Fri 10/27/2006 2:46 AM
La Sicilia è diventata
meno italiana?
Ma quando lo è stata
veramente?
(www.regionesiciliana.tk)
- L’Altra Sicilia – Antudo ha ricevuto l’interessante segnalazione di un
fondo di Salvatore Butera, valente intellettuale siciliano, pubblicato
domenica 22 ottobre, su La Repubblica, edizione di Palermo dal titolo “La
Sicilia è diventata meno italiana”.
Abbiamo letto l’articolo, lo riprodurremo di seguito con i nostri commenti
quasi per intero, lo abbiamo trovato interessante, sia per la tribuna che
lo ha ospitato, tradizionalmente ostile a qualunque forma di rivendicazione
d’identità siciliana, sia soprattutto per quello che non dice, che
non può dire, ma che è il necessario corollario di quelle
idee.
Ci ricorda la storiografia ufficiale sulla Sicilia di qualche decennio
fa: di fatto una storia nazionale ma non si poteva dire apertamente, non
si poteva parlare male di Garibaldi ma lo si poteva dell’Unità d’Italia
(per come “era stata fatta”), quanto poi all’Autonomia avrebbe segnato
la sconfitta della mafia, del Separatismo, dei complotti americani per
togliere l’isola all’Italia, nel segno di una collaborazione
catto-comunista che avrebbe consegnato l’isola a sicuro progresso.
Era manichea questa attribuzione di tutto il male ai poveri separatisti
e di tutto il bene agli altri, persino la conquista dell’Autonomia Speciale;
era assurdo non cogliere il legame tra la classe politica che vinse quello
scontro e la mafia ma tant’era… Era una storiografia che mirava a confondere
i semplici ed a lanciare dubbi in chi semplice non era…
Anche Butera dice e non dice. Il suo articolo può essere letto,
per i sempliciotti, come la necessità di farla finita con questa
ingombrante identità siciliana, ma – ad una lettura meno “sempliciotta”
– può leggersi come l’ineluttabilità di questa identità.
Lasciamo a lui la parola con qualche omissione non essenziale e qualche
nostro commento tra parentesi quadra.
«La domanda è questa: ma la Sicilia è in Italia?
La più grande regione del paese per estensione ne fa ancora parte
o non sta diventando piuttosto un’isola del Mediterraneo alla ricerca di
una nuova identità [nazionale] in un mondo percorso dalla globalizzazione?
E dire che l’Isola diede un contributo decisivo all’Unità italiana
dapprima con i moti del ’20 e del ’48, allorquando il 12 gennaio … in quell’anno
circa di governo provvisorio si trovò una classe dirigente che contribuì
poi col fuoriscitismo alla saldatura del processo risorgimentale… [E qui
il fine Butera paga il suo tributo alla storiografia ufficiale. Non può
non sapere che i moti del ’20 erano solo per l’indipendenza e così
pure quelli del ’48, sia pure legati alla causa italiana dall’obiettivo
confederale. La costituzione di Ruggero Settimo, poi citato nella parte
da
noi omessa, recitava “La Sicilia sarà sempre stato indipendente”.
Le idee di Francesco Ferrara, pure citato nella parte da noi omessa, furono
apertamente confederaliste fin oltre il 1860. Però c’è del
vero in quelle sue parole: la classe dirigente aprí le porte ai
Savoia sperando che questi avrebbero dato spazio alle idee di sovranità
siciliana, magari sotto protezione italiana, e in questo furono traditi
e delusi subito dopo lo sbarco di Garibaldi. Non ebbero la forza di organizzare
una vera resistenza, si limitarono ad un “mugugno” che fu definito, quasi
spregiativamente, “regionista”. È vero che “saldarono” il processo
risorgimentale, ma come tutte le saldature, attaccarono malamente con un
po’ di stagno fuso due storie diverse, quella siciliana fino al 1860 e
quella italiana poi. In ogni caso il “contributo all’Unità d’Italia”
della Sicilia non fu totalitario e fu tutto limitato al 1860, il più
grande equivoco tragico della nostra storia, equivoco definitivamente seppellito
sotto i fucili italiani del 1866 nella rivolta del “Sette e Mezzo”.] …L’impresa
di Garibaldi non solo unì la grande Sicilia al resto del Paese ma
in qualche misura suggellò il grande moto risorgimentale svoltosi
tuttavia in tempi tanto brevi quanto lunghe le erano state l’utopia e la
preparazione e l’utopia. Non era per forza detto che la Sicilia si unisse
all’Italia… Ma è dopo l’unità che cominciano i guai; fin
dall’inizio il Paese non sa che fare dell’intero
Mezzogiorno e a maggior ragione della grande isola che ne chiudeva
il perimetro verso Sud… In Sicilia convivono confusi e sovrapposti movimenti
di segno opposto che possiamo per comodità definire di destra e
di sinistra… [in breve un movimentismo anti-italiano ora neo-borbonico
ora post-garibaldino, etc.] Lo Stato dal canto suo non trova di meglio
che adottare la politica dei poteri straordinari: prodittatori, prefetti,
generali, una logica della specialità e dell’“a parte” che è
proseguita fino ai giorni nostri [il semplice pensa a questo punto: ma
perché questo diavolo di specialità? il furbo o il colto
ne coglie l’ineluttabilità se essa parte niente meno che dallo stesso
Stato italiano] Basti pensare al
generale Dalla Chiesa. Nel frattempo non mancano gli episodi inquietanti
a cominciare dai “pugnalatori” di Palermo del 1862… [insomma, in breve,
in pochi anni la Sicilia italiana diventa quello che non era mai stata,
la terra della mafia, e si logora per sempre il rapporto con l’Italia]
e nel ’94 scoppia puntuale la rivolta dei Fasci Siciliani duramente repressa
dallo stesso Crispi. Troppo grande e troppo lontana la Sicilia, con troppa
identità, troppa storia, troppo paesaggio [a parte il paesaggio,
sembra un
riassunto efficacissimo dell’Introduzione della Carta de L’Altra Sicilia].
Da qui nascerà la battaglia del secondo ‘900, dopo la parentesi
del fascismo e della guerra . Nella lotta tra separatismo e autonomia vince
come è noto l’utopia sturziana che non riesce a fare a meno di ammalarsi
di sicilianismo facendo dello Statuto un’arma spuntata che nel tempo …
[passaggio contraddittorio: l’identità genera l’autonomia, ma questa
non dovrebbe essere “sicilianista”, perché il sicilianismo sarebbe
niente di
meno che la causa del fallimento dell’Autonomia, e non come è
ovvio il fatto che l’Autonomia sia stata consegnata agli “italianisti”
che ne hanno fatto scempio; poi il separatismo viene contrapposto all’autonomismo,
come se l’Italia avesse voluto concedere l’Autonomia alla Sicilia se non
ci fossero stati i separatisti. Qui l’Autore omaggia di nuovo lo storiografia
di regime di cui dicevamo in apertura, ma – per chi vuole capire – ci dice
che dall’Autonomia in poi l’alternativa Sicilia autonoma vincente –
Sicilia omologata perdente, è sempre più evidente] ..lo
stesso concetto di autonomia. Più quest’ultima si accentua e più
si colgono le differenze dal resto del Paese; più si sottolinea
la diversità e più la Sicilia si
allontana dall’Italia fino alla crisi odierna… La crisi siciliana non
era mai probabilmente arrivata a tanto…Il Paese è sostanzialmente
percorribile fino a Napoli, fino a Bari e perfino la stessa Calabria appare
in qualche misura più unita. Quei tre chilometri dello Stretto
di Messina sembrano divenuti un valico insuperabile, quasi un muro tra
il Paese e la Sicilia. Quest’ultima annovera ormai nella propria storia
personaggi, leggi, istituzioni diverse che finiscono per farla rinchiudere
sempre più in sé stessa. [E qui dà contro la specialità
che isolerebbe… no comment!] L’Isola dunque è più isola che
mai e sembra
non volersi integrare col resto di Italia il quale da canto suo la
conosce solo per qualche puntata del Commissario Montalbano, qualche etichetta
di vino e qualche breve viaggio…[controcanto alla precedente affermazione:
se siamo estranei, e percepiti come tali, se ci viene riservato sempre
il
ruolo di “addetti alle pulizie”, se nessuno rispetta la nostra identità,
perché dovremmo avere tutta questa smania di integrarci? Perché
legarci ad un paese che non vuole che interagiamo direttamente con l’esterno
ma solo con esso, come un geloso Barbablù che ci ha sequestrato
al mondo? Altro che isolamento!]».
Fin qui il Butera. Che dire?
Se dal 1860 siamo sempre piú alieni all’Italia perché
farne un dramma? Non può essere che è questo il nostro destino
naturale e che tutte le nostre sventure nascono dal non averlo capito?
Se vogliamo proprio salvare qualcosa di quel 1860, come pensiamo a lui
e ad altri intellettuali stia a cuore, non sarebbe giusto riconoscere che
la Storia di Sicilia è la storia di un Popolo, di una Nazione, profondamente
legato alla vicina Italia, ma con una storia a sé? Che anche prima
del 1860 italiani non eravamo se non per lingua ufficiale?
Ufficio stampa
L’ALTRA SICILIA - ANTUDO
Movimento politico dei Siciliani “al di qua e al di là del Faro”
(www.laltrasicilia.org)
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