(9colonne) ROMA - 41 mesi di battaglie
asprissime ed ininterrotte e la Grande guerra è vinta. Quella che,
iniziata il 24 maggio del 1915, avrebbe portato all'Italia il Trentino
e la Venezia Giulia, l'intera penisola istriana (salvo la città
di Fiume) e una parte della Dalmazia, con numerose isole Adriatiche. Salvo
poi perdere, successivamente, queste ultime due porzioni di terra.
Per attestarsi entro i naturali confini attuali.
E' il 24 ottobre 1917 quando, sull'Alto Isonzo nei
pressi del villaggio di Caporetto (Friuli) un'armata austriaca, rinforzata
da sette divisioni tedesche, attacca e travolge le linee italiane.
La manovra è efficace ed inattesa: per le truppe guidate dal
generale Cadorna è una vera e propria disfatta con più di
10.000 km² di territorio lasciato in mano al nemico, oltre a
300.000 prigionieri ed una quantità impressionante di armi, munizioni
e vettovaglie.
Il sipario della storia si apre così. Eppure,
paradossalmente, la svolta imposta dalla umiliante sconfitta di Caporetto
finisce con l'avere ripercussioni positive sull'andamento del conflitto
bellico italiano. Perché i soldati si trovano a combattere una
guerra difensiva di cui finalmente comprendono le ragioni. Contro un austriaco
che occupa di nuovo la Patria come ai tempi del Risorgimento.
Quando tanti giovani, provenienti da ogni regione, si erano trovati fianco
a fianco per completare l'unita' d'Italia.
Alla testa dell'esercito, stanco e demoralizzato, subentra
Armando Diaz, generale dotato di una intelligente prudenza. Il nuovo
capo di Stato Maggiore si mostra più attento alle esigenze dei suoi
uomini. Tanto da mettere subito in atto una serie di provvedimenti
volti a sollevarne le condizioni materiali e morali: vitto più
abbondante, licenze più frequenti, maggiori possibilità di
svago.
E già all'inizio del 1918 le forze guidate da
Diaz passano al contrattacco. Prima con la vittoria sugli Austriaci
nella battaglia dell'Altipiano di Asiago (giugno), poi con un ottobre di
fuoco. In cui l'artiglieria italiana si prepara sugli obiettivi dal Monte
Asolone al Valderoa. Si tratta di ripetuti attacchi che fungono da
diversivo prima del colpo finale. Da sferrare al momento opportuno secondo
un piano da condurre sul Piave. Lo scopo è attaccare
il nemico sul fronte del fiume veneto. Ed il compito viene affidato al
generale Caviglia, comandante della VIII Armata. Ovviamente non da solo.
Ad affiancarlo ci sono cinquantuno divisioni che scatenano una gigantesca
battaglia nella notte del 24 ottobre. I combattimenti proseguono
con alterne vicende fino al 27 ottobre, quando gli Austro Ungarici accennano
una reazione. Con una serie di azioni, che durarono anche tutto il
giorno 28, si muovono verso il Valderoa e il Monte Pertica. Quindi
il 29 ottobre le truppe italiane rispondono riconquistando le posizioni
in mano agli Austriaci e spingendo la propria avanzata fino a Borgo
Valsugana e Fiera di Primiero.
L'Impero è ormai in piena crisi. Sconfitti
sul campo di battaglia di Vittorio Veneto, gli Austriaci non riescono ad
organizzare una linea di resistenza. E il 3 novembre sono costretti
a firmare a Villa Giusti presso Padova l'armistizio con l'Italia che
sarebbe entrato in vigore il giorno successivo: il 4 novembre appunto.
Tre anni dopo Benito Mussolini, in una strategia
politica mirante a proporre ed imporre formule e miti capaci di toccare
le corde profonde dell'anima popolare, introduce il 4 novembre
come festa dell'Unità Nazionale (R.D.L. 23/10/1922 n. 1354 ). Una
giornata, per celebrare e ricordare quell'importante momento storico della
Patria. Ed onorare tutti i soldati che avevano indossato il grigioverde
ed erano partiti.
Molto più tardi, nel 1977, con l'entrata in vigore
della legge 54, la ricorrenza viene spostata alla prima domenica
del mese di novembre. In una tdata quindi flessibile. Finché
nel 2000 il Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi la ripristina
nei tempi e nelle modalità delle origini. Ampliandone però
il significato. Ed oggi la giornata del 4 novembre è la festa dell'Unità
Nazionale e delle Forze armate. Scandita, ogni anno da una serie
di appuntamenti inderogabili cui partecipano le maggiori cariche
istituzionali e militari.
Imprescindibile l'omaggio al Milite Ignoto tumulato a Roma
presso l'Altare della Patria e salutato dal consueto volo delle frecce
tricolori, così come non manca mai la cerimonia presso il Sacrario
Militare di Redipuglia. Ma la tradizione più festosa per questa
ricorrenza è rappresentata dall'addobbo in stile militare
delle vetrine dei negozi e dalla possibilità per i cittadini di
visitare le Caserme. Dove ancora si può leggere il testo del
Bollettino della Vittoria, fuso nel bronzo delle artiglierie catturate
al
nemico quel 4 novembre del 1918. "E' finita" campeggia i tutti gli
enti ed i reparti delle forze armate. Parole divenute profetiche per generazioni
di militari di leva.
L'ANNUNCIO DEL TRIONFO FIRMATO DAL MARESCIALLO DIAZ
Ore 12: trasmesso il bollettino della vittoria
(9colonne) ROMA - Il bollettino della vittoria del 4 novembre
1918 firmato dal comandante supremo delle forze armate italiane Maresciallo
Armando Diaz. La guerra contro l'Austria-Ungheria, che sotto l'alta
guida si S. M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano inferiore
per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile
e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi,
è vinta.
- La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello
scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuna divisioni
italiane, tre britanniche, due francesi, una cecoslovacca ed un reggimento
americano contro settantatre divisioni austro-ungariche, è
finita.
- La fulminea arditissima avanzata del ventinovesimo
corpo d'armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle
armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della settima
armata e ad oriente da quelle della prima, sesta e quarta, ha determinato
ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria.
- Dal Brenta al Torre l'irresistibile slancio della
dodicesima, dell'ottava, della decima armata e delle divisioni di
cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente.
- Nella pianura S.A.R. il Duca d'Aosta avanza rapidamente
alla testa della sua invitta terza armata, anelante di ritornare
sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai
aveva perdute.
- L'Esercito Austro-Ungarico è annientato;
esso ha subito perdite gravissime nell'accanita resistenza dei primi
giorni e nell'inseguimento ha perdute quantità ingentissime di materiale
di ogni sorta e pressochè per intero i suoi magazzini e i
depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri
con interi stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni. I resti
di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono
in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa
sicurezza.
Firmato M. Diaz