Tremaglia commemora i
caduti di El Alamein: "La causa per la Patria non è mai sbagliata"
"Un gesto doveroso perché alla
fedeltà alla bandiera e alla Patria, da qualunque parte testimoniata,
rappresenta un valore imperituro. Qui riposano migliaia di ragazzi. La
causa per la patria non è mai sbagliata. Vale per gli italiani,
gli inglesi e per qualsiasi altro Paese"
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
HA COMMEMORATO I CADUTI DI EL ALAMEIN
"Il mondo è cambiato profondamente",
anche grazie alla "stessa generazione che si era combattuta a El Alamein.
Noi, i sopravvissuti, lo abbiamo giurato nei nostri cuori: mai più
guerre tra di noi. Abbiamo cercato di costruire un mondo diverso e migliore,
più libero e più giusto"
LE FRECCE TRICOLORI HANNO
SORVOLATO IL LUOGO DOVE SI E' SVOLTA LA BATTAGLIA
"Mancò la fortuna, non il valore"
... mentre El Alamein veniva sorvolata da una formazione della pattuglia
acrobatica italiana delle Frecce Tricolori
UN FILM ED UNA MOSTRA
SUL SACRIFICIO ITALIANO IN EGITTO
-
"Il mio non è un film di guerra
alla maniera degli americani, che usano un'infinità di effetti speciali
e trascurano quello più importante: l'emozione. Il mio è
un film in cui il fattore umano è quello più importante:
per questo ho voluto far parlare questi uomini, che avevano vent'anni sessanta
anni fa e che credevano di aver vinto mentre già era iniziata la
ritirata"
LA TESTIMONIANZA DEI MILITARI
ITALIANI CHE HANNO COMBATTUTO IN AFRICA
-
"ci ritrovammo tutti uniti, sia noi
dell'Africa, quelli del sud e quelli del nord, nella consapevolezza di
aver compiuto ciascuno il proprio dovere. Questo è stato El Alamein
per noi, per voi giovani sono pagine di storia, per noi sono solchi profondi
nella nostra vita"
IL GENERALE RICCARDO BASILE
DIFENDE L'OPERATO DEI NOSTRI SOLDATI IN AFRICA
-
"Voglio anche sfatare l' idea che
i nostri soldati non furono del grandi combattenti. A questo proposito
voglio citare il fatto che durante la Seconda Guerra mondiale gli italiani
non conobbero diserzioni, non si sottrassero mai al combattimento, anche
in situazioni di palese inferiorità come a El Alamein"
Anche gli inglesi ricordano
El Alamein
-
La Gran Bretagna ha ricordato i 60
anni dalla battaglia di El Alamein con una cerimonia all'Abbazia di Westminster
cui hanno partecipato alcuni membri della famiglia reale nonchè
i figli dei due generali rivali, Bernard Montgomery ed Erwin Rommel
CERCO' PER OLTRE VENT'ANNI
LE SALME DEI SOLDATI ITALIANI CONTRIBUENDO A CREARE IL MAUSOLEO
Ingegnere, umanista, esploratore,
artista e scrittore, a El Alamein comandante di un battaglione del Genio
guastatori alpino, dopo la guerra Caccia Dominioni si è isolato
per dieci anni nel deserto della Libia e dell'Egitto per recuperare le
salme dei morti, commilitoni e nemici, e costruire il sacrario alla memoria.
La lapide recita: "Fra sabbie non più deserte sono qui per l'eternità
i ragazzi della Folgore: fior fiore d'un esercito d'un popolo in armi.
Caduti per un'idea, senza rimpianti, ammirati nel ricordo dello stesso
nemico...".
Tremaglia commemora i caduti di
El Alamein: "La causa per la Patria non è mai sbagliata"
(9colonne) ROMA - Il ministro degli
italiani nel mondo, Mirko Tremaglia, di ritorno da El Alamein (Egitto)
dove, la domenica 20 ottobre ha commemorato i caduti della battaglia insieme
al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, racconta l'emozione
della visita dei sacrari di tutti i soldati che hanno combattuto in Egitto:
"Un gesto doveroso - ha commentato Tremaglia - perché alla fedeltà
alla bandiera e alla Patria, da qualunque parte testimoniata, rappresenta
un valore imperituro. Qui riposano migliaia di ragazzi. La causa per la
patria non è mai sbagliata. Vale per gli italiani, gli inglesi e
per qualsiasi altro Paese". Il ministro ha poi voluto elogiare i soldati
che hanno preso parte alla battaglia: "Il loro valore è il più
sublime segno dell'eroismo di cui può essere capace chi incarna
il proprio dovere fino ad immolare il proprio sangue". Il ministro ha sostato
in
raccoglimento di fronte alle lapidi che ricordano i Caduti nel mausoleo
di El Alamein, mentre la Fanfara dei Bersaglieri suonava il Silenzio fuori
ordinanza. Presso il Sacrario inglese Tremaglia ha avuto un toccante incontro
con il Generale di Brigata Townsed, Segretario Generale dei Reduci per
la Regione Britannica, che ha sottolineato l'importanza della scelta del
ministro di rendere omaggio, con la sua presenza, a tutti i morti di El
Alamein, senza distinzioni di parte". Tremaglia, inoltre, è convinto
che "A El Alamein i nostri soldati meritavano di vincere. L'ho detto e
lo confermo". Il ministro cita anche la dichiarazione di "un importante
esponente della sinistra italiana, che non nomino. Mi ha detto: "Caro Mirko,
gli inglesi facevano la guerra per vincere, e così i francesi, gli
americani e i tedeschi. I nostri dovevano farla per perdere? Ti rinnovo
la mia stima"". "Quei ragazzi, il cui valore è stato riconosciuto
dagli stessi nemici - dice Tremaglia - dovevano farsi ammazzare per niente?".
La polemica è vecchia ma la domanda d'obbligo: e se in Africa avessero
vinto i nazifascisti? Tremaglia ribatte: "Io non faccio i processi alla
storia, che è andata come sappiamo, ma non cambio le mie idee. E
chi ci assicura che Mussolini non entrò in guerra a fianco dei tedeschi
anche su pressione di Churchill per garantire tutti i Paesi europei in
caso di vittoria di Hitler? Molti storici avanzano l'ipotesi che ci fosse
proprio questo in una delle lettere che Mussolini portava sempre con sè
nella borsa che andò perduta a Dongo".
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
HA COMMEMORATO I CADUTI DI EL ALAMEIN
Ciampi: "L'Onu alla base della convivenza"
(9colonne) EL ALAMEIN (EGITTO) - La
pesante eredità della Seconda Guerra Mondiale, che ebbe nella battaglia
di El Alamein uno dei momenti più tragici e decisivi, ha portato
i popoli protagonisti di quel conflitto a immaginare, attraverso le Nazioni
Unite, una "comunità internazionale che crede nel diritto e nella
collaborazione tra gli stati". Carlo Azeglio Ciampi sintetizza così
la sua visita in Egitto in occasione del 60mo anniversario dello scontro,
che decise la campagna d'Africa dell'ultimo conflitto. "Qui si sono affrontati
oltre 300 mila giovani, non sapremo mai quanti hanno lasciato la vita in
questa battaglia", ha detto il capo dello Stato rivolgendosi ai reduci
italiani e alle migliaia di persone che hanno partecipato alla cerimonia
giungendo dalla Germania, dall'Italia, da tutti i Paesi del ComMOnwealth.
"La guerra divise nazioni e popoli con comuni radici di civiltà
e fitti legami di sangue e di amicizia". La cosa più importante,
però, è che alla fine della guerra stessa "i totalitarismi
furono sconfitti". Da allora "Il mondo è cambiato profondamente",
anche grazie alla "stessa generazione che si era combattuta a El Alamein.
Noi, i sopravvissuti, lo abbiamo giurato nei nostri cuori: mai più
guerre tra di noi. Abbiamo cercato di costruire un mondo diverso e migliore,
più libero e più giusto". Ad ascoltare Ciampi, tra gli altri,
il governatore generale di Australia, Peter Hollingworth, il primo ministro
neozelandese, Helen Clark, il duca di Kant. Il presidente della Repubblica
era giunto a El Alamein con un volo speciale decollato in mattinata da
Ciampino. Dopo aver presenziato alla cerimonia, segnata dal passaggio delle
Frecce Tricolori, il capo dello Stato dal microfono ha svolto una lunga
riflessione, tutta incentrata sul ricordo e sulle necessità di garantire
per il futuro la pace e la sicurezza tra i popoli. "Le generazioni che
non hanno vissuto la guerra devono avere piena consapevolezza delle conquiste
di libertà e di democrazia", ha detto, parlando ai piedi della grande
torre esagonale in calcare bianco che ospita i resti di circa 1.800 soldati
italiani. La fece costruire un ex colonnello che a El Alamein perse quasi
tutti i compagni, Paolo Caccia Dominioni, il quale dal '45 al '62 passò
la sua vita sulla piana di El Alamein per raccogliere le salme delle vittime
di quella battaglia. ù Molti dei Paesi che vi si affrontarono hanno
dato vita in Europa "al grande progetto di unità e di integrazione
dell'Unione Europea", ha aggiunto il capo dello Stato. "La carta delle
Nazioni Unite ha recepito l'anelito di pace e la consapevolezza della necessità
di un impegno comune. Ha stabilito le regole di una comunità internazionale
che crede nel diritto e nella collaborazione tra gli Stati". Per questa
ragione "i soldati delle nostre Nazioni oggi assolvono insieme compiti
difficili e pericolosi nei Balcani, in Afghanistan, nel vigilare una pace
talvolta precaria in varie parti del mondo". E', ha concluso Ciampi, la
diretta continuazione di quel fatto tragico di sessant'anni fa, che oggi
può essere rievocato senza rancori da "noi reduci di ogni Nazione
che siamo ancora una volta in insieme in questo deserto, uniti da un comune
ideale di civiltà a onorare la memoria di quanti, di ogni patria
e di ogni Nazione, caddero qui combattendo".
LE FRECCE TRICOLORI HANNO SORVOLATO
IL LUOGO DOVE SI E' SVOLTA LA BATTAGLIA
Una cerimonia commovente per ricordare i caduti
(9colonne) EL ALAMEIN (EGITTO) - "Mancò
la fortuna, non il valore": il motto simbolo di El Alamein, la località
del deserto egiziano nella quale da luglio a novembre 1942 si combatterono
tre battaglie importanti della seconda guerra mondiale tra l'esercito anglo-americano
e quello dell'"Asse" italo-tedesco, è stato citato dal presidente
della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi durante la cerimonia internazionale
svoltasi nel sacrario italiano sulla costa nord egiziana per celebrare
il 60/o anniversario di quell'evento. Presenti alla cerimonia il ministro
della difesa, Antonio Martino, il ministro per gli Italiani nel mondo,
Mirko Tremaglia, il sottosegretario alla Difesa Filippo Berselli, il sottosegretario
agli Esteri Roberto Antonione, il sindaco di Milano, Gabriele Albertini,
e le massime autorità militari italiane. Tra gli ospiti, il primo
ministro neozelandese, Helen Clark (truppe della Nuova Zelanda, così
come di altre colonie britanniche, erano tra quelle del Commonwealth che
parteciparono alle battaglie), il governatore generale dell'Australia,
Peter Hol- lingworth, il duca di Kent, il governatore di Marsa Matruh,
Mohamed Abelhamid El Shahat, il sottosegretario per i reduci del ministero
della Difesa francese, Hamlaoui Mekachera. Una messa è stata concelebrata
da sacerdoti di Italia, Germania, Grecia e Gran Bretagna, che hanno recitato
insieme il "Pater Noster", sottolineato dalle note dell'Inno al Piave,
suonato dalla fanfara militare italiana, mentre corone d'alloro sono state
deposte da reduci italiani, tedeschi, greci e del Commonwealth. Quindi
è seguita la deposizione da parte del presidente Ciampi, che ha
osservato un minuto di raccoglimento ed ha ascoltato sull'attenti il silenzio
fuori ordinanza, suonato nelle versioni dei quattro paesi, mentre El Alamein
veniva sorvolata da una formazione della pattuglia acrobatica italiana
delle Frecce Tricolori. Il presidente della Repubblica ha poi tenuto il
discorso commemorativo, segnato più volte da applausi, in particolare
quando ha scandito "Mai più guerre tra noi", ed ha fatto riferimento
alla collaborazione delle nazioni che si combatterono nelle battaglie di
El Alamein in missioni di pace nei Balcani, in Afghanistan, ad altri fronti
mondiali. Dopo la conclusione della cerimonia, Ciampi e Martino hanno compiuto
una visita al sacrario degli ascari, i militari africani che combatterono
a fianco alle truppe italiane, dove il presidente ha deposto altre corone,
ed ha consegnato una medaglia d'oro alla vedova del colonnello-architetto
Paolo Caccia Dominioni.
UN FILM ED UNA MOSTRA SUL SACRIFICIO
ITALIANO IN EGITTO
El Alamein: i 60 anni di una battaglia epica
(9colonne) EL ALAMEIN (EGITTO) - La
cerimonia con il presidente Ciampi, il ministro per gli italiani nel mondo
Mirko Tremaglia e i reduci si è svolta ieri per ricordare le truppe
italiane che hanno combattutto ad El Alamein contro gli Alleati del generale
Montgomery. Nel Nel 60° anniversario della battaglia in Africa, anche
un film ed una mostra ricordano l'evento. Arriva nelle sale l'8 novembre
"El Alamein - La linea di fuoco", il film in cui Enzo Monteleone ricostruisce
la battaglia che segnò l'inizio della sconfitta dell'asse italo-tedesco.
Il "taccuino" di appunti preparatorio per il film è diventato un
documentario, presentato all'ultima Mostra del Cinema di Venezia nei Nuovi
Territori. Girato in Marocco il film di Monteleone immagina cinque soldati
in trappola - il tenente Fiore (Emilio Solfrizzi), il fantaccino Serra
(Paolo Briguglia), il sergente Rizzo (Pier Francesco Favino), il caporale
De Vita (Thomas Trabacchi) e il soldato semplice Paolo Spagna (Luciano
Scarpa) - e li segue giorno dopo giorno, dalla vigilia della battaglia
alla resa. Nel cast anche Silvio Orlando nel ruolo di un ufficiale di linea.
"Una generazione sfortunata, che si è trovata nel momento sbaglia-
Un'immagine della battaglia di El Alamein to, nel luogo sbagliato e soprattutto
dalla parte sbagliata ", ha spiegato Monteleone a Venezia. "Il mio non
è un film di guerra alla maniera degli americani, che usano un'infinità
di effetti speciali e trascurano quello più importante: l'emozione.
Il mio è un film in cui il fattore umano è quello più
importante: per questo ho voluto far parlare questi uomini, che avevano
vent'anni sessanta anni fa e che credevano di aver vinto mentre già
era iniziata la ritirata ". Quanto al documentario, Monteleone lo ha realizzato
incontrando i reduci di El Alamein: storie terribili di soldati che, colpiti
dalle bombe, si amputano la gamba con il coltello e gettano via il moncherino
con la scarpa ancora attaccata, oppure costretti a una lunga prigionia
dopo la resa. Fondamentali, in fase preparatoria, sono state anche opere
di narrativa come "Il deserto della Libia" di Mario Tobino e soprattutto
i memoriali di Paolo Caccia Dominioni (pubblicate da Mursia). Ingegnere,
umanista, esploratore, artista e scrittore, a El Alamein comandante di
un battaglione del Genio guastatori alpino, dopo la guerra Caccia Dominioni
si è isolato per dieci anni nel deserto della Libia e dell'Egitto
per recuperare le salme dei morti, commilitoni e nemici, e costruire il
sacrario alla memoria. La lapide recita: "Fra sabbie non più deserte
sono qui per l'eternità i ragazzi della Folgore: fior fiore d'un
esercito d'un popolo in armi. Caduti per un'idea, senza rimpianti, ammirati
nel ricordo dello stesso nemico...". Lo stesso Churchill, infatti, in un
discorso alla camera dei Comuni nel novembre 1942, disse: "Dobbiamo rendere
onore a quello che furono i Leoni della Folgore". Intanto a Milano ha aperto
i battenti la mostra "Il deserto e i leoni", curata da Anna Caccia Dominioni,
figlia del colonnello Paolo Caccia Dominioni, combattente in Africa, al
quale il Presidente Ciampi ha conferito recentemente la Medaglia d'Oro
alla memoria per il suo impegno decennale nel recupero delle salme dei
caduti di ogni nazione a El Alamein.
LA TESTIMONIANZA DEI MILITARI ITALIANI
CHE HANNO COMBATTUTO IN AFRICA
Il ricordo dei reduci: "Un solco profondo nella
nostra vita"
(9colonne) ROMA - Il caldo, la sofferenza,
le privazioni. Qrueste furono le compagne delle geste dei soldati italiani
ad El Alamein, in une delle battaglie fondamentali per la sorte della Seconda
Guerra Mondiale. "Si distinsero soprattutto i paracadutisti per il loro
modo di combattere: si gettavano di persona con le bottiglie molotov e
con le mine contro i carri". La voce calma, pochi lampi negli occhi a tradire
l'emozione, il conte Francesco Marini Dettina, medaglia d'argento al valore
militare, ricorda così la battaglia di El Alamein. Era il 23 ottobre
- raccontano i libri di storia - quando i cannoni inglesi di Montgomery
aprirono il fuoco sulle linee italo-tedesche. L'Asse aveva tra gli 80 e
i 100mila uomini, con 350 aerei e fra i 200 e i 500 carri armati. Gli Alleati
erano oltre il doppio, con un migliaio di carri e oltre 500 aerei. "L'intero
fronte si illuminò per il fuoco di migliaia di pezzi di artiglieria",
racconta Marini Dettina, presente a El Alamein per la commemorazione ufficiale
del 60/mo anniversario, "con il cuore gonfio di emozione". Per qualche
giorno gli esiti furono incerti, poi arrivarono i rinforzi inglesi. "Il
2 novembre - continua il conte - arrivò l'ordine di ripiegare: la
ritirata iniziò nella notte, per evitare che gli inglesi se ne accorgessero".
Eroica, nella testimonianza del conte, la resistenza degli italiani: ""Arrendetevi",
ci intimarono. Ma la risposta fu data dagli ultimi colpi di artiglieria
che restavano. Gli ultimi trecento uomini, raccolto intorno al colonnello
Massoni, obbedirono al suo ordine di distruggere le armi. Anche gli inglesi
si meravigliarono del comportamento degli italiani". Pesante il bilancio:
"Perdemmo due terzi della divisione tra prigionieri, morti e feriti". Secondo
le cifre ufficiali, a El Alamein furono piu' di 5.600 i morti italiani,
oltre 7000 del Commonwealth. Dei caduti italiani, più di 1.000 non
sono mai stati ritrovati, undici furono riportati in patria alle loro famiglie,
circa 4.600 riposano nel mausoleo di El Alamein. "Abbiamo fatto il nostro
dovere, e forse anche di più", sottolinea il generale Massoni, che
non ha "nessun rimpianto. Abbiamo combattuto bene, tranquilli". Massoni
si sofferma, in particolare, su un episodio di quei giorni di battaglia:
"Durante la notte abbiamo avuto un attacco di fanteria inglese che veniva
a recuperare un capitano che noi avevamo catturato. Il loro gruppo era
formato da trenta-quaranta persone, il nostro era molto più forte,
eravamo armati di un cannoncino e avremmo potuto sostenere anche un attacco
superiore a quello, così li invitai ad arrendersi, invece loro si
sono buttati a terra e hanno iniziato asparare. La nostra reazione è
stata quella di rispondere al fuoco e di far fuori tutti gli uomini. Avevo
il cuore che lacrimava a dover uccidere delle persone in quel modo, ma
abbiamo dovuto farlo". Dopo la guerra, ricorda ancora Marini Dettina, "ci
ritrovammo tutti uniti, sia noi dell'Africa, quelli del sud e quelli del
nord, nella consapevolezza di aver compiuto ciascuno il proprio dovere.
Questo è stato El Alamein per noi, per voi giovani sono pagine di
storia, per noi sono solchi profondi nella nostra vita". "Ciò che
l'esperienza vissuta ad El Alamein mi ha lasciato - sottolinea invece Tabelli
- è innanzitutto l'altruismo. La vita va vissuta con sentimento,
molti ragazzi hanno dato la vita per me in quel posto e lo hanno fatto
perché lo sentivano veramente e non per soldi".
IL GENERALE RICCARDO BASILE DIFENDE
L'OPERATO DEI NOSTRI SOLDATI IN AFRICA
"Gli italiani non tradirono a El Alamein"
(9colonne) TRIESTE - El Alamein, una
battaglia che non è possibile dimenticare per l'importanza che ebbe
sulle sorti della Seconda Guerra Mondiale. La vittoria in Egitto, infatti,
aprì le porte alla dominazione inglese e scacciò, di fatto,
le truppe nazifasciste dal sul africano. Fu il primo passo, in pratica,
della conquista dell'Italia da parte delle truppe Alleate. Ma le polemiche
sulla sconfitta non si sono ancora placate. Come è accaduto spesso
gli ex alleati si sono in seguito gettati vicendevolmente le colp addosso.
I tedeschi hanno accusato gli italiani di aver tradito, gli italiani, a
loro volta, sostengono che Hitler, accecato dalla battaglia che infuriava
ad Est contro la Russia, abbia sguarnito il fronte africano. Le cose, a
ben vedere stanno diversamente e lo ha illustrato Riccardo Basile, presidente
della Federazione Grigioverde di Trieste. "E' indegno che gli inglesi,
nostri vincitori di ieri e amici e alleati di oggi, abbiano taciuto per
oltre mezzo secolo avallando così la tesi tedesca che ad El Alamein
furono alti ufficiali italiani a tradire fornendo informazioni al nemico":
lo ha detto il generale. Svolgendo nella sala del Consiglio Provinciale
Trieste il discorso ufficiale in ricordo del 60/o anniversario della battaglia
di El Alamein (23 ottobre-2 novembre '42), Basile ha spiegato che solo
in tempi recenti lo storico Arrigo Petacco e alcuni storici inglesi hanno
dimostrato che, grazie alla decodificazione dei messaggi segreti "Ultra",
furono gli inglesi fin dal 1940 a sapere tutto sui movimenti italiani e
tedeschi in Africa. "Il premier inglese Winston Churchill - ha aggiunto
Basile - fu l' unico depositario di questo segreto e anche i suoi successori
hanno sempre taciuto lasciando che centinaia di libri di storia pubblicati
in tutto il mondo facessero passare i soldati italiani per inaffidabili
o, peggio, per traditori. Gli inglesi tacquero - ha proseguito - per esaltare
ancor di più le loro vittorie e per sminuire il grande valore e
lo spirito di corpo dimostrato ai nostri soldati a El Alamein". "Voglio
anche sfatare - ha affermato Basile - l' idea che i nostri soldati non
furono del grandi combattenti. A questo proposito voglio citare il fatto
che durante la Seconda Guerra mondiale gli italiani non conobbero diserzioni,
non si sottrassero mai al combattimento, anche in situazioni di palese
inferiorità come a El Alamein". Per la Giunta provinciale di Trieste
sono intervenuti gli assessori Furio Tamaro (Forza Italia) e Piero Degrassi
(Alleanza Nazionale). Quest'ultimo, nel ricordare il sacrificio dei soldati
italiani ad El Alamein, ha detto: "Non bisogna chiedersi se fu una causa
giusta o sbagliata perché la causa della Patria - ha sostenuto -
non può essere che la causa giusta".
Anche gli inglesi ricordano El
Alamein
(9colonne) LONDRA - La Gran Bretagna
ha ricordato i 60 anni dalla battaglia di El Alamein con una cerimonia
all'Abbazia di Westminster cui hanno partecipato alcuni membri della famiglia
reale nonchè i figli dei due generali rivali, Bernard Montgomery
ed Erwin Rommel. Più di 1.000 veterani della cruenta battaglia combattuta
nel deserto egiziano nel '42 hanno reso omaggio ai caduti della storica
VIII armata britannica che, guidata dal generale Montgomery, sconfisse
le truppe italo-tedesche segnando un'importante svolta nella seconda guerra
mondiale. "Sono qui, tra il memoriale di Winston Churchill e la tomba del
milite ignoto - ha detto il reverendo Wesley Carr, decano di Westminster
- per ricordare i caduti di una battaglia che ha cambiato la storia. Grazie
al loro sacrificio oggi viviamo in libertà". Al visconte Montgomery
di Alamein e al dottor Manfred Rommel sono toccate le due letture, la prima
in inglese, la seconda in tedesco. Il presidente italiano Carlo Azeglio
Ciampi ha ricordato i caduti la settimana scorsa a El Alamein con una cerimonia
internazionale cui hanno partecipato anche delegazioni inglesi, francesi,
australiane e neozelandesi.
CERCO' PER OLTRE VENT'ANNI LE SALME
DEI SOLDATI ITALIANI CONTRIBUENDO A CREARE IL MAUSOLEO
La medaglia d'oro Caccia Dominioni
(9colonne) ROMA - Fu un personaggio
chiave tra le due guerre Paolo Caccia Dominioni, che il 20 ottobre a El
Alamein il Presidente Ciampi ha decorato con la medaglia d'oro al merito
dell'Esercito alla memoria (l'onorificenza sarà consegnata alla
vedova, la contessa Elena). Le sue memorie sono state pubblicate da Mursia
in due volumi, "Alamein (1933-1962)" e "Takfir". Nato a Milano nel 1896,
Caccia Dominioni è morto nel 1992. Volontario di guerra, a 19 anni
fu comandante di una sezione lanciafiamme impiegata sul fronte del Carso.
Nel secondo conflitto mondiale fu ufficiale superiore del Genio guastatori
alpino e ne comandò un battaglione prima in Africa settentrionale
(dove partecipò alla battaglia di El Alamein), poi ad Asiago, fino
all'8 settembre. Poi fu nella Resistenza. Dopo la guerra, coordinò
le ricerche nel deserto delle salme dei caduti dei diversi eserciti e rese
così possibile la creazione del mausoleo. Ferito due volte, Caccia
Dominioni fu decorato con tre medaglie e una croce di guerra al valore
militare. Protagonista di "Alamein" è il battaglione Folgore, prima
al centro dell'evento militare, dopo la guerra ridotto a due uomini, il
comandante e un gregario. La lotta dei carri corazzati e degli aerei a
tuffo è finita, ma non l'insidia dei campi minati che continuano
a uccidere. Poi, per i due superstiti, inizia un'altra lotta: quella contro
i burocrati, i politici e gli affaristi che vorrebbero speculare sulla
miseria e sul dolore. "Takfir" (che vuol dire espiazione) incrocia invece
le testimonianze di Caccia Dominioni e del generale Giuseppe Izzo, diventati
amici sul campo di battaglia, dalla storia della Folgore agli anni nel
Sahara a cercare i cadaveri dei caduti. Sempre di Caccia Dominioni, Mursia
ha pubblicato anche "1915-1919 Diario di guerra", e di Battista G. Trovero
"Ritorno a El Alamein": il periodo di addestramento nella scuola paracadutisti
di Tarquinia, la preparazione alla guerra, lo sbarco in Africa, le vicende
belliche fino alla prigionia in Palestina e in India. Ai primi di novembre
è atteso invece in Gran Bretagna "The battle of Alamein: Turning
point, World War II" (Viking Press), scritto da John Bierman e Colin Smith,
che ricostruiscono la campagna d'Africa fino alla battaglia e sottolineano
come i parà della Folgore e i carristi dell'Ariete si batterono
con audacia, dando filo da torcere agli inglesi.