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Ruggiero contesta Berlusconi
"Guido io la politica estera"

dal nostro corrispondente FRANCO PAPITTO
- 5 gennaio 2002


 
 BRUXELLES - Renato Ruggiero non ci sta proprio a passare per un tecnico che esegue la politica estera concepita da altri. Ritiene "inaccettabili" le parole di Silvio Berlusconi che nell'intervista su Repubblica di ieri ha detto: "Ruggiero è un ministro tecnico e in questa veste io l'ho chiamato al governo: non c'è alcuna possibilità che quel che dice abbia conseguenze politiche". Il titolare della Farnesina, che ieri si riposava in Val Gardena ma in serata ha raggiunto Milano, spiega ai suoi collaboratori che la visione della politica estera italiana esposta dal capo del governo in quell'intervista "è inaccettabile in sé e ancor di più se letta contestualmente con i concetti analoghi espressi da Bossi con il suo linguaggio più rozzo".

A chi è riuscito a parlargli ieri, Ruggiero ha raccontato che è stata proprio l'intervista di Berlusconi a Repubblica a riaprire il caso che invece "poteva ritenersi chiuso" con le precisazioni affidate a un comunicato, giovedì pomeriggio, da Paolo Bonaiuti, il portavoce di Palazzo Chigi. Quella definizione di "ministro tecnico" brucia al titolare della Farnesina il quale ricorda che "proprio Berlusconi, nella prima riunione del governo, aveva sottolineato la lunga esperienza politica del nuovo ministro il quale aveva ricoperto incarichi ministeriali in due governi fra il 1987 e il 1990, più a lungo di tutti". "Se tecnico significa "esperto"", confida Ruggiero a chi gli sta vicino, "la cosa mi va benissimo, ma se con quella parola si vuole intendere mero esecutore o, peggio, funzionario di Arcore, allora non posso starci". Insomma, il ministro si ritiene titolare della politica estera: e solo a questa condizione può restare nel governo. 

Il caso aperto dalle interviste che denunciavano lo scarso entusiasmo del governo per l'euro non è dunque risolto, mentre l'Ulivo chiede a Casini un immediato confronto parlamentare col governo. E "l'intervista del presidente del Consiglio aumenta le difficoltà invece di diminuirle", ha confidato Ruggiero amareggiato ai suoi collaboratori. 

Già nel (relativo) riposo della Val Gardena, si è preparato al "chiarimento" che dovrebbe avvenire nel vertice di maggioranza di inizio settimana. Oggi e domani continuerà a discutere con i suoi collaboratori dalla sua casa milanese nella convinzione che, dopo le polemiche di questi giorni e mentre l'Unione europea si prepara all'importante fase di revisione istituzionale decisa a Laeken, un "chiarimento di fondo" sia ormai necessario. "Il quadro è poco chiaro", ritiene Ruggiero. L'opacità che preoccupa il ministro degli Esteri non riguarda l'impegno europeista del premier ma l'azione di alcuni ministri che "pretendono di essere compartecipi della gestione della politica estera o di influenzarla". C'è Umberto Bossi che straparla in nome della sua Padania; c'è Antonio Martino che non ha mai creduto nell'euro e che distilla quotidianamente il suo euroscetticismo; c'è Buttiglione che sogna di silurare Ruggiero per prenderne il posto.

"Tutto questo non può continuare perché ne va di mezzo la credibilità del paese nei confronti dei partner", ritiene il ministro degli Esteri. Da qui la tentazione di utilizzare l'occasione offerta dal vertice di inizio settimana per il "chiarimento di fondo". Previsioni su come andrà a finire quel vertice? Alla Farnesina non sono ottimisti. "E' difficile prevedere una conciliazione", si afferma, "e se deve esserci una rottura forse sarebbe meglio adesso che fra qualche mese". Ma la rottura sarà prima o poi davvero inevitabile? Ruggiero, nonostante tutto, si sforza di mantenere un filo d'ottimismo. "Basterebbe poco", dice ai suoi collaboratori, "basterebbe fissare qualche regola di comportamento per tutti e mettere qualche paletto che il dibattito sull'Europa non dovrebbe mai superare per essere costruttivo". 

(5 gennaio 2002)