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MESSAGGIO DI FINE ANNO
DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
AGLI ITALIANI
Palazzo del Quirinale, 31 dicembre
2004 |
Care Italiane, cari Italiani,
in ogni parte del mondo l'attesa serena
del nuovo anno è stata funestata dall'immane disastro naturale nell'area
dell'Oceano Indiano. Piangiamo i nostri morti, piangiamo migliaia e migliaia
di morti di tante nazioni, lontane nello spazio, vicine nel lutto.
Di giorno in giorno, di ora in ora,
il bilancio delle vittime e dei dispersi aumenta oltre ogni previsione.
Tante famiglie italiane, e tanti cittadini di quelle terre, che vivono
fra di noi, attendono in angoscia notizie.
Si impone una riflessione sul significato
che ha, per tutti gli uomini, una tragedia senza precedenti nella nostra
memoria, che stiamo tutti vivendo in modo diretto, attraverso le immagini
della televisione. Mai come ora sentiamo che il mondo è uno, che
le distanze che un tempo ci rendevano quasi indifferenti ad eventi tragici
che si verificassero in un altro continente sono come cancellate; e che
un disastro che ha colpito popolazioni lontane ha colpito tutti gli uomini.
Oggi siamo tutti impegnati in operazioni
di soccorso. Si stanziano fondi, si inviano aiuti. Un mondo unito, forse
per la prima volta nella storia, deve saper affrontare l'opera di assistenza,
che dovrà protrarsi nel tempo, ai fini della ricostruzione dei territori
colpiti dall'immane disastro.
Al di là dell'intervento in
Asia, proponiamoci anche un impegno di lungo respiro, per affrontare i
problemi della prevenzione, degli squilibri ambientali, delle regole che
il mondo si deve dare per la difesa dell'ambiente.
***
Vorrei, come fossimo in famiglia -
e per me l'Italia è una grande famiglia - parlarvi ora di altre
vicende successe quest'anno. Anche questi eventi debbono essere visti nell'ottica
di un cammino verso un mondo migliore.
L'evento dominante del 2004 è
stato, per noi Italiani ed Europei, la firma a Roma del Trattato Costituzionale
dell'Unione Europea, che oggi abbraccia 25 Paesi. E' un segnale di speranza,
di pace, che l'Europa, già focolaio di guerre mondiali, ha lanciato
dal Campidoglio a un mondo travagliato.
La generazione a cui io appartengo,
che combatté e soffrì l'ultima e più grande strage
della storia moderna, ha realizzato un sogno. Abbiamo portato in tutta
Europa pace e democrazia. Noi ne siamo fieri, quando vediamo i nostri giovani
vivere con tanta naturalezza la libertà e l'amicizia fra tutti gli
europei. Ma l'opera va continuata: sta a voi giovani portarla a compimento.
L'Europa, l'Italia, guardino anche,
con animo generoso, alla condizione di popoli assai meno fortunati dei
nostri. Il nostro benessere ci impone la solidarietà. Non può
esserci indifferenza per la sorte di altre nazioni che soffrono. Al di
là delle immagini della catastrofe asiatica, se ne affacciano alla
nostra mente altre, che pure vediamo ogni giorno, che ci documentano la
sofferenza di popolazioni che ancora vivono, in Asia come in Africa, in
disperata povertà, fra malattie - penso all'AIDS - che fanno strage
di bambini e di adulti. Non è su questo terreno che può crescere
vigoroso l'albero della pace mondiale.
E di fronte ai drammi dell'emigrazione,
ricordiamo che tanti dei nostri padri furono emigranti. Rivolgiamoci con
amicizia agli stranieri che vivono tra noi, osservando le nostre leggi.
***
Certo, anche in casa nostra c'è
ancora tanto da fare: ingiustizie da correggere, giovani in cerca di lavoro.
In Europa, in Italia, l'economia sta vivendo una fase di crescita stentata.
E' diffusa una preoccupazione che frena sia l'aumento dei consumi delle
famiglie, sia le nuove iniziative imprenditoriali. Quando il ritmo della
crescita rallenta, Governo e Parlamento decidono come intervenire per ridargli
vigore.
In un'economia quale quella italiana,
ampiamente aperta all'estero, è fondamentale che l'impulso impresso
giunga a provocare il rafforzamento dell'apparato produttivo, sì
da accrescerne la produttività, renderlo più competitivo
sul mercato interno e internazionale, fargli meglio affrontare la sfida
della globalizzazione.
Affrontiamo questa sfida con fiducia.
Ricordiamo quanti timori provammo, una generazione fa, quando entrammo
nel Mercato Comune. Ma l'opportunità di un mercato più ampio,
contro concorrenti più forti, ci stimolò a realizzare quello
che fu chiamato il "miracolo italiano".
L'Italia di oggi è una delle
maggiori potenze economiche del mondo; una nazione forte dell'originalità,
da tutti riconosciuta, del "made in Italy"; una nazione all'avanguardia
in molti campi, dalla medicina alla fisica, dall'astronomia all'aerospaziale;
una nazione le cui imprese, anche piccole e medie, organizzate in distretti,
sono spesso leader mondiali nella produzione di beni di consumo e di macchinari
tecnologicamente avanzati.
Siamo tanto più forti quanto
più sappiamo fare sistema, presentandoci al mondo con la nostra
identità complessa di Paese ricco di cultura e di tradizioni, come
di spirito d'innovazione e d'iniziativa.
Una politica di aperto, leale confronto
tra istituzioni, imprenditori, lavoratori, che rilanci una capacità
d'intesa che non mancò neppure in anni di grandi scontri ideologici,
ci aiuterà a realizzare quello scatto di orgoglio, quel risveglio
della fiducia di cui l'Italia ha bisogno.
Non ho dubbi che supereremo anche
questa prova. Nel mio lungo viaggio nella provincia italiana, da Nord a
Sud, trovo ovunque segni di promettente vitalità. Avverto anche
la forza di affrontare con maggiore impegno problemi antichi, non ancora
del tutto risolti. Primo fra tutti la questione del Mezzogiorno. Noi dobbiamo
guardare al Mezzogiorno come alla nostra grande riserva di risorse umane
e naturali, capace di dare una marcia in più al progresso della
Nazione. E il Mezzogiorno può oggi contare su nuove generazioni
ben preparate, ansiose di dar prova delle loro capacità. E può
cogliere i vantaggi che gli derivano dall'essere la frontiera avanzata
dell'Italia e dell'Europa verso il Sud del mondo e verso l'Oriente.
***
Dalle nostre coste meridionali, affacciate
sul Mediterraneo, lo sguardo volge ai Paesi della riva Sud, con alle spalle
l'Africa, in attesa, fra disperazione e speranza, del proprio riscatto;
al Medio Oriente, i cui conflitti alimentano folli ideologie terroristiche.
Questa minaccia, rivolta al mondo
intero, rischia di condurre all'impiego di quelle armi di distruzione di
massa che l'uomo contemporaneo ha inventato, e che non è riuscito
ad eliminare. E' una minaccia di catastrofi che possono superare anche
i peggiori disastri naturali, come quello che stiamo vivendo.
Noi non dimentichiamo che con quelle
terre, con quelle nazioni antiche, abbiamo avuto nei secoli un fertile
interscambio di idee. Le nostre culture sono state anche protagoniste di
storici scontri; ma, per lunghi periodi, hanno costruito insieme l'edificio
della civiltà. Hanno radici comuni nelle grandi religioni monoteistiche,
tra cui oggi sta emergendo un nuovo dialogo. Noi diciamo no ai conflitti
fra civiltà. No alla sfida del terrorismo, che nulla può
giustificare: nel nome di Dio non si uccide.
Il terrorismo va combattuto con l'azione
concorde della comunità internazionale, e operando per migliorare
le condizioni di vita dei popoli diseredati.
***
L'Italia è oggi impegnata per
la pace su molti fronti. Ovunque siano presenti, nei Balcani, in Afghanistan,
in Iraq, i nostri militari, da tutti rispettati per competenza e per umanità,
operano per il mantenimento della pace.
Anche per questo i nostri uomini in
uniforme godono oggi più che mai dell'affetto e del rispetto di
tutto il popolo italiano, che ha pianto unito i suoi caduti.
Altrettanto grandi sono la gratitudine
e la fiducia di tutti nelle forze dell'ordine, che debbono poter contare
sulla collaborazione dei cittadini nella loro quotidiana lotta contro la
criminalità.
***
Oggi ci sentiamo Europei, ma anche
orgogliosamente Italiani. Da tempo non era così forte l'attaccamento
dei cittadini, in ogni parte d'Italia, ai simboli della nostra Nazione:
il Tricolore, l'Inno risorgimentale di Mameli, la Costituzione.
Ovunque, dalle Alpi alla Sicilia,
sento presente e crescente un forte patriottismo. Ad esso ho dato espressione,
e ho trovato immediata, spontanea rispondenza.
Ha scritto Giuseppe Mazzini - di Lui
ricorre nel 2005 il bicentenario -: "la Patria è, prima di ogni
altra cosa, la coscienza della Patria". La consapevolezza di questo comune
sentire deve esprimersi anche nel rispetto tra forze politiche diverse.
La dialettica e i confronti sono essenziali alla democrazia. Ma la ricerca
di convergenze e di soluzioni concordate è utile a tutti, è
necessaria, specie quando si tratta delle regole fondamentali che guidano
la nostra vita democratica.
***
Mi avvio a concludere. Come ogni anno,
il mio primo augurio va a Sua Santità Giovanni Paolo II, che lancia
ogni giorno nel mondo, raccogliendo tutte le sue forze, messaggi di pace,
che toccano il cuore e che facciamo nostri.
A voi, cari compatrioti - in terra
italiana e all'estero - il mio pensiero augurale si accompagna all'invito
a ricordare, in questa serata che ci impegna a tante riflessioni sull'Italia,
sull'Europa, sul mondo, quello che fu il Capodanno di sessant'anni fa,
l'inizio del 1945. Gli anziani lo rievocano con sentimenti lieti e tristi.
Triste era, in quel duro inverno -
anche per quelli tra noi che avevano la fortuna di trovarsi nell'Italia
già liberata - il ricordo dei caduti; triste il pensiero delle sofferenze
di chi viveva ancora nell'Italia occupata; di coloro che combattevano per
restituirci la libertà; delle centinaia di migliaia di deportati,
e di chi, perseguitato, affidava la propria salvezza alla solidarietà
di tanti uomini giusti di ogni ceto, religiosi e laici, disposti a rischiare
la loro vita pur di salvarlo.
Ma ci animava anche tanta speranza.
Ci eravamo già posti all'opera per fare risorgere l'Italia dalle
sue rovine. Nell'aspirazione alla libertà, l'Italia si ritrovava
più unita di quanto avessimo osato sperare.
Guardavamo avanti, a quella che fu
la primavera esaltante del '45, la primavera della Liberazione, che annunciava
il ritorno alla democrazia, alle prime elezioni. Nei prossimi mesi ci prepariamo
a celebrare, tutti insieme, i sessant'anni della nuova Italia democratica,
libera, unita.
***
Proprio perché ho vivo dentro
di me il ricordo delle straordinarie vicende che ha vissuto in gioventù
la mia generazione, mi rivolgo ai giovani di oggi.
Non lasciatevi scorrere addosso passivamente
i mesi e gli anni. Non lasciate modellare la vostra vita da vuote immagini,
che non parlano al vostro cuore, alla vostra mente.
Siate artefici del vostro destino.
Non disperate, non rassegnatevi mai. Affrontate il futuro con animo fiducioso,
anche traendo forza dalla vita di famiglia, linfa della nostra società.
Coltivate gli interessi e le inclinazioni
che sentite in voi. Impegnatevi nello studio, nelle attività a voi
più congeniali.
Molto resta ancora da fare affinché
la nostra amata Italia sia sempre più vicina a quell'ideale di Patria
che i grandi della nostra storia, pensatori, poeti, filosofi, anche nei
secoli più bui, hanno sognato e disegnato. Voi potete farlo, per
voi e per i vostri figli.
E guardate lontano, oltre i nostri
confini, perché siamo, perché siete tutti cittadini italiani,
cittadini europei, cittadini del mondo.
Con questi sentimenti vi lascio alle
vostre famiglie, alle vostre amicizie. Rinnovo, con tutto il cuore, l'augurio
di fine anno. Possa l'anno nuovo portare serenità a tutti voi, alla
nostra amata Italia.