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    Come cambia la Costituzione italiana
    ROMA - 16 novembre 2005


    Scompare il bicameralismo perfetto, la Camera dei deputati sarà l'organo politico, il Senato federale rappresenterà gli interessi territoriali. Non ci sarannno piu' i senatori a vita sostituiti dai 'deputati a vita'. E ancora: cambierà il ruolo del Capo dello Stato “garante dell'unita' federale della Repubblica” e il Primo ministro (non si chiamerà più presidente del Consiglio) diventerà più forte, un super-premier. Introdotte sfiducia costruttiva e norma anti-ribaltone. E poi, entrano in costituzione devolution, federalismo fiscale, sussidiarietà e interesse nazionale. Sono queste le novità più importanti della II parte della Costituzione così come riscritta dalla Casa delle libertà. Ecco nel dettaglio i punti 'chiave': 

    - CAMERA DEI DEPUTATI: La Camera sarà l'organo politico e sarà costituito da 518 deputati (oggi sono 630), di cui 18 eletti nelle circoscrizioni estere. In più, ci saranno anche i deputati a vita, nominati dal Capo dello Stato, e potranno essere al massimo tre. Di diritto gli ex Presidenti della Repubblica. L'età minima per essere eletti scende a 21 anni (adesso è 25). La Camera è eletta per cinque anni. Le Commissioni d'inchiesta istituite dalla Camera avranno gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria; la loro presidenza sarà assegnata all'opposizione. 

    - SENATO FEDERALE: I senatori saranno 252 (oggi sono 315), eletti in ciascuna Regione contestualmente all'elezione dei rispettivi consigli regionali. A questo numero si sommeranno i 42 delegati delle Regioni, che partecipano ai lavori del Senato federale senza diritto di voto: due rappresentanti per ogni regione più due per le Province autonome di Trento e Bolzano. Sarà eleggibile chi ha 25 anni (oggi la soglia è di 40 anni). Con la proroga dei Consigli regionali e delle province autonome sono prorogati anche i senatori in carica.

    - CAPO DELLO STATO: Il presidente della Repubblica non è più il rappresentante dell'unità nazionale, ma “rappresenta la Nazione ed è garante della Costituzione e dell'unità federale della Repubblica”. Sarà eletto dall'Assemblea della Repubblica, presieduta dal Presidente della Camera dei deputati e composta da tutti i parlamentari, i governatori e i delegati regionali. Può diventare presidente della Repubblica chi ha compiuto 40 anni (non più 50 come oggi). Il Capo dello Stato è eletto a scrutinio segreto con la maggioranza dei due terzi dei componenti l'Assemblea della Repubblica. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei componenti. Dopo il quinto scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Il Capo dello Stato indice le elezioni della Camera e quelle dei senatori. Nomina i presidenti delle Autorità indipendenti, il presidente del Cnel e il vicepresidente del Csm nell'ambito dei componenti eletti dalle Camere.

    - PREMIERATO: Nella nuova costituzione non c’è più il presidente del Consiglio, ma il Primo ministro. Avrà più poteri: nominerà e revocherà i ministri (adesso spetta al Capo dello Stato, su proposta del premier), determinerà (e non più “dirigerà”) la politica generale del Governo e dirigerà l'attività dei ministri. Il Primo ministro non dovrà più ottenere la fiducia dalla Camera, ma dovrà soltanto illustrare il suo programma sul quale la Camera dei deputati esprimerà un voto. Inoltre, il Primo Ministro potrà porre la questione di fiducia e chiedere che la Camera si esprima “con priorità su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del governo”. In caso di bocciatura il premier deve dimettersi. Il Primo ministro viene eletto mediante collegamento con i candidati ovvero con una o più liste di candidati, norma che consente l'adattamento sia al sistema maggioritario che a quello proporzionale.

    NORMA ANTI-RIBALTONE E SFIDUCIA COSTRUTTIVA: In qualsiasi momento la Camera potrà obbligare il Primo ministro alle dimissioni, con l'approvazione di una mozione di sfiducia firmata almeno da un quinto dei componenti (nella costituzione vigente è un decimo). Nel caso di approvazione, il Primo ministro si dimette e il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera. Il Primo Ministro si dimette anche se la mozione di sfiducia è stata respinta con il voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni. Garante di questa maggioranza sarà il presidente della Repubblica che richiederà le dimissioni del Primo ministro anche nel caso in cui per il voto favorevole ad una questione di fiducia posta dal Primo ministro sia stata determinante una maggioranza diversa da quella uscita dalle urne. Entra in Costituzione anche la mozione di sfiducia costruttiva: i deputati appartenenti alla maggioranza uscita dalle urne, infatti, possono presentare una mozione di sfiducia con la designazione di un nuovo Primo Ministro. In tal caso il premier in carica si dimette e il Capo dello Stato nomina il Primo ministro designato nella mozione.
    - DEVOLUTION: Le Regioni avranno potestà legislativa esclusiva su alcune materie come assistenza e organizzazione sanitaria; organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche; definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione; polizia amministrativa regionale e locale. Tornano, invece, (rispetto alla riforma del Titolo V varata nella scorsa legislatura dal centrosinistra) ad essere di competenza dello Stato la tutela della salute, le grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale, l'ordinamento della comunicazione, l'ordinamento delle professioni intellettuali, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionali dell'energia, l'ordinamento di Roma; la promozione internazionale del made in Italy.

    - INTERESSE NAZIONALE E CLAUSOLA SUPREMAZIA: L'interesse nazionale prevede che il governo, qualora ritenga che una legge regionale pregiudichi l'interesse nazionale della Repubblica, invita la Regione a rimuovere le disposizioni pregiudizievoli. Se entro 15 giorni il Consiglio regionale non rimuove la causa del pregiudizio, il governo entro altri 15 giorni sottopone la questione al parlamento in seduta comune che con maggioranza assoluta può annullare la legge. Il Presidente della Repubblica entro i successivi 10 giorni, emana il decreto di annullamento. La clausola di supremazia, invece, prevede che lo Stato può sostituirsi alle Regioni, alle città metropolitane, alle Province e ai Comuni, nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumita' e la sicurezza pubblica ovvero quando lo richiedano la tutela dell'unita' giuridica o economica o i livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali.

    - ITER LEGISLATIVO: La Camera esamina i disegni di legge riguardanti le materie che il nuovo articolo 117 affida alla legislazione esclusiva dello Stato. Dopo l'approvazione il Senato federale può proporre modifiche entro trenta giorni sulle quali sarà comunque la Camera a decidere in via definitiva. All'Assemblea di Palazzo Madama spetterà l'esame e la parola definitiva, invece, sui provvedimenti riguardanti le materie concorrenti. Le questioni di competenza tra le due Camere sono risolte dai Presidenti delle Camere o da un comitato paritetico, composto da quattro deputati e da quattro senatori, designati dai rispettivi presidenti. La decisione dei Presidenti o del comitato non è sindacabile in alcuna sede. Per alcune materie comunque resta il procedimento bicamerale. In caso di disaccordo tra le due Camere, il testo sarà proposto da una Commissione, composta da trenta deputati e da trenta senatori, convocata dai Presidenti delle Camere, e sottoposto al voto finale delle Assemblee.

    Attualità

    La “devolution” diventa legge. L’opposizione chiede il referendum

    (9colonne) ROMA - La riforma federalista dello Stato ha ricevuto l'ultimo “sì”. Il 16 novembre il Senato, con 170 voti a favore, 132 contrari e 3 astenuti, ha dato il via libera alla legge che dovrebbe cambiare la nostra costituzione. Il condizionale è d'obbligo considerando che i membri dei partiti di opposizione hanno già annunciato che ricorreranno alla raccolta di firme per promuovere il referendum confermativo previsto per le leggi costituzionali. In attesa che si arrivi alla consultazione popolare (che l’opposizione vorrebbe prima delle elezioni politiche, mentre la maggioranza frena “per evitare un ingorgo istituzionale”), intanto, la Lega e Bossi, tornato a Palazzo Madama dopo la lunga convalescenza dovuta alla malattia, si godono quello che prima di tutto è un successo del Carroccio. 

    Non a caso, appena è stato reso noto l'esito del voto, gli occhi di tutti erano rivolti al Senatur che, dalla tribuna del pubblico, dove si era accomodato insieme alla moglie e ai figli, ha alzato il pugno in segno di vittoria. E dalle poltrone di chi invece la votazione l'ha vissuta in prima linea, è arrivata puntuale la risposta del ministro per le Riforme Roberto Calderoli, che del leader della Lega è stato il "braccio armato" in questo lungo iter della nuova legge. Ed in effetti la giornata ha vissuto a lungo sulle emozioni legate al ritorno di Bossi in aula. "Beh, sì, oggi sono emozionato - ha detto il senatur, entrando a Palazzo Madama -. Non temiamo il referendum. Secondo me gli italiani voteranno la legge in tutto il Paese nello stesso modo. Non ci sarà un Paese spaccato in due". 

    "L'opposizione non deve avere nessuna preoccupazione per la devolution perché non è qualcosa di centralista e di pericoloso ma è qualcosa che dà più potere alle periferie, alle istituzioni più vicine ai cittadini e questa è la via se uno parla di Paese democratico - ha spiegato Bossi -. La riforma va comunque migliorata. Le costituzioni non nascono perfette e non è facile farle perfette fin dal primo momento. Mi rendo conto che c'è chi non è d'accordo. Tutto è perfettibile e dovremo lavorare molto nei prossimi anni". Poi l'ingresso in aula per la dichiarazione di voto, contraddistinta dall'opposizione dei Verdi che, vestiti a lutto, hanno osservato un minuto di silenzio.
     


    Bossi in tribuna con moglie e figli. Berlusconi: ''Un altro impegno mantenuto''. Il dissenso di Fisichella: ''Voto contro e lascio An'' - Prodi: ''La Riforma è contro gli interessi del Paese''
    ROMA - Il Senato ha dato il via libera definitivo al disegno di legge di riforma costituzionale in senso federalista. Con 170 voti a favore, 132 contrari e 3 astenuti l'Aula ha approvato definitivamente in quarta lettura il disegno di legge di riforma costituzionale che introduce devolution e premierato. I presenti sono stati 306, i votanti 305, la maggioranza richiesta era di 161. ''E' un altro impegno mantenuto. Avevamo un programma che stiamo rispettando'', è il commento a caldo del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi prima di entrare al gruppo della Lega Nord al Senato per partecipare al brindisi organizzato per festeggiare l'approvazione della riforma della seconda parte della Costituzione ed il ritorno di Umberto Bossi nella Capitale dopo la lunga malattia. Per l'occasione, verrà consegnata al Senatur una copia della nuova Costituzione con la copertina rigorosamente verde. Mentre sul balcone del gruppo della Lega Nord al Senato, in piazza San Luigi dei Francesi, campeggia uno striscione con la scritta 'Grazie Umberto'.
    Il leader della Lega ha seguito le votazioni dalla tribuna degli ospiti, insieme alla moglie Manuela Marone e al più piccolo dei figli, ed ha salutato con il pugno destro alzato in segno di vittoria il sì definitivo dell'assemblea. Sui banchi del governo i ministri del Carroccio Calderoli e Maroni si sono abbracciati, il titolare del Welfare ha sventolato il fazzoletto 'verde padano' mentre Calderoli salutava il 'senatur'. 

    Per entrare in vigore il provvedimento, non essendo stato approvato dalla maggioranza di due terzi, dovrà ora passare al vaglio del referendum confermativo, che potrà essere chiesto entro tre mesi dalla pubblicazione della legge da un quinto dei membri di una Camera o da cinquecentomila elettori o da cinque Consigli regionali. A questo proposito, Umberto Bossi ha dichiarato: ''Non abbiamo paura del Referendum''. ''Per me gli italiani lo voteranno. Il Nord e il Sud voteranno nella stessa maniera. Non c'è paura di spaccare il Paese''. Ottenuta la conferma dell'elettorato, il Senatur ritiene che l'impianto avrà bisogno di ulteriori aggiustamenti. ''Non è facile fare una Costituzione perfetta. Tutto è perfettibile e sono consapevole che andrà perfezionata''. Quanto alle preoccupazioni del centrosinistra, il leader della Lega ha detto che sono infondate: ''La riforma della Costituzione non è qualcosa di pericoloso. Dà più poteri alle periferie, quindi alle istituzioni più vicine ai cittadini. In tutto il mondo ormai ci sono Paesi federalisti''. 
    Bossi fa anche sapere che la Lega voterà la legge elettorale perché ''il sistema proporzionale è più lineare''. 
    Anche per il ministro della Giustizia Roberto Castelli, ''è importante che il popolo si esprima''. E' chiaro, ha aggiunto Castelli, ''che bisognerà far capire bene agli italiani tutto il buono che c'è in questa riforma e battere la propaganda strumentale della sinistra che purtroppo si è abbandonata soltanto a slogan''. 
    Il ministro per le Riforme Roberto Calderoli ha sottolineato come la Cdl esca ''più forte'' dall'approvazione della riforma costituzionale al Senato.
    Laconico, invece, il giudizio del vicepremier Gianfranco Fini. ''Hanno parlato i fatti: i voti dell'aula. Questo è il mio unico commento''. 
    Nella maggioranza si registra la presa di posizione contro la riforma del vicepresidente del Senato Domenico Fisichella. ''Credo di aver fatto qualcosa per la nascita e lo sviluppo di Alleanza nazionale, al cui interno mi sono costantemente impegnato perché fosse evitato l'esito federalista. Oggi siamo all'epilogo. Ne prendo serenamente atto senza malanimo verso nessuno: lascio Alleanza nazionale. Le mie dimissioni decorrono dal momento dell'approvazione di questa riforma costituzionale, cioè tra pochi minuti'', ha detto annunciando in aula a palazzo Madama il suo voto contrario. 
    Per il presidente dei senatori di An, Domenico Nania, invece, ''questa è una riforma fatta su mandato degli italiani, ed è a loro che rivolgiamo il nostro pensiero nel momento in cui votiamo, perché saranno loro a decidere con il referendum per il sì o per il no''. ''Con la nostra riforma - ha spiegato nella sua dichiarazione di voto - torna l'interesse nazionale contro il federalismo secessionista del centrosinistra, i cittadini hanno il potere di decidere chi li governa''.
    L'esponente dell'Udc Marco Follini propone di ''smilitarizzare il referendum''. "Dopo il quarto voto parlamentare sulla riforma costituzionale resta apertissima la questione di come ricucire il tessuto istituzionale, dopo due legislature passate all'insegna della controversia - ha spiegato dopo il voto -. Continuo a credere che una buona idea sia quella di smilitarizzare il prossimo referendum, lasciando agli elettori una piena libertà di coscienza. Vorrei ricordare che nel '46 la Dc di fronte al bivio, ben più drammatico, del referendum fra Repubblica e Monarchia scelse secondo questo stesso principio, contribuendo anche così a tenere il Paese più unito intorno alle sue nuove istituzioni".
    Salvatore Lauro (Cdl) nell'annunciare il si del suo gruppo ha affermato:“Ne cogliamo il tratto radicalmente innovativo  capace di abbattere le mura che ancora resistono al cambiamento”.

    Duro il commento del leader dell'Unione Romano Prodi che esprime una ''profonda amarezza, come cittadino e come uomo politico'', per una riforma che ''cambia radicalmente il volto della nostra Repubblica e della democrazia italiana''. ''E' una riforma incoerente e squilibrata - scrive il Professore sul suo sito www.romanoprodi.it - che svuota il Parlamento senza rafforzare davvero la capacità di governo, che rende il Presidente del consiglio fortissimo con la Camera dei deputati e debolissimo col Senato, che rende interminabile il procedimento legislativo, che sottrae potere al Presidente della Repubblica e umilia tutte le istituzioni di garanzia, che crea un Senato privo di ogni reale rappresentatività delle regioni e delle autonomie locali, mentre si ampliano le competenze regionali fino al punto di mettere a serio rischio, aprendo la via a inaccettabili disparità fra i cittadini, la stessa unità sostanziale della Repubblica''. Per Prodi siamo davanti all'''ultimo atto'' di una ''coalizione che ha governato per cinque anni mettendo sempre e solo al primo posto gli interessi personali e quelli di parte, senza mai preoccuparsi dell'interesse generale degli italiani''.
    Il presidente dei senatori Ds, Gavino Angius, nella sua dichiarazione di voto a palazzo Madama, ha osservato: ''Questa legge reca un danno al Paese in nome di uno scambio politico e di un ricatto della Lega. Si tratta di una vittoria politica di Bossi e di una sconfitta per il nostro Paese, perché questa Italia peserà sempre meno nell'Europa che si sta costruendo''. Secondo il presidente dei senatori della Margherita, Willer Bordon, ''fa bene la Lega a vantarsi di questo che il suo trionfo. Ma non è il trionfo dei suoi alleati, Udc e An in testa. La nostra antica e bella storia ci ricorda che quello che oggi viene celebrata come la vittoria di Bossi, domani sarà ricordata come una vittoria di Pirro''. 
    Devolution: la riforma della Cdl che cambia l'Italia  
    Premier, Parlamento, iter legislativo, Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale, Devolution: le sei mosse della «grande riforma» targata CDL che per la maggioranza di centrodestra cambierà il Paese. In attesa del referendum di giugno. Questi, in pillola, i punti salienti del ddl costituzionale che verrà domani sera approvato in via definitiva dal Senato: 
    PREMIER: diventa premier il candidato della coalizione che vince le elezioni. Per l’insediamento non c’è più bisogno del voto di fiducia. 
    Il Premier «determina» (e non più «dirige») la politica del governo. 
    Nomina e revoca ministri. Ha il poter di sciogliere la Camera. 
    PARLAMENTO: I componenti della Camera scendono a 518, dei quali 18 eletti dagli italiani all’estero. 
    I senatori saranno 252 eletti in ciascuna Regione contestualmente ai rispettivi Consigli. 
    Ai lavori del Senato partecipano, senza poter votare, rappresentanti delle Regioni. 
    ITER DELLE LEGGI: La Camera discute e approva le leggi sulle materie riservate allo Stato , ad esempio politica estera, immigrazione, sicurezza, politica monetaria). 
    Il Senato ha 30 giorni per proporre modifiche, ma è la Camera che decide in via definitiva. Al Senato spetta la competenza primaria sulle materie «concorrenti», cioè riservate sia allo Stato sia alle Regioni. 
    CAPO DELLO STATO: Scioglie la Camera ma solo su richiesta del Premier. Questo potere, di fatto, gli viene quindi tolto. 
    Rappresenta «l’unità federale della Repubblica». L’età per essere eletto scende di 10 anni: da 50 a 40. 
    CORTE COSTITUZIONALE: I giudici restano 15 ma cambiano i soggetti che li nominano. 7 sono eletti dal Parlamento (4 dal Senato federale e 3 dalla Camera). 4 sono scelti dal Presidente della Repubblica. 4 sono eletti dai magistrati. 
    DEVOLUTION: alle Regioni passa la legislazione «esclusiva» su: assistenza e organizzazione sanitaria, organizzazione scolastica; definizione della parte dei programmi scolastici di interesse specifico della Regione; polizia amministrativa regionale e locale. E’ la devolution. Se il governo ritiene che una legge regionale pregiudichi l’interesse nazionale, ne può promuovere l’annullamento.
     

     


    GRTV 

    I voti favorevoli a palazzo Madama sono stati 170, gli astenuti 3 e i contrari 132

    "E' UNA GIORNATA STORICA"

    La soddisfazione della Lega che della Devolution ha fatto il suo cavallo di battaglia

     (GRTV) Si è concluso questa sera con il sì definitivo del Senato, l’iter parlamentare del disegno di legge federalista di modifica della Costituzione, fortemente voluto dalla Casa delle Libertà. Ora sulla strada della devolution rimane solo l'ostacolo del referendum confermativo previsto dalla Costituzione per le riforme alla carta fondamentale. I voti favorevoli a palazzo Madama sono stati 170, gli astenuti 3 e i contrari 132. Tra questi anche quello del vicepresidente del Senato Domenico Fisichella, contrario alla riforma al punto da annunciare l'addio al suo partito, Alleanza nazionale. 

    Anche l'ex segretario dell'Udc, Marco Follini si esprime con toni che stridono con l'esultanza della maggioranza: "Nel referendum lasciamo agli elettori libertà di scelta come fece la Dc nel '46".

    Silvio Berlusconi, invece manifesta la sua piena soddisfazione e dichiara:"Ora sono sicuro di vincere, stiamo davvero cambiando l'Italia" e per i leghisti è una "giornata storica". Roberto Calderoli dice: "E' la riforma di tutta la coalizione e l'avere imposto un metodo di collegialità che ha portato, non solo alla riforma costituzionale, ma a tutte quelle che arriveranno a fine Legislatura". Di poche parole Gianfranco Fini che dopo aver definito "gradita" la presenza di Bossi in Senato afferma: "Hanno parlato i fatti: i voti dell'Aula. Questo è il mio unico commento". Amarezza invece nel centrosinistra. Il capogruppo dei Ds Gavino Angius parla senza mezzi termini di: “pagina nera del Parlamento” scritta da “una maggioranza e un governo che hanno accettato dall'inizio della legislatura il ricatto politico della Lega. O si cambiava la Costituzione come voleva la Lega o non esistevano più nè la maggioranza nè il governo. Tutto nasce da qui, da uno squallido patto di maggioranza. Questa legge danneggia il Paese". Della stessa idea il suo collega della Margherita Willer Bordon che spiega "Per la destra è una vittoria di Pirro. Siamo davanti all'atto più grave dell'intera legislatura. Ma ci sarà il referendum e la netta, clamorosa bocciatura di questo pericoloso insulto costituzionale. Lo sanno Berlusconi, Fini e Casini ma a dettare legge nella Casa delle libertà è stato il ricatto della Lega e della sua fantomatica repubblica padana". 

    GRTV/Silvia Ciufolini