Bruxelles, 14 agosto 2005
La Sicilia ha coltivato nei secoli una "vocazione multietnica",
ma questo
continuo e incontrollato sbarco di extracomunitari ci
preoccupa come da
noi rilevato in un nostro precedente comunicato SICILIA:
TERRA DI
EMIGRANTI E... DI IMMIGRANTI.
Peraltro l'attenzione più volte manifestata dai
nostri governanti verso i
disagi e le difficoltà cui andrebbero incontro
i nuovi arrivati, se appare
accettabile nelle regioni più ricche dell'Europa,
diventa in Sicilia
assolutamente stridente ed in contrasto con il disagio
dell'emarginazione
sociale e della disoccupazione dei Siciliani; disagio
che, invece, non
trova risposta alcuna.
O, meglio, trova come risposta l'invito implicito ad emigrare.
Ma come?
Proprio noi, che siamo il risultato di una mescolanza
di popoli che si
perde nella notte dei tempi, dobbiamo andarcene?
E' paradossale questa disparità che finisce per
privilegiare l'ultimo
arrivato rispetto a chi è qui da almeno tremila
anni. Non si vuole mancare
di umanità o negare la prima accoglienza a nessuno,
ma - se proprio
abbiamo bisogno di braccia - è ai Siciliani della
diaspora che dobbiamo
prima rivolgerci.
Quante volte ci sentiamo ripetere che la nostra gente
è povera perché è
inetta, incapace, non ha nessuna voglia di lavorare,
non sa conquistarsi
una posizione, ma soprattutto perché non vuole
lasciare la sua terra, i
suoi affetti più cari, i suoi sapori e odori mentre
al contrario quando un
extracomunitario è povero, tutte le colpe ricadono
sulla società che ha
abusato di lui, ed è quindi doveroso sopportarne
il costo a spese della
comunità, quello stesso costo che, usato diversamente,
potrebbe far vivere
un po' più decentemente la nostra gente, che nel
frattempo urla di rabbia
soffre e muore.
Ma questo "Eldorado siciliano" o "Terra Promessa" è
favorito dalla stessa
gente senza scrupoli alla quale la nostra classe politicante
ha dato e
continua a dare ospitalità.
Ed a quegli utili idioti che cercano di paragonare la
nostra emigrazione
coll'attuale invasione che ha fatto della "Sicilia, il
capolinea dei
sogni" vorremmo ricordare che la nostra gente ha contribuito
allo sviluppo
economico del paese in cui si è installata al
contrario dei nuovi
arrivanti che, molto spesso, prendono senza aver ancora
dato nulla al
paese che li ospita, anzi fanno di tutto per imporre
i loro usi e costumi.
Vorremmo ricordare anche che partendo per l'esilio forzato
imposto loro
dopo l'unità d'Italia (briganti o emigranti),
i nostri esiliati non
portavano nei paesi, con i quali i nostri dirigenti li
scambiavano con
delle merci da importare, né armi, né droga
e non invadevano interi
quartieri di prostitute, spacciatori, accattoni, etc.
Anzi i nostri
esiliati sostenevano regolari visite mediche per poter
ottenere il visto e
se non erano ritenuti idonei venivano rimpatriati con
lo stesso mezzo con
il quale erano arrivati.
Oggi, con l'invasione clandestina, oltre alle nuove epidemie,
malattie
credute da tempo scomparse, come ad esempio la tubercolosi,
sono riapparse
in tutta l'Europa mietendo vittime e sofferenze.
Spesse volte sulla stampa leggiamo che nelle scuole siciliane
si insegnerà
l'arabo considerando questa l'ultima frontiera dell'informazione.
E' vero, bisogna dare ai Siciliani strumenti, anche linguistici,
per
spezzare l'isolamento culturale in cui sono tenuti dall'Unità
d'Italia e,
in taluni settori, anche la lingua araba può servire
allo scopo, per
mettere la Sicilia al centro del Mediterraneo. Ma la
priorità dev'essere
quella della Lingua Siciliana! Senza identità
propria, da coltivare e da
offrire a chi viene da fuori, non c'è futuro per
noi, non saranno mai gli
altri ad integrarsi a noi ma noi a loro!
Del resto, come affermare il contrario?
In una classe di 30 allievi, il piccolo arabo, cingalese,
senegalese,
esquimese… che si trova in mezzo a tanti bambini siciliani,
col tempo si
integra, diventando uno di loro; mentre quando su 30
allievi 25 sono figli
di immigrati di decine di nazionalità differenti,
alla fine saranno i
nostri figli ad assimilare la cultura degli altri.
Questo è quello che sta succedendo in tante città italiane.
Se negli anni '50 l'integrazione poteva essere un modo
come un altro per
uscire dalla situazione di cittadino di serie B, poteva
essere aiutata in
ogni modo non esistendo quei mezzi di comunicazione che
oggi, alle soglie
del terzo millennio, la tecnologia ci offre.
Come si può parlare oggi d'integrare comunità
differenti da noi per
cultura, lingua e civilizzazione quando le facciate dei
nostri edifici si
ornano di antenne paraboliche che consentono un'informazione
planetaria?
Vi siete mai chiesti il perché del risveglio identitario
delle nostre
comunità?
Certamente non è dovuto ai miliardi inutilmente
investiti per la
diffusione e la cultura italiana o ai miliardi letteralmente
buttati dalla
finestra per organizzare corsi di formazione che sono
solo serviti a
finanziare le clientele dei partiti al potere, ma è
dovuto principalmente
e soltanto ai mezzi di comunicazione esistenti: ieri
la televisione oggi e
domani Internet.
Nell' Eldorado siciliano, vera Terra Promessa, leggevo
tempo fa che era
stata recentemente sottoscritta un'intesa tra imprenditori
e sindacati per
permettere ai lavoratori islamici di osservare il riposo
del venerdi' e
l'orario flessibile in occasione del mese sacro di Ramadam.
Se i nostri "esiliati" avessero chiesto alle autorità
che li ospitavano
simili vantaggi, vi lascio immaginare quale sarebbe stata
la loro
reazione: licenziamento immediato, e per i nostri esiliati:
rimpatrio
immediato senza alcun foglio di via come fanno oggi le
nostre autorità che
poi aiutano gli espulsi a ritornare nel circuito clandestino.
In ogni caso si chieda prima ai governi dello Yemen e
dell'Arabia Saudita
di fare altrettanto nei loro paesi, quella stessa Arabia
Saudita che ha
investito miliardi per costruire una moschea gigantesca
nel cuore della
cristianità; chiediamo agli amici turchi che si
sentono tanto europei di
abolire le restrizioni per legge alla propaganda religiosa
e alla
personalità giuridica delle organizzazioni confessionali
che, sotto una
patina di laicità, si traducono in uno strangolamento
della più antica
comunità cristiano-ortodossa del mondo ovvero
nell'indicazione,
illiberale, della religione professata sul documento
d'identità;
altrimenti la nostra civilissima tolleranza si trasformerà
in semplice
acquiescenza ad un nemmeno tanto larvato progetto di
islamizzazione del
Continente Europeo.
Ma questi signori che danno lezioni di morale e di democrazia
agli altri
si sono almeno chiesti perché tanti extracomunitari
di religione musulmana
chiedano sempre di venire a casa nostra anziché
migrare verso altri paesi
islamici?
…E NOI STIAMO A GUARDARE…..
Francesco Paolo Catania
Presidente
L'ALTRA SICILIA - ANTUDO
Il Partito dei Siciliani "al diqua e al di là
del Faro"