'intervista su Repubblica di ieri ha detto: "Ruggiero
è un ministro tecnico e in questa veste io l'ho chiamato al governo:
non c'è alcuna possibilità che quel che dice abbia conseguenze
politiche". Il titolare della Farnesina, che ieri si riposava in Val Gardena
ma in serata ha raggiunto Milano, spiega ai suoi collaboratori che la visione
della politica estera italiana esposta dal capo del governo in quell'intervista
"è inaccettabile in sé e ancor di più se letta contestualmente
con i concetti analoghi espressi da Bossi con il suo linguaggio più
rozzo".
A chi è riuscito a
parlargli ieri, Ruggiero ha raccontato che è stata proprio l'intervista
di Berlusconi a Repubblica a riaprire il caso che invece "poteva ritenersi
chiuso" con le precisazioni affidate a un comunicato, giovedì pomeriggio,
da Paolo Bonaiuti, il portavoce di Palazzo Chigi. Quella definizione di
"ministro tecnico" brucia al titolare della Farnesina il quale ricorda
che "proprio Berlusconi, nella prima riunione del governo, aveva sottolineato
la lunga esperienza politica del nuovo ministro il quale aveva ricoperto
incarichi ministeriali in due governi fra il 1987 e il 1990, più
a lungo di tutti". "Se tecnico significa "esperto"", confida Ruggiero a
chi gli sta vicino, "la cosa mi va benissimo, ma se con quella parola si
vuole intendere mero esecutore o, peggio, funzionario di Arcore, allora
non posso starci". Insomma, il ministro si ritiene titolare della politica
estera: e solo a questa condizione può restare nel governo.
Il caso aperto dalle interviste
che denunciavano lo scarso entusiasmo del governo per l'euro non è
dunque risolto, mentre l'Ulivo chiede a Casini un immediato confronto parlamentare
col governo. E "l'intervista del presidente del Consiglio aumenta le difficoltà
invece di diminuirle", ha confidato Ruggiero amareggiato ai suoi collaboratori.
Già nel (relativo)
riposo della Val Gardena, si è preparato al "chiarimento" che dovrebbe
avvenire nel vertice di maggioranza di inizio settimana. Oggi e domani
continuerà a discutere con i suoi collaboratori dalla sua casa milanese
nella convinzione che, dopo le polemiche di questi giorni e mentre l'Unione
europea si prepara all'importante fase di revisione istituzionale decisa
a Laeken, un "chiarimento di fondo" sia ormai necessario. "Il quadro è
poco chiaro", ritiene Ruggiero. L'opacità che preoccupa il ministro
degli Esteri non riguarda l'impegno europeista del premier ma l'azione
di alcuni ministri che "pretendono di essere compartecipi della gestione
della politica estera o di influenzarla". C'è Umberto Bossi che
straparla in nome della sua Padania; c'è Antonio Martino che non
ha mai creduto nell'euro e che distilla quotidianamente il suo euroscetticismo;
c'è Buttiglione che sogna di silurare Ruggiero per prenderne il
posto.
"Tutto questo non può
continuare perché ne va di mezzo la credibilità del paese
nei confronti dei partner", ritiene il ministro degli Esteri. Da qui la
tentazione di utilizzare l'occasione offerta dal vertice di inizio settimana
per il "chiarimento di fondo". Previsioni su come andrà a finire
quel vertice? Alla Farnesina non sono ottimisti. "E' difficile prevedere
una conciliazione", si afferma, "e se deve esserci una rottura forse sarebbe
meglio adesso che fra qualche mese". Ma la rottura sarà prima o
poi davvero inevitabile? Ruggiero, nonostante tutto, si sforza di mantenere
un filo d'ottimismo. "Basterebbe poco", dice ai suoi collaboratori, "basterebbe
fissare qualche regola di comportamento per tutti e mettere qualche paletto
che il dibattito sull'Europa non dovrebbe mai superare per essere costruttivo".
(5 gennaio 2002)