Messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano
Palazzo del Quirinale, 31 dicembre 2006
A voi che mi ascoltate, e a tutti gli italiani, in patria e all'estero,
il più cordiale augurio di Buon Anno.
E' un augurio che vi rivolgo per la prima volta da Presidente della
Repubblica. Rivivo la lontana emozione del mio incontro con la politica
nell'Italia appena rinata alla democrazia. E colgo l'occasione per dirvi
dunque brevemente dell'esperienza che sto compiendo da alcuni mesi e dei
problemi con cui mi sono misurato.
Mi sono stati già affidati nel passato delicati incarichi nelle
istituzioni italiane ed europee. Ma sto ora verificando quanto sia più
complessa e impegnativa la responsabilità che la nostra Costituzione
attribuisce al Capo dello Stato. Interpretare ed esprimere, con passione
civile e con assoluta imparzialità, sentimenti e valori condivisi,
esigenze e bisogni che riflettono l'interesse generale del paese. E guardare
sempre all'unità nazionale come bene primario da tutelare e consolidare.
A questo più alto incarico sono stato chiamato all'indomani di
un voto che ha visto gli elettori dividersi in due parti quasi uguali,
tra loro nettamente contrapposte. Le diversità, anche radicali,
degli orientamenti e dei programmi, e quindi l'asprezza dei contrasti,
non possono preoccupare perché fanno naturalmente parte della competizione
democratica. E non cancellano tutto quel che ci unisce come italiani. Ma
forte è il bisogno di un clima più sereno e costruttivo.
Ho creduto e credo di doverlo dire.
Se la politica diventa un continuo gridare, un gareggiare a chi alza
di più i toni, uno scontrarsi su tutto, su ogni questione, in ogni
momento, ne soffrono le istituzioni, a cominciare dal Parlamento, e ne
soffre il rapporto con i cittadini. Quando nel frastuono generale non si
possono nemmeno più cogliere bene le diverse posizioni e proposte,
allora molti finiscono per allontanarsi non da questo o quel partito, ma
dalla politica.
E invece, attenzione. A chi mi ascolta, e a tutti gli italiani, vorrei
dire : non allontanatevi dalla politica. Partecipatevi in tutti i modi
possibili, portatevi forze e idee più giovani. Contribuite a rinnovarla,
a migliorarla culturalmente e moralmente. Lessi molti anni fa e non ho
mai dimenticato le parole della lettera che un condannato a morte della
Resistenza, un giovane di 19 anni, scrisse alla madre : ci hanno fatto
credere che "la politica è sporcizia" o è "lavoro di specialisti",
e invece "la cosa pubblica siamo noi stessi". Quelle parole sono ancora
attuali : non ci si può rinchiudere nel proprio orizzonte personale
e privato, solo dalla politica possono venire le scelte generali di cui
ha bisogno la collettività, e la partecipazione dei cittadini è
indispensabile affinché quelle scelte corrispondano al bene comune.
Ma a questo fine è importante che vi sia più dialogo,
più ascolto reciproco, tra gli opposti schieramenti. Non abbracci
confusi, ma nemmeno guerre come tra nemici piuttosto che polemiche tra
avversari. E' questo l'appello che ho rivolto e che continuo testardamente
a rivolgere ai protagonisti della vita politica, interpretando, credo,
il comune sentire dei cittadini. Quel che auspico è lo stesso clima
consolidatosi, nella politica e nelle istituzioni, in grandi paesi democratici.
E' possibile che ci sia anche da noi, confido che ci si arriverà.
Attraverso un confronto costruttivo si potranno ricercare - e questo,
in sostanza, è ciò che preme a tutti noi - le soluzioni migliori
ai problemi più gravi del paese. Ne citerò qualcuno che sento
di più. Innanzitutto quello di far crescere e progredire l'Italia
nel suo insieme. Le difficoltà non sono poche, lo sappiamo : dobbiamo
alleggerirci del pesante debito pubblico accumulato nei decenni scorsi,
e ciò richiede seri sforzi per dare priorità all'interesse
generale. Dobbiamo riuscirci non solo per rispettare i nostri impegni con
l'Europa, ma per porre su fondamenta più solide e sane lo sviluppo
del nostro paese.
Lo sviluppo, ripeto, dell'insieme del paese. La sua parte più
dinamica e competitiva merita la massima attenzione per il ruolo trainante
che svolge, ma neppur essa può crescere per proprio conto, con le
sue sole forze. E' indispensabile una visione unitaria e solidale : non
si può fare a meno del grande potenziale rappresentato dal Mezzogiorno,
occorre metterlo a frutto con politiche incisive e coraggiose.
E per fortuna, l'Italia non è ferma. Ha già ripreso a
crescere, col contributo determinante di imprenditori che hanno imboccato
la strada dell'innovazione e del rischio nel mercato globale ; e insieme
di tecnici e lavoratori qualificati e aperti al cambiamento, consapevoli
che è il momento di premiare il merito. Bisogna incoraggiare gli
uni e gli altri : guardando con particolare sensibilità a chi lavora
in condizioni pesanti e per salari inadeguati, a cominciare dagli operai
dell'industria. E non si può tollerare la minaccia e la frequenza
degli infortuni cui è esposta la sicurezza, e addirittura la vita,
di troppi occupati, specie di chi, italiano o immigrato, lavora in nero.
L'occupazione è in aumento. Ma c'è da creare ancora lavoro
per molti giovani e donne, specialmente nel Sud : lavoro alla luce del
sole e pienamente riconosciuto nei suoi diritti. E' questa una delle condizioni
principali per realizzare una maggiore coesione sociale e civile, e in
particolare per combattere fenomeni di disgregazione e criminalità
nelle regioni più difficili.
Più coesione significa anche più equità, meno disparità
nei redditi e nelle condizioni di vita, più vicinanza e sostegno
per le persone e le famiglie che versano - e sono tante - in penose ristrettezze,
e per quelle che sono provate da sofferenze di ogni natura. Più
coesione significa inoltre uno sforzo maggiore per integrare nel sistema
dei nostri principi e precetti costituzionali, senza discriminarli o tenerli
ai margini, gli stranieri di cui l'Italia oggi ha certamente bisogno, e
di cui è stato ed giusto regolare l'ingresso legale nel nostro paese.
Una società più giusta, libera e aperta può anche
essere più sicura, attraverso il richiamo severo, che non deve mancare,
al rispetto delle leggi, delle regole, dei doveri. E' a questo impegno
che presiedono con grande dedizione, negli ambiti di rispettiva competenza,
le forze dell'ordine, e la magistratura, alla quale spetta anche contribuire
a un più lineare e rapido corso della giustizia.
Sono queste le basi da rafforzare per un nuovo sviluppo del nostro paese,
che è possibile e non dipende solo da chi ha responsabilità
di governo ma dall'iniziativa e dal contributo di molti. E ci dà
fiducia la ricchezza delle risorse umane di cui disponiamo : risorse come
quelle della scuola e della ricerca, ingegno creativo e produttivo, e insieme
sensibilità e solidarietà diffuse, che si esprimono con forza
crescente in tante forme, a cominciare dal volontariato, quello delle ragazze
e dei ragazzi del Servizio civile che ho da poco incontrato, e quello dell'associazionismo
laico e religioso.
E alla vigilia dell'Anno europeo delle pari opportunità voglio
sottolineare come in Italia tra le riserve preziose su cui contare ci sia
quella, ancora così poco valorizzata, dei talenti e delle energie
femminili.
Vedete, ho conosciuto e ascoltato un mese fa a Napoli due donne. La
prima, madre di un ragazzo che si stava perdendo nelle trappole della malavita,
ci ha raccontato come abbia combattuto per salvarlo, per recuperarlo alla
scuola e come ci sia riuscita con l'aiuto della scuola. La seconda, una
giovane che ha studiato con successo giungendo alla laurea e al dottorato,
lavora ora a un progetto avanzato di ricerca genetica, per mille euro al
mese - e si considera fortunata -, con un contratto che scade nel maggio
prossimo, ma "non ci penso - ha detto - perché ho un lavoro bellissimo".
Ecco, due casi così diversi : ma che ci dicono entrambi quale
forza morale anima tante donne e può diventare fattore essenziale
di progresso civile e di crescita dell'economia e della società.
In particolare, gli incontri che ho ricordato mi hanno dato ancor più
fiducia nell'avvenire di Napoli : è, come sapete, la mia città,
ma penso sia cara a tutti gli italiani.
Per raccogliere le energie di cui è ricca la società italiana,
indirizzarne e soddisfarne responsabilmente le domande, contrastando particolarismi
e chiusure egoistiche, la politica ha bisogno di istituzioni più
riconosciute e più forti. Si trovi dunque l'intesa per riformarle,
senza toccare il patrimonio dei grandi valori e indirizzi costituzionali.
Si concordino con realismo e misura quelle riforme che possono rendere
più chiaro e coerente il ruolo delle autonomie regionali e locali,
più efficace nelle sue decisioni il Parlamento nazionale - supremo
fondamento della democrazia repubblicana. E si ricerchi pazientemente l'accordo
su meccanismi elettorali che rendano più lineare e sicura la formazione
delle maggioranze chiamate a governare il paese.
Infine, la politica deve guardare non solo all'Italia d'oggi, ma al
mondo e al suo futuro.
Abbiamo costruito e consolidato la pace nel cuore dell'Europa, ma non
c'è ancora pace oltre i suoi confini. In questo momento tragici
bagliori ci giungono ancora dall'Iraq. Sentiamo come minaccia comune le
guerre che sconvolgono il Medio Oriente, che insieme con la fame e le malattie
attraversano e flagellano l'Africa, da ultimo ancora una volta in Somalia,
e che toccano ancora altre regioni.
La comunità internazionale, e in particolare l'Europa e l'Italia,
non possono assistere inerti a questi conflitti, o al rischio della proliferazione
nucleare ; sono tenute a fare la loro parte per promuovere pace, stabilità,
disarmo, sviluppo, per sostenere ovunque la causa dei diritti umani. Perciò
è giusto intensificare le iniziative di cooperazione internazionale
e partecipare alle missioni delle Nazioni Unite e dell'Unione europea in
aree di crisi, come quella da poco iniziata in Libano. Ed è importante
farlo con la carica di professionalità e umanità che contraddistingue
le nostre Forze Armate, alle quali anche questa sera esprimo la nostra
riconoscenza.
Ci sono state decisioni, come quella sull'ultima missione, prese in
Parlamento a larghissima maggioranza : ecco un esempio positivo di intesa
tra opposte parti politiche.
Il fenomeno delle crisi più gravi e delle guerre in diverse parti
del mondo si intreccia col fenomeno del terrorismo internazionale, portando
in sé il pericolo dei fanatismi, delle contrapposizioni radicali,
degli scontri di civiltà. Non possiamo dimenticare quel che l'Italia
ha pagato per il terrorismo di casa nostra, per quel delirio di violenza
e per quelle vite stroncate, alla cui memoria dobbiamo ancora rendere omaggio.
Ebbene, ci opponiamo con eguale fermezza al terrorismo di matrice fondamentalista
che non conosce frontiere. Esso non rappresenta ma divide e minaccia innanzitutto
lo stesso Islam. In quanto a noi, perseguiamo non lo scontro ma il dialogo
tra le culture e tra le religioni.
Nell'attuale, contraddittorio quadro mondiale un grande contributo positivo
può venire dall'Europa. E' una convinzione, ed è un'aspettativa,
che ho sentito esprimere dai Capi di Stato e dalle personalità rappresentative
di numerosi paesi, di diversi continenti che ho incontrato in questi mesi.
Occorre perciò superare resistenze e difficoltà che impediscono
una più forte unità e azione europea. Lo diciamo sapendo
che anche l'Italia conterà nel mondo che si trasforma sotto i nostri
occhi solo se conterà di più l'Europa.
Su questi grandi temi - la pace, in Terra Santa innanzitutto, tra israeliani
e palestinesi ; il dialogo con altre civiltà e altre fedi, nella
distinzione e nel reciproco rispetto ; il ruolo dell'Europa - colgo una
profonda sintonia con la Chiesa cattolica, con le sue espressioni di base,
con le sue voci più alte. Ne ho tratto conferma dall'aperto e cordiale
incontro del 20 novembre con Papa Benedetto XVI, al quale invio di qui
il mio saluto beneaugurante. C'è sintonia nel sollecitare un più
giusto ordine mondiale, un modello di sviluppo globale diverso e più
sobrio, di fronte a un ormai inquietante degrado dell'ambiente, che minaccia
la stessa sopravvivenza umana.
Nel discorso indirizzatomi in occasione di quell'incontro, il Pontefice
ha voluto richiamare ripetutamente i principi e i valori affermati nella
Costituzione italiana. E' mia convinzione che sia in effetti questo il
riferimento essenziale per affrontare nel modo migliore anche i temi più
delicati che oggi ci vengono proposti dagli sviluppi della scienza e dall'etica,
da complesse situazioni sociali e da dolorosi casi umani come quelli che
ci hanno di recente turbato e coinvolto. Alle scelte di cui si riconosca
la necessità, il Parlamento può giungere nella sua autonomia
attraverso un dialogo sulla vita e un confronto sulla realtà della
famiglia che portino chiarezza ed evitino fratture.
In conclusione, le questioni che si profilano in ogni campo all'inizio
del nuovo anno richiedono un impegno di più pacata e costruttiva
riflessione, un maggior senso del limite e della responsabilità.
E' così che potranno essere superate molte difficoltà, rispetto
alle quali un paese come il nostro deve e può avere fiducia in sé
stesso. E' un paese nel quale antiche e profonde sono le radici della civiltà
dell'Europa e dell'Occidente. E' un paese che può far leva tanto
sulla sua storia quanto sul suo dinamismo, sulla sua capacità di
rinnovarsi e migliorarsi.
E' questo il saluto di Buon Anno che rivolgo dunque a voi tutti, alle
vostre famiglie, e in modo particolarmente affettuoso - anche da nonno,
se mi permettete - ai bambini che vi circondano. Ne incontro molti, al
Quirinale e nelle città : e sono sempre una fonte fresca di gioia
e di speranza. E' pensando a loro che dobbiamo saper guardare lontano,
saper guardare consapevolmente al futuro.
Grazie, e ancora auguri!
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