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Iraq, strage di carabinieri: il dolore  dell'Italia 
UN'AUTOBOMBA UCCIDE 19 ITALIANI 
DELLA FORZA DI PACE A NASSIRYA

   (9colonne) NASSIRYA (IRAQ) - Un attentato kamikaze ha colpito una base italiana a Nassirya, in Iraq. Il bilancio delle  vittime ammonta a 19 italiani (12 carabinieri, 5 soldati e due civili) e 9 civili iracheni morti; e a 20 tra carabinieri e soldati  italiani e 84 civili iracheni feriti. Nella base colpita di regola lavoravano 60 persone; la struttura (una palazzina di tre piani  ex sede della Camera di commercio, sulle rive del fiume Eufrate) è stata devastata dall’esplosione di un camion stipato  d’esplosivo. 

   Secondo la ricostruzione dell’attacco resa nota dal ministro della Difesa, Antonio Martino, i fatti si sono svolti  come segue: alle ore 10 e 45 circa locali, corrispondenti alle ore 8,45 in Italia, presso la base "Maestrale" dove ha sede  il personale dell'Unità di manovra del reggimento carabinieri della MSU (Multinational Specialised Unit), un automezzo  seguito da un'auto blindata si è avvicinato ad alta velocità all'ingresso della base, facendo fuoco contro i militari della  postazione di guardia che hanno risposto al fuoco con le armi in dotazione. L'automezzo proseguiva quindi la corsa e,  dopo aver colliso con i dispositivi di protezione, è esploso. L'onda d'urto ha investito in pieno il corpo di guardia e l'edificio  retrostante. Il posizionamento ad opportuna distanza delle difese passive ha impedito all'automezzo di raggiungere il  citato edificio, scongiurando danni e perdite ancora più gravi. L'area di interesse, agli effetti dell'esplosione, riguarda spazi  ristretti dell'ordine di una decina di metri dall'ingresso dell'installazione. Complessivamente, ha aggiunto Martino, nello  stabile che ha subito danni gravissimi erano presenti circa 60 militari, ma non è ancora noto il numero di personale che  si trovava all'interno dell'edificio al momento dell'attentato. Il bilancio, dunque, ancora provvisorio del “proditorio attacco  terroristico è di gravità estrema”. 

   Subito dopo l'attacco l'intera zona è stata cinturata dai carabinieri della MSU per  scongiurare il pericolo di ulteriori possibili attacchi. In via di prima approssimazione, sembrerebbe anche possibile ritenere  che la matrice di questo attentato possa essere ricondotta ad elementi sunniti della guerriglia irachena, unitamente a  componenti estremistiche arabe. In concreto, però, le evidenze sul territorio e le indicazioni di intelligence autorizzano a  ritenere che l'attentato di oggi a Nassiriya sia stato pianificato e realizzato da una cellula di "Feddaiyn Saddam”. «Posso  dare assicurazione - ha spiegato il ministro della Difesa - che le disposizioni messe in atto nel teatro iracheno, come negli  altri in cui sono impegnate le nostre missioni militari, sono le più efficaci per la tutela e la sicurezza del nostro personale.  Al riguardo, sono state messe in atto le disposizioni previste dalla Direttiva operativa nazionale del Comando operativo  interforze». In particolare, secondo la ricostruzione del ministro della Difesa, all'ingresso dell'installazione MSU in  Nassiriya erano posti in essere una serie di ostacoli passivi al fine di limitare la velocità dei mezzi in ingresso e convogliarne  il movimento ed un presidio armato per la vigilanza dell'installazione. Ciò non di meno, contro la proditorietà di attacchi  suicidi la difesa è sempre estremamente difficile. «D'altra parte, mai - ha insistito Martino - abbiamo sottovalutato il rischio  di queste operazioni». La caserma attaccata, base del reparto, si trova nel centro abitato di Nassiriya ed era sotto il passato  regime di Saddam Hussein sede della Camera di commercio cittadina. Il Comando e gran parte del Reggimento MSU  sono invece ubicati presso il complesso museale della città. 
 

Nassirya, la lista dei caduti italiani nell'attentato  

(9colonne) ROMA - L'elenco delle vittime italiane. ESERCITO. Silvio Olla, sottufficiale della Brigata Sassari, 32 anni di Sant’Antioco, in provincia di Cagliari.  Alessandro Carrisi, 23 anni di Trepuzzi nel Salento, soldato semplice, volontario in ferma breve. Emanuele  Ferraro, soldato semplice. Massimo Ficuciello, tenente dei Lagunari; figlio del generale Alberto Ficuciello, laureato  in Scienze Politiche presso la London School of Economics, in forza alla cellula Pubblica informazione per il suo  multilinguismo, ha trovato la morte mentre accompagnava un regista italiano che stava girando un lun- gometraggio intitolato  “soldati di pace”. CARABINIERI. Giovanni Cavallaro, maresciallo in servizio al comando provinciale di Asti; residente a Nizza  Monferrato (Asti), padre di una bimba di 4 anni. Massimiliano Bruno, maresciallo del Raggruppamento  Investigazioni Scientifiche (Racis) dei Carabinieri a Roma, sposato. Enzo Fregosi, 56 anni, ex comandante dei  Nas di Livorno; sposato, una figlia all’università di Firenze e un figlio carabiniere. Maresciallo Daniele Ghione,  30 anni, di Finale Ligure (Savona), in forza alla compagnia Gorizia, colpita da altre due perdite; fresco di nozze,  viveva con la moglie nel borgo turistico della Riviera Ligure. Alfonso Trincone,  44 anni, maresciallo del nucleo  ecologico (Noe); lascia moglie e tre figli. Mimmo Intravaia, 44 anni, originario di Monreale (Palermo); era sposato  e padre di due figli. Alfio Ragazzi, 39 anni, in servizio al Ris di Messina. Tra le vittime anche un ragazzo catanese  di 29 anni la cui identità, ieri, non era stata resa nota in quanto non si era ancora riusciti a contattarne i familiari.  Ivan Ghitti, 30 anni, di Milano, di stanza al XIII Reggimento Gorizia. Orazio Majorana, 29 anni, originario di  Catania. Giuseppe Coletta, 38 anni, vicebrigadiere di Napoli, sposato e padre di una bambina di due anni. Tra  i caduti anche Andrea Filippa, di cui è stato fornito il solo nome.   CIVILI: nominativi sconosciuti. 
 

Le perdite più gravi in tutto il dopoguerra 

(9colonne) ROMA - Era dal 1945 che non morivano tanti italiani in zona di guerra. Il triste primato, fino  a ieri, apparteneva a quanto accadde in Congo l’11 novembre del 1961, a Kindu: tredici aviatori italiani  vennero barbaramente trucidati da un migliaio di soldati congolesi e i loro corpi fatti a pezzi e distribuiti  alla popolazione. Facevano parte di un contingente aeronautico da trasporto intervenuto su richiesta  del'Onu per contribuire al ponte aereo necesario per soccorrere la popolazione. Si ricorda poi quanto  avvenne in Somalia, nel 1993: durante un rastrellamento a Mogadiscio, i soldati italiani sono attaccati  dai miliziani del generale Aidid: si sviluppa una violentissima battaglia, in cui muore un numero  imprecisato di somali e tre italiani.