POLITICHE 2006/ GIAN ANTONIO STELLA SUL CORRIERE: ITALIANI ALL'ESTERO, L'ABBAGLIO DELLA DESTRA
ROMA\aise\ In questi ultimi due giorni, da quando cioè i loro parlamentari sono diventati ago della bilancia della maggioranza al Senato, sugli italiani all'estero, sui quotidiani italiani, è stato versato più inchiostro che nell'ultimo quarto di secolo.
Prova ne sia che oggi il principale quotidiano italiano pubblica in prima pagina due titoli e all'interno dedica un'intera pagina.
"Udite udite: all'estero ci sono degli italiani. La clamorosa scoperta, dopo decenni di indifferenza condita da spruzzate di retorica, ha colpito la destra come una frustata. E chi se l'immaginava che quei seggi, che parevano una concessione al patriottismo deamicisiano e alla cocciutaggine di quel testone di Tremaglia, sarebbero stati determinanti? E chi poteva pensare, dopo decenni di stereotipi gagliardi, che quei fratelli lontani regalassero la vittoria alla sinistra?"
Esordisce così Gian Antonio Stella, in uno dei due articoli di
prima pagina di oggi del Corriere della Sera, dal titolo "Italiani all'estero,
l'abbaglio della destra".
"Nel frontespizio del sito del ministero per gli italiani all'estero,
scrive Stella - è conficcato questo concetto: "Ovunque ci sia un
italiano nel mondo, là vi è il tricolore della Patria". Un'idea
più volte sventolata dal Duce. Portata alle estreme conseguenze
da Roberto Farinacci quando teorizzò il legame indissolubile che
avrebbe fatto delle nostre comunità all'estero la "quinta colonna"
del regime. Coi bimbi che recitavano: "I poeti e gli artigiani / i signori
e i contadini, / con orgoglio di Italiani / giuran fede a Mussolini!".
E a lungo coltivata dalla destra missina e poi aennina, assolutamente convinta
che il cuore delle Little Italy battesse per la loro amata sponda. Ma era
solo un equivoco.
Non bastassero gli scritti della sociologa Amy Bernardy, che già una ottantina di anni fa invitava l'Italia fascista a lasciar perdere questa specie di arruolamento emotivo, lo aveva spiegato un paio di anni fa "Il fascismo e gli emigrati". Una raccolta di saggi coordinata per Laterza da Emilio Franzina e Matteo Sanfilippo, dove si dimostrava cifre alla mano (una per tutte: 12.000 iscritti ai fasci in tutti gli Stati Uniti nel momento di massima espansione contro i 300 mila aderenti all'associazione Sons of Italy) che l'adesione al fascismo fu volutamente confusa col sacrosanto orgoglio per alcune imprese, come la trasvolata atlantica di Italo Balbo.
"Un equivoco nel quale è caduta per anni non solo la destra ma la stessa sinistra", sorride Eugenia Scarzanella, che ha curato "Fascisti in Sud America", un'illuminante opera collettiva edita da Nuova Storia Contemporanea, "Il legame tra destra argentina e italiana ai tempi del Duce e poi la scelta di persone compromesse di emigrare a fine guerra "alla Plata", ha fatto sì che socialisti e comunisti hanno a lungo diffidato, ad esempio, dei nostri emigrati laggiù. Per questo ciò che è accaduto è paradossale". I numeri dicono tutto. Alle otto e mezzo di ieri sera, quando lo spoglio di tutte le 896 sezioni sparse per i continenti non era ancora (incredibilmente) completo, all'Unione gongolavano dicendo di avere conquistato 7 dei 12 seggi della Camera e 4 su 6 (il quinto sarebbe sfuggito per poche decine di voti) al Senato.
Dove il sesto è però Luigi Pallaro, l'imprenditore di Buenos Aires che, pur essendosi candidato come indipendente ha ribadito ieri mattina al Clarin: "Non alzerò mai la mano per far cadere il governo, ma solo per difendere gli italo-argentini". Perché? "Non possiamo permetterci il lusso di andare all'opposizione". Morale: sotto di un seggio dopo il voto italiano, coi quattro più uno presi all'estero l'Unione è maggioranza anche a Palazzo Madama. Per Mirko Tremaglia, che aveva speso una vita per far votare i nostri connazionali, è stata una mazzata. Sperava di portare una "sua" pattuglia di deputati e senatori, una pattuglia folta, che facesse gruppo a parte per dedicarsi a difendere gli interessi degli emigrati. Aveva presentato, nelle quattro circoscrizioni (Europa; America del Nord e del Centro; America del Sud; Asia, Africa, Oceania e Antartide) trentasei candidati.
Dando loro un nome ("Per l'Italia nel Mondo con Tremaglia"), la benedizione e un'assistenza che, grazie alla collaborazione dei consolati e delle ambasciate, è stata premurosa. Bene: salvo errori, ne ha eletto uno, e solo grazie ai resti: Giuseppe Angeli, un imprenditore di Rosario. Un disastro. Per il quale si è affrettato a presentargli il conto, con la consueta signorilità, anche il giovin camerata Maurizio Gasparri: dovrà spiegarsi coi vertici di An. Ma è tutta la destra ad uscire male dalla prima prova del voto degli italiani all'estero. A causa di un errore strategico di partenza, la scelta di presentare, al contrario della sinistra compatta nell'Unione con un paio di schegge (Mastella e Di Pietro) più liste: Forza Italia più la lista tremagliana più la Lega più Udc più Fiamma Tricolore. Risultato: un buon successo forzista nell'America del Nord e ossa rotte dalle altre parti. Per non dire delle candidature spesso individuate, per citare un osservatore australiano, tra "arrivisti da strapazzo, annoiate miliardarie, illustri sconosciuti, cambia-cavallo- in-corsa".
E del totale disinteresse manifestato dai vertici dei partiti: che senso c'è a spendere centinaia di milioni per strappare un-seggio-uno in Liguria o in Puglia e poi trascurarne 18 in giro per il mondo? "Il fatto è che, a parte il caos organizzativo, si sono impegnati pochissimo", spiega Marisa Bafile, già vice-direttrice de La Voce d'Italia di Caracas, eletta per l'Unione. "E poi partivano da un'idea assurda e offensiva. Che vede gli italiani all'estero come cugini che non sanno niente di niente, con le donne che passano le giornate a fare fettuccine e gli uomini con gli occhi lucidi ad ascoltare Beniamino Gigli dal grammofono. E non si rendono conto, invece, che chi ha tenuto stretto il suo passaporto italiano è una persona molto più "globale" e meno provinciale di chi non ha mai passato un confine. Gente che spesso la mattina va su Internet e si legge non solo il Corriere ma anche un altro paio di giornali di altri Paesi. È lì che la destra ha perso: è rimasta inchiodata a vecchi stereotipi, senza provare a conoscerci davvero". Quanto a Romano Prodi, una volta miracolato si è rivolto agli amati emigrati dicendo: "Grazie! Grazie! " Se ne ricorderà anche in futuro?" (aise)
Editrice SOGEDI s.r.l. - Reg. Trib. Roma n°15771/75